Giallo a Is Arenas, sottomarino in un sarcofago di cemento
Piero Mannironi e Pier Giorgio Pinna
◗
Le ossa umane trovate vicino al sottomarino e a sinistra la struttura lunga 77 metriMistero nel mare dell'Oristanese: c’è un sommergibile coperto di cemento adagiato su un fondale di 11 metri. La Capitaneria parla di scogli, ma poi “blinda” l’area con un’ordinanza. Trovate anche alcune ossa umane -FOTO
03 agosto 2011
6 MINUTI DI LETTURA
ORISTANO. Ci sarebbe il relitto di un misterioso sommergibile adagiato nei bassi fondali tra la spiaggia di Is Arenas e la scogliera di Is Benas. La notizia arriva da fonti autorevoli: Gianluca Mirto, Sergio Pivetta e Giorgio Spazzapan, autori del libro di recente pubblicazione Relitti e navi sommerse. Si tratta di tre veterani di ricerche sottomarine e compilatori scrupolosi di una mappa di tutti i relitti presenti nei fondali italiani. Anche quelli sardi.
Insomma, moderni archeologici e storiografi dei drammi e delle tragedie del mare. E fin qui la notizia del ritrovamento del sommergibile a Is Arenas non ha apparentemente niente di eccezionale. Ha un suo fascino sì, soprattutto per coloro che si immergono per fotografare e riprendere i suggestivi scenari degli abissi.
Ma c'è un particolare di non poco conto che rende il ritrovamento eccezionale, avvolgendolo in un alone di mistero. Si legge infatti a pagina 276 del libro di Mirto, Pivetta e Spazzapan: «Il relitto, che presenta evidenti danni da uno o più attacchi di artiglieria, è coperto da una colata di cemento».
Eccolo, dunque, il giallo: chi e perché ha nascosto in un sarcofago di calcestruzzo un sommergibile? E soprattutto, cosa si cerca di nascondere? Sì, perché se la circostanza dovesse essere provata, è del tutto evidente che qualcuno ha fatto ricorso a un'operazione di occultamento piuttosto complessa per nascondere qualche verità inconfessabile.
E che si tratti di cemento dovrebbero esserci pochi dubbi. Un campione del materiale che copriva quella massa scura sulla sabbia, facendola sembrare una strana scogliera sottomarina lunga 77 metri, è stato infatti analizzato in un laboratorio di Venezia. E qui è arrivata l'incredibile conferma a quello che per i ricercatori degli abissi era un fortissimo sospetto.
La notizia sarebbe rimasta prigioniera di un ristretto gruppo di addetti ai lavori, se non se ne fosse occupato un giornalista oristanese, Andrea Atzori, con una serie di documentati servizi televisivi sull'emittente regionale Sardegna1. E così, grazie a lui, questa misteriosa vicenda è uscita dal circuito degli "specialisti" per diventare un'inquietante questione pubblica.
I tre scopritori del relitto, analizzando la pubblicistica specializzata e vecchi documenti militari, hanno indicato due possibilità: si potrebbe trattare del sommergibile Veniero II, battello oceanico della classe "Marcello", varato il 14 febbraio 1938 e affondato nel 1942; oppure del Uc-35, sottomarino della Kaiserliche Marine, la marina imperiale tedesca, mandato a picco a cannonate dal cacciatorpediniere francese Aigli, il 17 maggio 1918. Le ipotesi dei ricercatori nascono dal fatto che, storicamente, si ha notizia di soli due sommergibili affondati nel mare occidentale della Sardegna.
Ma molte cose non tornano. La massa cementata di Is Arenas, come si è detto, è lunga 77 metri e il sottomarino tedesco, era lungo solo 50,34 metri e sarebbe affondato nelle acque sud-occidentali dell'isola. Le misure e la zona, dunque, non corrispondono. Anche per quanto riguarda il sommergibile Veniero II, ci sono elementi di forte dubbio. La lunghezza, prima di tutto: il sottomarino italiano colato a picco nel 1942 era infatti lungo 73 metri. Per quanto riguarda il punto di affondamento, l'unica certezza è che il vascello venne colpito tra la Sardegna e le Baleari. Teoricamente potrebbe quindi essere anche a mezzo chilometro dalla spiaggia di Is Arenas. Ma fa pensare il fatto che, con un fondale abbastanza basso (11 metri) e la vicinanza dalla costa, nessuno dei 57 uomini dell'equipaggio si sia salvato.
