I segreti della base inespugnabile dai sottomarini al super arsenale
SANTO STEFANO. Santo Stefano, nell’arcipelago della Maddalena, è una delle perle di granito isolano immersa in un mare cristallino. L’isola, da secoli, è in parte irraggiungibile per via delle basi...
SANTO STEFANO. Santo Stefano, nell’arcipelago della Maddalena, è una delle perle di granito isolano immersa in un mare cristallino. L’isola, da secoli, è in parte irraggiungibile per via delle basi militari che, nate per proteggere la flotta dei Savoia e del loro Regno di Sardegna, si sono tramandate per eredità dalla monarchia alla Repubblica. La zona a est, 27 ettari recintati con filo spinato, altane con militari armati e protetti da una invisibile rete di sensori antintrusione, è una delle aree militari più sorvegliate del Mediterraneo. Settanta uomini dei fucilieri della Marina Militare si avvicendano, h24 (ventiquattro ore al giorno), sulle postazioni di controllo protette da spessi vetri antiproiettile, una vigilanza armata necessaria per proteggere un arsenale militare illimitato, dai missili terra aria ai siluri per la marina, compresi gli armamenti individuali e gli esplosivi ad alto potenziale in uso soltanto alle forze armate italiane e Nato. Una santabarbara scavata nella roccia, una serie di cunicoli che si infilano nel sottosuolo e si diramano per oltre sei chilometri, con le “riservette” dove sono custoditi fucili, cannoni senza rinculo, mine, razzi, mitragliatrici e una quantità inesauribile di munizioni di ogni genere e calibro, compresi i 32 milioni di proiettili per il fucile miragliatore Ak 47, il mitico Kalasnhikov di fabbricazione russa. Il reale contenuto della polveriera di Santo Stefano è uno dei segreti meglio conservati degli ultimi cinquant’anni. A partire dagli anni Settanta, quando una parte della base navale venne concessa in uso alla marina Usa che vi installò una officina galleggiante, con un gigantesca gru che occupava due interi moli e capace di sollevare i sommergibili d’attacco a propulsione nucleare, gli Unter Killer classe Los Angeles che ospitavano a bordo armamento tattico, i missili BGM-109 Tomahawk Cuise dotati di testate nucleari. Per decenni si sostenne che tale armamento, quando i sommergibili erano in rada per riparazioni, venisse ospitato all’interno delle supersicure gallerie (a prova di esplosione nucleare) di Santo Stefano. Ma essendo impossibile, per chiunque (anche parlamentari) accertare questo, non essendo mai stato ratificato tra Italia e Usa un accordo per l’uso della base militare di Santo Stefano (una sottigliezza diplomatica di cui fu artefice il defunto Giulio Andreotti) tutto rimase nel limbo dei misteri irrisolti. Mentre è certo che i lavori di ampliamento e di protezione attiva e passiva delle “riservette” viene portato avanti anno dopo anno, con aggiornamenti costanti. L’ingresso alla santabarbara è interdetta a chiunque, compreso il personale militare in servizio di vigilanza sull’isola, una compagnia di settanta fucilieri di marina che si avvicendano in massacranti turni di guardia. I dieci impiegati civili che lavorano sull’isola hanno compiti esclusivamente burocratici, mentre soltanto un gruppo scelto di militari ha accesso (controllato da telecamere a circuito chiuso con un sistema di registrazione remoto, in Liguria) ai sotterranei per la manutenzione ordinaria e straordinaria dei sistemi di sicurezza delle armi, gli impianti antincendio e quelli a basso voltaggio per l’illuminazione. (g.p.c.)