La Nuova Sardegna

Enzo Satta, la matita della Costa: l’isola è ancora senza un futuro

di Luca Rojch
Enzo Satta, la matita della Costa: l’isola è ancora senza un futuro

L’urbanista di fama internazionale ha scelto da 30 anni di ritornare in Sardegna «Tante le occasioni perse per crescere, ora rispondiamo alle richieste dei turisti»

18 dicembre 2017
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SASSARI. Per molti è l’architetto dell’Aga Khan, il custode dello stile della Costa Smeralda. Ma Enzo Satta è molto di più. Il suo nome è legato a doppio filo a quello del regno creato dal principe ismaelita, ma l’urbanista ha lavorato in quasi tutti i continenti. Il waterfront di Boston porta la sua firma, alcune aree residenziali e diversi ospedali del Sud Africa arrivano dalla sua matita. Ha progettato il porto turistico di Secret harbour a Perth, in Australia. E ancora insediamenti turistici a Ibiza, Al Cairo, nel Mar Rosso, in Francia. Ha creato nuovi insediamenti nelle Filippine e in Kyrgyzstan. Un globtrotter che ha scelto di vivere in Sardegna. Satta è un cervello di ritorno. Celebre e apprezzato negli Usa si era trasferito a Boston, sua figlia Melissa è nata negli States e la sua famiglia lo aveva seguito nella sua esperienza americana. Nel 1985 Satta lavorava per il governo del Massachusetts. Ma ha deciso di rientrare nell’isola. «Una scelta di cui non mi sono mai pentito – racconta –. Ho solo un po’ di rammarico per quello che si poteva fare in Sardegna. Mi riferisco alla mancata approvazione del Master plan della Costa Smeralda. Trattative andate avanti per 15 anni che non sono mai arrivate a nulla. Sono contento di vivere qua e di avere dato il mio piccolo contributo a questa terra. Oggi si parla tanto di ritorno dei cervelli. Io l’ho fatto 32 anni fa. Ero andato negli Usa per prendere una seconda laurea ad Harvard. Sono rimasto là 7 anni. Era diventata casa mia. Ma nel 1986 ho scelto di ritornare in Sardegna».

Se la Costa Smeralda ha uno stile architettonico unico e originale lo si deve anche a Satta. Vive a Porto Cervo e da sempre è anche un attento osservatore dei cambiamenti del borgo di milionari e teste coronate. «Negli ultimi 12 anni c’è stato un certo degrado. In particolare dal 2002. Con l’avvicendamento della proprietà (dall’Aga Khan al fondo Colony capital del milionario Usa Tom Barrack) c’è stato un depauperamento sotto l’aspetto fisico e morale. Ma devo notare con piacere che da un paio di anni (con l’arrivo del Qatar) c’è un tentativo di riportare la Costa Smeralda ai livelli del passato. Sotto l’aspetto urbanistico, ma anche dal punto di vista morale. La Costa Smeralda è un progetto urbanistico incompleto. Senza il master plan degli anni 80 e 90 resta un progetto monco. Mancano cose fondamentali. Faccio solo un esempio. Nel master plan erano previsti altri 4 campi da golf a 18 buche. Completavano il percorso golfistico. Oggi c’è solo il Pevero. Troppo poco per pensare di fare un circuito e provare ad allungare la stagione». E Satta parla anche della legge urbanistica regionale e degli effetti che potrà avere sul paesaggio sardo. «Al di là del giudizio personale vorrei andare oltre. C’è una premessa. Dobbiamo chiederci cosa vogliamo fare nell’isola. Se puntiamo sul turismo e sull’agroalimentare anche la legge urbanistica deve tenere conto di questo. Deve prevedere uno sviluppo turistico di qualità, integrato con l’ambiente. Si deve consentire la realizzazione dei servizi e il giusto mix di ville e hotel. Un altro punto fondamentale che si deve prevedere è lo sviluppo della rete viaria. La costa e l’interno devono essere collegati. I turisti potrebbero stare non solo nei villaggi sulla costa, ma anche in paesi veri che distano qualche chilometro, ben collegato, dal mare. Faccio il piccolo esempio di Berchidda, ma ci sono altri comuni con le stesse caratteristiche. Si parte dal presupposto che lo sviluppo sia cementificare. Equazione sbagliata. La Costa Smeralda ha dimostrato che non è così, si possono conciliare sviluppo e ambiente. Ed è giusto che agli hotel sia consentito adeguarsi agli standard turistici moderni. Oggi chi va in vacanza non si accontenta più del mare e della spiaggia. Si deve essere in grado di offrire di più. E la stessa dimensione delle camere non è quella che si aveva negli anni Sessanta. Oggi godiamo delle difficoltà dei Paesi del nord Africa. Presto torneranno sul mercato. Dobbiamo adeguare hotel e servizi. Pensare a strutture legate allo sport, al benessere, alla salute, alla cultura e allo svago. Attività che portano turisti per tutto l’anno. La legge urbanistica deve tenere conto di queste cose. La Sardegna potrebbe essere la Florida degli europei».

Satta difende con elegante ma ferma riservatezza la sua vita privata. Sua figlia Melissa è una star della tv. «Per me è stata una sorpresa che il mondo della moda e quello della televisione avessero interesse per mia figlia. All’inizio ero un po’ preoccupato. Immagino come ogni padre. Ma sapevo che l’educazione familiare e la forza di Melissa le avrebbero consentito di arrivare dove voleva senza finire divorata dai meccanismi infernali di un mondo complesso come lo star system. Il suo successo mi rende orgoglioso. Ma lei ha sempre primeggiato in tutto quello che ha fatto. Ha una determinazione straordinaria. È stata campionessa regionale di karate, medaglia di bronzo a livello nazionale. Giocava a calcio nelle femminili del Cagliari. Ha studiato per 10 anni pianoforte. Ha sempre dimostrato una grande attitudine». Satta ha anche un’altra passione che pochi conoscono. È un amante della Russia. Dalla cultura al suo clima. «Da sempre ho una passione per la letteratura russa. Leggo di tutto. Ma dico di più, amo la Russia. L’ho visitata tante volte nella mia vita. Dai tempi di Brežnev fino a oggi. Mi ha sempre affascinato, in particolare in inverno. Mi piace la sua gente, il folclore, la musica, la cultura. Ci avrei anche vissuto, ma il richiamo per la Sardegna è stato più forte».

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