Baunei, recinzioni a Golgo sul tavolo della Regione
Il Partito dei sardi mette sotto accusa una autorizzazione rilasciata da Argea «Si tratta di un sito preistorico di grande rilevanza legato al culto dell’acqua»
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BAUNEI. Scoppia il caso politico e l’altipiano di Golgo finisce sui tavoli della Regione. Mentre a Su Sterru e As Piscinas compaiono non soltanto le recinzioni ma anche i cancelli, il Partito dei sardi punta i piedi presentando una interpellanza sulla «illegittima autorizzazione al mutamento di destinazione d’uso con correlativa sospensione dell’esercizio dell’uso civico relativamente all’area sita nell’altipiano di Golgo e comprendente al suo interno Su Sterru e As Piscinas». Primo firmatario Gianfranco Congiu, l’interpellanza in consiglio regionale parte dal fatto che «l’amministrazione comunale di Baunei ha assegnato in concessione a un privato, per la durata di quindici anni, con l’autorizzazione a recintarla con rete metallica, l’area nell’altipiano di Golgo». «Si tratta di un sito archeologico di grande rilevanza legato al culto dell’acqua, come dimostra la presenza di allineamenti di menhir e cromlech distribuiti in tutta l’area» sottolinea il documento del PdS.
«Trattandosi di terre collettive, la concessione – spiega Congiu – è stata preceduta dall’autorizzazione al mutamento di destinazione d’uso con correlativa sospensione dell’esercizio dell’uso civico, rilasciata da Argea». L’autorizzazione al mutamento di destinazione, tuttavia, sarebbe «stata rilasciata da Argea in difetto di istruttoria e di verifica degli ulteriori requisiti pregiudiziali imposti dalla legge». «Non risulta in alcun modo verificato da Argea il rispetto del Regolamento comunale per la gestione dei terreni gravati da usi civici, che all’art. 5 stabilisce in maniera inequivoca che “non possono essere oggetto di concessione (…) sorgenti e acque pubbliche, beni archeologici o storici”; e che, all’art. 12, comma 4, stabilisce che non possono essere recintate le fonti, gli abbeveratoi, i corsi d’acqua e qualsiasi altra struttura d’interesse pubblico». I consiglieri regionali Congiu, Cherchi (Augusto), Desini, Manca (Piermario) e Unali chiedono perciò di interpellare l’assessore dell’Agricoltura Caria per sapere «se sia a conoscenza di quanto sopra evidenziato» e soprattutto «se non ritenga di dover intervenire immediatamente in merito all’illegittimità della determinazione Argea» e «se non ritenga necessario, a tal fine, procedere al ritiro in autotutela della determinazione in questione, intervenire in via cautelare per la restituzione dell’area alla disponibilità della collettività ed esperire, eventualmente, le azioni giurisdizionali ritenute opportune». (r.n.)
«Trattandosi di terre collettive, la concessione – spiega Congiu – è stata preceduta dall’autorizzazione al mutamento di destinazione d’uso con correlativa sospensione dell’esercizio dell’uso civico, rilasciata da Argea». L’autorizzazione al mutamento di destinazione, tuttavia, sarebbe «stata rilasciata da Argea in difetto di istruttoria e di verifica degli ulteriori requisiti pregiudiziali imposti dalla legge». «Non risulta in alcun modo verificato da Argea il rispetto del Regolamento comunale per la gestione dei terreni gravati da usi civici, che all’art. 5 stabilisce in maniera inequivoca che “non possono essere oggetto di concessione (…) sorgenti e acque pubbliche, beni archeologici o storici”; e che, all’art. 12, comma 4, stabilisce che non possono essere recintate le fonti, gli abbeveratoi, i corsi d’acqua e qualsiasi altra struttura d’interesse pubblico». I consiglieri regionali Congiu, Cherchi (Augusto), Desini, Manca (Piermario) e Unali chiedono perciò di interpellare l’assessore dell’Agricoltura Caria per sapere «se sia a conoscenza di quanto sopra evidenziato» e soprattutto «se non ritenga di dover intervenire immediatamente in merito all’illegittimità della determinazione Argea» e «se non ritenga necessario, a tal fine, procedere al ritiro in autotutela della determinazione in questione, intervenire in via cautelare per la restituzione dell’area alla disponibilità della collettività ed esperire, eventualmente, le azioni giurisdizionali ritenute opportune». (r.n.)