Ecco cosa si legge nel sito specialistico "Sommergibili.com": «La sua ultima missione comincia il 17 maggio 1942, quando lascia Cagliari per portarsi in agguato al largo delle Baleari. Il giorno 29, alle 16.25, lancia il segnale di scoperta del nemico. Alle 23.30 trasmette un altro segnale che, però, risulta indecifrabile. Da questo momento non si hanno più sue notizie. Il battello viene presumibilmente affondato il 7 giugno 1942, nelle acque fra le Baleari e la Sardegna». La data presunta è legata a una notizia di origine britannica: «Da fonti inglesi del dopoguerra si è appreso che un sommergibile italiano era stato attaccato da un aereo Catilina nelle prime ore del mattino del 7 giugno 1942. Lo stesso giorno, poco prima delle 12.00, lo stesso sommergibile era stato sottoposto a un altro attacco mentre navigava in emersione visibilmente danneggiato. Poiché nel punto in cui si erano svolti i due attacchi, in quel giorno e in quelle ore, non vi erano altri battelli italiani, si può ragionevolmente concludere che il sommergibile attaccato dagli aerei inglesi fosse il Veniero II».
La notizia della scoperta del misterioso sommergibile cementato a Is Arenas ha provocato una richiesta di chiarimenti da parte di tre deputati del Pd. Caterina Pes, Amalia Schirru e Giulio Calvisi, il 30 giugno scorso, hanno infatti presentato un'interrogazione al ministro della Difesa Ignazio La Russa con la quale chiedono soprattutto tre cose: se il ministero sia a conoscenza dei fatti, per quale motivo la Marina non abbia mai recuperato il relitto e «se non ritenga opportuno adoperarsi con ogni mezzo per verificare in maniera trasparente la presenza del relitto e del suo eventuale contenuto».
Dopo la prima segnalazione, nel settembre 2009, la Capitaneria ha effettuato accertamenti con alcuni suoi sub e, successivamente, con l'aiuto di uomini-rana specializzati della Marina militare. Il comandante della Capitaneria, Alberto Ugga, ha smentito nettamente l'ipotesi che si tratti di un sottomarino: «Fin dall'inizio, vista la profondità, eravamo molto scettici. Gli accertamenti del nucleo subacqueo della Capitaneria e quello della Marina hanno poi dato esito negativo. Insomma, si tratta di una concrezione calcarea: scogli un po' particolari che possono sembrare la silhoutte di un sommergibile».
Ma un subacqueo esperto, Pierpaolo Porcu, racconta un'altra storia: «La struttura è di metallo. Se infatti si batte in alcuni punti si sente chiaramente il suono del metallo. Poi, ci sono alcuni particolari, come una valvola a stella e alcune fascette di acciaio che abbiamo ripreso in un video. Ho poi verificato che la struttura è ricoperta da una sorta di malta cementizia, il suo peso specifico è infatti molto diverso da quello delle rocce di questa zona».
E poi ci sono quelle ossa. Ossa umane. Sono state fotografate e filmate e spuntano da quella lunga massa scura coperta dall'esuberante flora subacquea. Come spiegare la presenza di quei resti umani? La risposta più logica è che a Is Arena c'è il relitto di un sommergibile coperto da un sarcofago di cemento per misteriose ragioni e che ci sono tracce di quello che è stato il suo sfortunato equipaggio. Se si trattasse di scogli, di una bizzarria della natura, sarebbe molto più problematico spiegare la presenza di quelle ossa.
In questo contesto ha un po' sorpreso la decisione della Capitaneria di Oristano che, con l'ordinanza numero 17 del 6 luglio scorso, ha "blindato" la zona. Il motivo? Una «segnalazione pervenuta a questo ufficio in data 27 giugno 2011 circa la presenza di un presunto ordigno bellico in località Sa Rocca Tunda del comune di San Vero Milis, giacente su un fondale di circa 15 metri». Nell'ordinanza si parla di un'interdizione totale e immediata della zona «fino all'inizio delle operazioni di brillamento».
