La Nuova Sardegna

Guido Gay: «Così ho ritrovato il piroscafo Crispi affondato nel 1943»

di Pier Giorgio Pinna
Due oblò ravvicinati del piroscafo Crispi
Due oblò ravvicinati del piroscafo Crispi

La nave trasportava i Granatieri di Sardegna: morirono in 943. Il racconto dell’ingegnere che ha individuato il relitto sui fondali tra Toscana e Corsica insieme al sommergibile britannico Saracen che lo silurò

28 giugno 2015
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ISOLA ROSSA. Lui non ama sentirsi chiamare cacciatori di relitti. Ma dopo la corazzata Roma, nel golfo dell’Asinara, continua a collezionare ritrovamenti da guinness. Ora ha individuato in fondo al mare il piroscafo Francesco Crispi, addetto al trasporto dei Granatieri di Sardegna durante la seconda guerra mondiale, e i resti del sommergibile inglese Saracen che aveva affondato proprio la nave italiana carica di soldati.

«Li ho ritrovati tra la Toscana e la Corsica, a 10 miglia l’uno dall’altro – racconta Guido Gay, l’ingegnere che progetta e costruisce avveniristici robot per la ricerca sott’acqua – Dalle foto che ho potuto scattare non ci sono dubbi: troppi particolari coincidono, in entrambi i casi, perché non siano loro».

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Indagini sub. Dopo le nuove scoperte, l’inventore di questi sistemi affascinanti per esplorare gli abissi ha informato le autorità dei tre Paesi coinvolti: Italia, Francia, Gran Bretagna.

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«I vertici militari inglesi, molto solleciti quando si parla delle loro unità, mi hanno già contattato per conoscere il punto esatto dov’è colato a picco il sottomarino: vogliono celebrare una cerimonia, con il lancio di una corona di fiori, per ricordare i due marinai che si sacrificarono per autoaffondare il Saracen dopo che le nostre corvette l’avevano costretto a risalire in superficie con un bombardamento massiccio».

A bordo del Crispi. Molti di più i morti sul piroscafo: 943 dei 1.300 soldati diretti da Livorno a Bastia (allora, nella primavera del 1943, gli italiani occupavano la Corsica). Erano mesi di guerra durissimi, quelli che hanno preceduto l’8 Settembre e l’armistizio con gli alleati all’origine dell’attacco tedesco alla corazzata Roma. Ma ai tempi dell’affondamento dell’unità per il trasporto dei Granatieri l’Italia combatteva ancora contro inglesi, francesi e americani. E i conflitti in tutto il Mediterraneo si facevano sempre più sanguinosi.

Come un sogno. Adesso, dopo la lunga caccia in mare aperto, Guido Gay si gode un po’ di relax, comodamente seduto a bordo del suo Daedalus, ormeggiato in rada all’Isola Rossa. «È una barca a vela particolare: l’ho disegnata, progettata e costruita io – dice soddisfatto – Ed è appunto con questo catamarano - 21 metri, albero di 28, strumentazioni straordinarie per la ricerca - che da oltre 20 anni faccio tutte le mie spedizioni: per 5 anni, qui sopra, ho attraversato qualsiasi oceano del globo».

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«Naturalmente è lo stesso catamarano che ho usato in queste ultime settimane tra Toscana e Corsica», spiega il giramondo che non vuole passare come semplice cacciatore di relitti. Poi Gay si blocca all’improvviso. Per un lungo minuto osserva in silenzio le acque verde smeraldo del golfo, forse già pronto a lanciarsi in nuove avventure da queste parti.

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Stretti legami con l’isola. Lui del resto qui è di casa. Come lo è in Corsica e in Liguria, dove vive gran parte dell’anno. «Le vicende della guerra mi hanno sempre interessato: così, grosso modo un mese fa, sono arrivato da solo, come faccio spesso, nel tratto dov’è scomparso il Saracen – puntualizza il comandante del Daedalus con la precisione che lo contraddistingue – Invece, a una profondità di 500 metri, ho avvistato prima il Crispi, a ovest dell’Isola d’Elba, più vicino alle coste corse, già in acque francesi. Ma dopo aver avvertito del ritrovamento la soprintendenza di Bastia ho subito continuato la ricerca del sommergibile inglese».

Apparecchi all’avanguardia. «Decisivi, per l’esito favorevole finale, il mio robot Pluto Palla, capace di lavorare sino a 4mila metri, e ancora una volta il Daedalus – chiarisce – Il catamarano infatti è altamente automatizzato. Consente un posizionamento dinamico dell’attrezzatura per navi oceanografiche senza bisogno di ancoraggio. Si avvale di un sonar a scansione laterale che permette di fotografare i fondali sino a 1.500 metri».

«È appunto grazie a questi strumenti che pochi giorni fa sono riuscito a individuare il Saracen a sud ovest di Capraia, a 420 metri di profondità, in acque italiane», spiega ancora Guido Gay.

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