La Nuova Sardegna

Giovani a rischio povertà in Sardegna: oltre il 50% senza lavoro

di Mario Girau
Giovani a rischio povertà in Sardegna: oltre il 50% senza lavoro

Il rapporto Caritas 2017, nel Campidano la percentuale di disoccupati under 35 più alta d’Italia: il 71%. Il presidente Ganau: «Servono politiche per l’inserimento professionale»

22 novembre 2017
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CAGLIARI. Italiano, età media 46 anni, sposato, uomo o donna: ecco il profilo tipo delle oltre 7500 persone che nel 2016 hanno bussato alla porta della Caritas per chiedere aiuto. Il 60 per cento è disoccupato e domanda sostegno economico e viveri. Servono per “mandare avanti” la famiglia – diventata centrale del disagio dei senza lavoro –, per aiutarla a sopravvivere quando improvvisamente si entra nel tunnel della precarietà lavorativa. E i giovani rischiano di diventare i nuovi poveri. Solo 1960 stranieri (il 20% rumeni) si sono rivolti ai l’anno scorso ai centri d’ascolto delle diocesi.

L’annuale rapporto su povertà ed esclusione sociale, presentato ieri dalla Caritas nella sede del Consiglio regionale, certifica che, dopo dieci anni di crisi, si cominciano a intravedere alcuni segnali – molto tenui – di miglioramento. Ma la gente concretamente non se ne accorge. Soprattutto quella che ha ancora bisogno del pronto soccorso caritativo della Chiesa.

«In questi 10 anni intercorsi dall’inizio della crisi – ha detto Raffaele Callia, direttore del centro studi Caritas e autore del report – alcune richieste sono restate invariate, legate soprattutto a problemi economici e di lavoro. Sono cresciuti i problemi familiari e quelli relativi all’istruzione: le fragilità determinate da una mancanza di preparazione culturale e formativa hanno pesato sempre di più, una tendenza confermata dal livello di istruzione delle persone ascoltate. L’aumento dei problemi familiari è dovuto a conflittualità che hanno ripercussioni anche economiche». Le difficoltà derivanti da divorzi e separazioni rappresentano il 2,8% di tutti i bisogni rilevati.

«La povertà non è un destino irrimediabile – ha osservato monsignor Arrigo Miglio, presidente dei vescovi sardi – e non basta più intervenire sugli effetti e rispondere ai bisogni, ora è necessario ricercare le cause e possibilmente eliminarle».

Alcune radici sarde della povertà risaltano dal rapporto con solare evidenza: quasi il 63% degli utenti Caritas è disoccupato. Dall’assenza di lavoro derivano il 32,4% dei problemi economici rilevati, la completa mancanza di un reddito (13,6% del totale dei bisogni), l’indebitamento. Altro problema gli handicap culturali e professionali. Negli anni della crisi è risultato più vulnerabile chi ha studiato meno. «I dati della Caritas confermano che la bassa scolarità è uno degli elementi che facilita la caduta nel regime di povertà, rendendo difficile l’accesso al mondo del lavoro – ha detto il presidente del Consiglio Gianfranco Ganau – È necessario intervenire in maniera articolata con un lavoro congiunto fra istituzioni, Caritas e associazioni di volontariato per evitare sovrapposizioni e consentire azioni mirate e più efficaci al contrasto delle povertà».

Sull’emergenza giovani hanno richiamato l’attenzione il delegato regionale don Marco Lai e il vescovo di Iglesias, monsignor Giovanni Paolo Zedda. Un individuo su 5 di quelli che si sono rivolti ai centri Caritas si trova nella fascia d’età compresa tra 15 e 34 anni, la prima provincia in Italia per numero di disoccupati under 35 è il medio-Campidano, con il tasso del 71,7%. Inoltre, nei 10 anni di crisi, l’incidenza dei Neet, ragazzi che non studiano, non lavorano e non seguono corsi di formazione, è stata più elevata in Sardegna rispetto al resto d’Italia. Tra i giovani si registra una serie di disagi che intaccano non solo la sfera socio-economica ma anche quella relazionale e scolastica, determinando insuccessi scolastici, fenomeni di abbandono e dispersione.



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