Resta da capire se la Capitaneria intenda con quel «presunto ordigno bellico» il sommergibile cementato che, però, proprio i sub della Marina hanno escluso essere un vascello sottomarino. Sarebbe perciò una decisione palesemente contradditoria. Oppure ci sarebbe qualche bomba in quell'area finora sfuggita all'attenzione di decine di sub e di pescatori e perfino alle squadre dei sub della Capitaneria e della Marina che fecero le ricognizioni nel 2009?
Una cosa alla fine è però certa: se quella massa di 77 metri è davvero un sommergibile coperto di calcestruzzo significa che qualcuno ha voluto nascondere un segreto molto scomodo. O ha voluto arginare un possibile inquinamento molto pericoloso.
Insomma, moderni archeologici e storiografi dei drammi e delle tragedie del mare. E fin qui la notizia del ritrovamento del sommergibile a Is Arenas non ha apparentemente niente di eccezionale. Ha un suo fascino sì, soprattutto per coloro che si immergono per fotografare e riprendere i suggestivi scenari degli abissi.
Ma c'è un particolare di non poco conto che rende il ritrovamento eccezionale, avvolgendolo in un alone di mistero. Si legge infatti a pagina 276 del libro di Mirto, Pivetta e Spazzapan: «Il relitto, che presenta evidenti danni da uno o più attacchi di artiglieria, è coperto da una colata di cemento».
Eccolo, dunque, il giallo: chi e perché ha nascosto in un sarcofago di calcestruzzo un sommergibile? E soprattutto, cosa si cerca di nascondere? Sì, perché se la circostanza dovesse essere provata, è del tutto evidente che qualcuno ha fatto ricorso a un'operazione di occultamento piuttosto complessa per nascondere qualche verità inconfessabile.
E che si tratti di cemento dovrebbero esserci pochi dubbi. Un campione del materiale che copriva quella massa scura sulla sabbia, facendola sembrare una strana scogliera sottomarina lunga 77 metri, è stato infatti analizzato in un laboratorio di Venezia. E qui è arrivata l'incredibile conferma a quello che per i ricercatori degli abissi era un fortissimo sospetto.
La notizia sarebbe rimasta prigioniera di un ristretto gruppo di addetti ai lavori, se non se ne fosse occupato un giornalista oristanese, Andrea Atzori, con una serie di documentati servizi televisivi sull'emittente regionale Sardegna1. E così, grazie a lui, questa misteriosa vicenda è uscita dal circuito degli "specialisti" per diventare un'inquietante questione pubblica.
I tre scopritori del relitto, analizzando la pubblicistica specializzata e vecchi documenti militari, hanno indicato due possibilità: si potrebbe trattare del sommergibile Veniero II, battello oceanico della classe "Marcello", varato il 14 febbraio 1938 e affondato nel 1942; oppure del Uc-35, sottomarino della Kaiserliche Marine, la marina imperiale tedesca, mandato a picco a cannonate dal cacciatorpediniere francese Aigli, il 17 maggio 1918. Le ipotesi dei ricercatori nascono dal fatto che, storicamente, si ha notizia di soli due sommergibili affondati nel mare occidentale della Sardegna.
Ma molte cose non tornano. La massa cementata di Is Arenas, come si è detto, è lunga 77 metri e il sottomarino tedesco, era lungo solo 50,34 metri e sarebbe affondato nelle acque sud-occidentali dell'isola. Le misure e la zona, dunque, non corrispondono. Anche per quanto riguarda il sommergibile Veniero II, ci sono elementi di forte dubbio. La lunghezza, prima di tutto: il sottomarino italiano colato a picco nel 1942 era infatti lungo 73 metri. Per quanto riguarda il punto di affondamento, l'unica certezza è che il vascello venne colpito tra la Sardegna e le Baleari. Teoricamente potrebbe quindi essere anche a mezzo chilometro dalla spiaggia di Is Arenas. Ma fa pensare il fatto che, con un fondale abbastanza basso (11 metri) e la vicinanza dalla costa, nessuno dei 57 uomini dell'equipaggio si sia salvato.
