La Nuova Sardegna

L’ex cubista di Florinas si ribella, pubblica gli insulti dei leoni da tastiera e li denuncia

di Luigi Soriga
L’ex cubista di Florinas si ribella, pubblica gli insulti dei leoni da tastiera e li denuncia

Lucia Merella si esibiva nei locali e ora ha 50mila follower. Presa di mira sui social mostra nomi e messaggi: «Così capite cosa si prova»

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SASSARI. Quell’articolo continua a pedinarla, a bussare fastidioso sulla sua tranquillità. Titolo: «Lucia Merella, la cubista di Florinas che sogna di entrare nell'Arma». Gli ingredienti per far discutere c’erano tutti. Lei, ventenne di un paesino, figlia del comandante dei vigili, nata con il tacco 12, innamorata dei soldi, decide di guadagnarsi il pane strusciandosi mezza nuda su un palo. E nel frattempo coltiva il sogno della divisa. Lo racconta con ironia e sfacciataggine, un po’ per gioco e per voglia di stupire. Il suo lavoro si nutre di popolarità, e la popolarità si oblitera con i like. Nel 2016 aveva 20mila followers, un tesoretto da spendere al momento di pattuire il cachet per una serata. Quando la Nuova Sardegna la contattò per un’intervista, lei accettò di farsi avvolgere dalla luce di questi nuovi riflettori. Ciò che non immaginava era, dopo il bagliore iniziale, il cono d’ombra successivo.

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«Dopo cinque minuti dalla pubblicazione del pezzo gli insulti sui social si persero a vista d’occhio. Tanto che il mio telefonino sembrava impazzito e ho dovuto disattivare le notifiche sul post. All’inizio ero divertita e quasi compiaciuta di aver sollevato tutto questo polverone, anche se il numero di haters era già impressionante. Mi dicevano qualunque cosa, e in modo del tutto gratuita. Sono stata ricoperta di volgarità da perfetti sconosciuti, donne, uomini, ragazzine, madri. L’offesa è una pratica molto trasversale e democratica. E io non gli ho dato peso. Contavo molto sulla mia scorza, e anche se c’è l’effetto goccia cinese, se gli haters ti martellano ogni giorno, prima di scalfire me finisce il mare».

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«Poi però un giorno ero più insonne e annoiata del solito. È accaduto qualche settimana fa. Alcuni amici mi hanno inviato degli screenshot: a distanza di due anni degli esserini in cerca di like hanno condiviso e commentato il famoso articolo, coprendomi ancora una volta di insulti. E oltre a darti della zoccola, ti dicono anche che te la sei cercata, o che devi essere felice di quest’odio perché in fondo ti stanno regalando popolarità. Insomma: ti fanno un favore e devi ringraziarli».

«Allora ho deciso di prendere uno per uno quegli screen shot e di pubblicarli nel mio diario con nome e cognome, e volto. E di darli in pasto ai miei 50mila follower. Vi piace la sensazione? È come stare in mutande davanti a una folla che ti giudica. Non male il senso di frustrazione, inferiorità e impotenza, vero? Ora capite ciò che si prova, ora potete guardarvi in faccia e farvi anche un po’ schifo».

«Forse dovremmo iniziare di nuovo a parlare delle differenze tra scherzo e offesa, come alle le elementari. Nello scherzo ci si diverte tutti e due, ma se anche solo una persona vive quelle parole come un offesa, quello non è più uno scherzo».

«E a proposito di scherzi, i miei followers hanno invaso anche le loro bacheche: solo così si capisce quanto è vulnerabile la nostra intimità e quanto facilmente Facebook ci si possa insinuare».

«Questi screen rivolti a me, che per fortuna ho una bella corazza, domani potrebbero essere rivolti ai figli di questa gente, magari a una ragazzina fragile di 15 anni che poi potrebbe rifugiarsi in un gesto estremo. È un gioco molto pericoloso che va fermato».

«Ho capito che la gente va punita, per migliorare il posto in cui viviamo. Per fortuna la legge sull’argomento si è aggiornata. I social non sono una zona franca. La libertà di pensiero, parola ed espressione non ci esime dal dover aver rispetto delle persone. Non è priva di conseguenze, comporta il fatto di essere responsabili di ciò che si dice».

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«Dopo aver pubblicato gli screen shot ho ricevuto molte scuse. Le persone fanno retromarce incredibili. E ti rendi conto dell’assoluta bipolarità di chi usa i social network: donne con lo slogan nel profilo “No alla violenza sulle donne” che scrivono troia a chiunque. Uomini con le frasi del vangelo in copertina che augurano “muori merda” come se nulla fosse».

«Io nel frattempo ho cambiato un po’ vita. Non faccio più la cubista e la sexy animatrice. Non avevo più pazienza con le persone, che non si accontentano di guardarti le tette ma ti prendono per una psicologa e ti parlano dei prezzi del latte, e delle loro separazioni. Ora mi limito a presentare eventi e serate, faccio ospitate, ogni tanto ballo, ma ben vestita. Ho fatto anche la cameriera in pizzeria e tra poco verrò assunta come segretaria in una ditta. I miei followers sono diventati 50mila, sono anche internazionale e vado molto tra gli arabi che mi dedicano poesie. Per quanto riguarda i sogni, c’è sempre la divisa: ma non più da maresciallo dei carabinieri, ma da vigile urbano».

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