Addio a Michele Columbu, una vita per l’autonomia
Scompare a 98 anni una figura di primo piano del sardismo moderno
di Paolo Pillonca
La candela si è spenta lentamente, una lentezza tremula e dolce, quasi temesse di lasciare al buio qualcuno, come muoiono talvolta i giorni sul finire dell'estate quando l'oscurità fatica ad aver ragione della luce: Michele Columbu è volato via martedì sera in silenzio ma con il sorriso sulle labbra dal lettino di un ospedale cagliaritano, il Santissima Trinità. Già sabato scorso era parso sul punto di andarsene, per difficoltà respiratorie. Poi il ricovero in ospedale lo aveva rimesso in sesto. Fra meno di due anni avrebbe toccato il secolo tondo.
Tiu Micheli era nato a Ollolai l'8 febbraio del 1914. Fin da bambino aveva mostrato una singolare attitudine allo studio, qualità fondamentale per convincere le famiglie dei pastori barbaricini a fare i sacrifici necessari. Michele non solo non li aveva delusi ma si era laureato brillantemente in lettere antiche. La sua carriera di insegnante, però, era stata bruscamente interrotta dalla guerra. Chiamato alle armi come ufficiale di complemento in cavalleria, superò alla sua maniera la prima tra le prove selettive, se così si può dire. Nell'appello iniziale degli ufficiali in ordine alfabetico e con richiesta di cognome, nome, paternità e professione del padre, il giovane tenente si accorse che i suoi colleghi il cui cognome iniziava con le lettere a A e B erano tutti figli di famiglie nobili o ricche. Venuto il suo turno, rispose con precisione ai primi tre quesiti. Alla fine doveva indicare il mestiere del padre. "Pastore", disse a bassa voce il tenente Columbu. Sconcerto generale, ma lui prontissimo aggiunse: "Protestante". I volti degli ufficiali superiori e dei giovani colleghi, rincuorati, tornarono a distendersi.
Finita la guerra, il professor Columbu fece la scelta ideologica che gli sembrava più naturale: aderì al partito sardo d'azione. Ma nel 1948 non seguì Emilio Lussu nella scissione e poco dopo si trasferì a Milano. Interruppe l'attività politica e per un quindicennio insegnò nelle scuole superiori della Lombardia. Rientrato in Sardegna nei primi anni Sessanta, unì alla sua attività di insegnante il vecchio amore per la politica, sempre nel partito sardo d'azione. Venne eletto sindaco di Ollolai e a quell'impegno è legata una sua iniziativa clamorosa ancora vivissima nella memoria della gente: la marcia su Cagliari nel 1964 con passaggio da Sassari, per protesta contro l'inerzia della Regione nei confronti delle zone interne. La sua protesta suscitò grande interesse. "Dovunque passassi -rievocava tiu Micheli- erano accoglienze trionfali".
Quando ricordava quell'episodio tendeva a schermirsi dai complimenti per la fatica di una marcia di cinquecento chilometri. "Questo è nulla -diceva- in confronto alle gesta di Pòrtholu Dillanca, un mio compaesano servo pastore a Tula, nei pressi di Ozieri, che ogni anno tornava a piedi in paese per i balli di carnevale, ballava tutta la notte e poco prima dell'alba ripartiva a piedi per Tula senza aver riposato un istante. Una volta quasi alla fine della prima parte della sua maratona incontrò un gruppo di contadini di Ollolai che si apprestavano a rientrare a casa in tempo per i balli. Quelli gli dissero: allora vieni con noi. Lui replicò: sì, a patto che riusciate a tenere il mio passo".
La militanza nel partito sardo lo premiò più volte: il culmine della sua carriera è rappresentato dai due mandati parlamentari: il primo a Montecitorio nel 1972, il secondo dodici anni dopo, nel 1984, al parlamento europeo, in seguito all'alleanza Psd'Az-Union Valdôtaine. La sua testimonianza nel partito sardo continuò poi senza interruzione fino ai primi anni Duemila, la base sardista ormai lo considera un leader storico.
Affabulatore dei più fascinosi per carisma nativo, tiu Micheli era anche uno scrittore estremamente raffinato. Le sue opere principali di narrativa sono due. La prima -"L'aurora è lontana dalla Sardegna"- pubblicata a Milano nel 1967 è costituita da venti racconti la cui suggestione maggiore è il canto dolente sulle condizioni di Ollolai e della Sardegna interna. La seconda -"Senza un perché"- è un romanzo uscito a Cagliari venticinque anni più tardi, nel 1992: opera di alto livello sostanziale e di scrittura affascinante soprattutto dal punto di vista del linguaggio figurato, metafore originali e similitudini accattivanti. In due parole: scrittura creativa.
Non capita spesso di trovare nella stessa persona le due dimensioni comunicative classiche -oralità e scrittura- al medesimo livello di grandezza. Nel parlare i modelli d'elezione di Columbu potevano essere i grandi retori dell'antichità sui quali si era formato, un po' come dicono fosse il minore dei fratelli Gracchi figli della matrona Cornelia secondo una testimonianza di Quintiliano ("Quando si levò Gaio Gracco parlò in modo che tutti gli altri oratori sembravano dei bambini"). Un parlare diverso dal linguaggio comune, quello di tiu Micheli: diretto alla ragione, sì, ma soprattutto al cuore, con largo utilizzo dell'arma dell'ironia sottile. Nello scrivere, se modello c'era, poteva essere uno soltanto, per di più indiretto: la brevitas dei suoi antenati che non conoscevano la scrittura ma onoravano la parola pronunciata a bassa voce.
I funerali. Stamattina alle 9 verrà aperta una camera ardente nel Comune di Cagliari, città della quale Michele Columbu era stato sindaco per pochi giorni nel 1980 e dal 15 aprile 2009 era cittadino onorario: il gradito riconoscimento gli era stato assegnato insieme con l'amico e coetaneo Giovanni Lilliu. Nella sala comunale del capoluogo della Sardegna il grande leader spirituale dei sardisti sarà commemorato dal presidente del Psd'Az Giacomo Sanna e dal sociologo Salvatore Cubeddu, autore di una monumentale storia del partito sardo.
Subito dopo la cerimonia -tra alle 12,30 e le 13- la salma di tiu Micheli inizierà il viaggio di ritorno alla sua culla di Ollolai, il paese del cuore, disteso sui monti del Nuorese come un muflone sotto un leccio. Altra cerimonia in Comune alle 16, messa funebre un'ora più tardi nella chiesa parrocchiale di San Michele Arcangelo, lo stesso minuscolo tempio che l'aveva accolto bambino di pochi giorni nel febbraio di novantotto anni fa per il battesimo. Nell'intimità di questo silenzioso incontro comunitario sull'onda lieve della mestizia il prete gli regalerà un ultimo saluto degno di lui come personaggio pubblico e soprattutto come ómine de virtude rimasto semplice e schietto.
Michele Columbu è il terzo dei grandi sardi scomparsi negli ultimi mesi, dopo il pittore Antonio Corriga e il sardus pater Giovanni Lilliu. Senza di loro la Sardegna è ancora più povera e nuda.