Ecco cosa si legge nel sito specialistico "Sommergibili.com": «La sua ultima missione comincia il 17 maggio 1942, quando lascia Cagliari per portarsi in agguato al largo delle Baleari. Il giorno 29, alle 16.25, lancia il segnale di scoperta del nemico. Alle 23.30 trasmette un altro segnale che, però, risulta indecifrabile. Da questo momento non si hanno più sue notizie. Il battello viene presumibilmente affondato il 7 giugno 1942, nelle acque fra le Baleari e la Sardegna». La data presunta è legata a una notizia di origine britannica: «Da fonti inglesi del dopoguerra si è appreso che un sommergibile italiano era stato attaccato da un aereo Catilina nelle prime ore del mattino del 7 giugno 1942. Lo stesso giorno, poco prima delle 12.00, lo stesso sommergibile era stato sottoposto a un altro attacco mentre navigava in emersione visibilmente danneggiato. Poiché nel punto in cui si erano svolti i due attacchi, in quel giorno e in quelle ore, non vi erano altri battelli italiani, si può ragionevolmente concludere che il sommergibile attaccato dagli aerei inglesi fosse il Veniero II».
La notizia della scoperta del misterioso sommergibile cementato a Is Arenas ha provocato una richiesta di chiarimenti da parte di tre deputati del Pd. Caterina Pes, Amalia Schirru e Giulio Calvisi, il 30 giugno scorso, hanno infatti presentato un'interrogazione al ministro della Difesa Ignazio La Russa con la quale chiedono soprattutto tre cose: se il ministero sia a conoscenza dei fatti, per quale motivo la Marina non abbia mai recuperato il relitto e «se non ritenga opportuno adoperarsi con ogni mezzo per verificare in maniera trasparente la presenza del relitto e del suo eventuale contenuto».
Dopo la prima segnalazione, nel settembre 2009, la Capitaneria ha effettuato accertamenti con alcuni suoi sub e, successivamente, con l'aiuto di uomini-rana specializzati della Marina militare. Il comandante della Capitaneria, Alberto Ugga, ha smentito nettamente l'ipotesi che si tratti di un sottomarino: «Fin dall'inizio, vista la profondità, eravamo molto scettici. Gli accertamenti del nucleo subacqueo della Capitaneria e quello della Marina hanno poi dato esito negativo. Insomma, si tratta di una concrezione calcarea: scogli un po' particolari che possono sembrare la silhoutte di un sommergibile».
Ma un subacqueo esperto, Pierpaolo Porcu, racconta un'altra storia: «La struttura è di metallo. Se infatti si batte in alcuni punti si sente chiaramente il suono del metallo. Poi, ci sono alcuni particolari, come una valvola a stella e alcune fascette di acciaio che abbiamo ripreso in un video. Ho poi verificato che la struttura è ricoperta da una sorta di malta cementizia, il suo peso specifico è infatti molto diverso da quello delle rocce di questa zona».
E poi ci sono quelle ossa. Ossa umane. Sono state fotografate e filmate e spuntano da quella lunga massa scura coperta dall'esuberante flora subacquea. Come spiegare la presenza di quei resti umani? La risposta più logica è che a Is Arena c'è il relitto di un sommergibile coperto da un sarcofago di cemento per misteriose ragioni e che ci sono tracce di quello che è stato il suo sfortunato equipaggio. Se si trattasse di scogli, di una bizzarria della natura, sarebbe molto più problematico spiegare la presenza di quelle ossa.
In questo contesto ha un po' sorpreso la decisione della Capitaneria di Oristano che, con l'ordinanza numero 17 del 6 luglio scorso, ha "blindato" la zona. Il motivo? Una «segnalazione pervenuta a questo ufficio in data 27 giugno 2011 circa la presenza di un presunto ordigno bellico in località Sa Rocca Tunda del comune di San Vero Milis, giacente su un fondale di circa 15 metri». Nell'ordinanza si parla di un'interdizione totale e immediata della zona «fino all'inizio delle operazioni di brillamento».
Resta da capire se la Capitaneria intenda con quel «presunto ordigno bellico» il sommergibile cementato che, però, proprio i sub della Marina hanno escluso essere un vascello sottomarino. Sarebbe perciò una decisione palesemente contradditoria. Oppure ci sarebbe qualche bomba in quell'area finora sfuggita all'attenzione di decine di sub e di pescatori e perfino alle squadre dei sub della Capitaneria e della Marina che fecero le ricognizioni nel 2009?
Una cosa alla fine è però certa: se quella massa di 77 metri è davvero un sommergibile coperto di calcestruzzo significa che qualcuno ha voluto nascondere un segreto molto scomodo. O ha voluto arginare un possibile inquinamento molto pericoloso.
© RIPRODUZIONE RISERVATA