Depositi costieri per il gas: cinque siti per la rete sarda
Giuseppe Centore
Solo uno dei tre previsti a Oristano ha già avuto il primo via libera dalla giunta. Il sistema distributivo è delineato, ma su prezzi e tariffe regna l’incertezza
10 gennaio 2018
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ORISTANO. Il futuro dell’energia in Sardegna sarà sotto la voce gas, ma per adesso le uniche certezze riguardano gli impianti costieri che, nel giro di un paio d’anni (se tutto procederà regolarmente) dovrebbero vedere la luce. Il resto, nonostante gli annunci della Regione, è avvolto nell’incertezza. Tempi, consumi reali, effetti sulla metanizzazione dell’isola, prezzi finali per i singoli utenti e le imprese; tutto ciò è nel vago, come se una volta compiute le scelte strategiche (portare il metano nelle case e nelle imprese abbattendo così la bolletta) si dia per scontato il resto.
Scelta temporanea. Il metano comunque non sarà la spina dorsale del futuro sistema energetico sardo; come il carbone anche esso è destinato a essere soppiantato da sistemi meno inquinanti, eolico e fotovoltaico in testa. Il piano energetico e ambientale della Regione lo esplicita. Entro il 2030 le emissioni associate a consumi interni vanno ridotte del 50 per cento, e per raggiungere questo risultato il metano deve coprire una domanda di energia non superiore il 25 per cento, con le rinnovabili al 33 per cento. La metanizzazione sarà dunque una soluzione «esplicitamente transitoria», che ammette le difficoltà nelle quali si trova la costituenda rete metanifera sarda. Curiosando nel Piano si scopre che sia la testa che la coda sono al di là da venire, mentre il corpo centrale è in parte realizzato. E così sono ancora in alto mare i depositi costieri (cinque secondo le previsioni, tre a Oristano, uno a Cagliari, e uno a Porto Torres, tutti di circa 10mila metri cubi di gnl, con il solo deposito del capoluogo da 22mila), e le interconnessioni tra i comuni dentro a ciasuno dei 38 bacini con i quali è stata divisa l’isola (con una sola importante eccezione che riguarda il collegamento tra il bacino della città di Cagliari e quello dei comuni dell’immediato hinterland). Sono a buon punto invece i lavori nei singoli comuni, che dovrebbero giungere a conclusione nel 2020.
Incertezze e dubbi. Il metano è una scelta transitoria, sperando nel progresso tecnologico, ma le implicazioni sul suo utilizzo sono pesanti. Il guaio è che sono ancora nebulose. Tommaso Franci è senior advisor di Ref (una delle più autorevoli società di ricerca e consulenza nel campo del mercato energetico) e così si è espresso in un convegno a Sassari lo scorso 28 giugno. «Nel quadro di riferimento per le scelte infrastrutturali pubbliche e private nella metanizzazione della Sardegna, abbiamo certezza sui consumi finali, sui potenziali effettivi di penetrazione del gas nei diversi settori, industria, residenziale, terziario, trasporti stradali e marittimi. La criticità – è stato il senso del suo intervento – riguarda la mancanza di una quadro conoscitivo adeguato dei consumi nei comparti chiave dei settori e della effettiva penetrazione del gas nei diversi settori sia tramite la rete gas (di trasporto e distribuzione) che le lavorazioni su piccola scala».
Le scelte della Regione. In un anno, dal varo dell’ultimo piano energetico-ambientale a oggi, sono cambiate le prospettive e dai dubbi su quale strada percorrere per concretizzare i processi di metanizzazione, si è passati alle certezze dei depositi costieri. Come mai? Alla base della scelta, che ha visto a fine dicembre l’approvazione del primo dei tre depositi costieri di Oristano (quello di Edison) da parte della Regione, ragioni burocratico-amministrative che l’hanno vista prevalere sulle altre due opzioni, la pipeline dalla Toscana e il minirigassificatore dalla capacità annua di 1,5 miliardi di mc da collocarsi a nord o a sud. Scelte bocciate ma più chiare, “battute” dai depositi costieri.
Costi, prezzi e tariffe. Su questo punto predomina l’incertezza. Inutile nascondersi dietro gli slogan. Il metano è più conveniente del gpl, costa di meno pur avendo lo stesso potere calorifico, ma la strada dal produttore all’utente finale è lastricata di dubbi. La stessa Regione scrive chiaramente che non si sa come sarà composto il prezzo, quali agevolazioni ci saranno per l’utente finale, con il rischio di oligopolio dietro l’angolo (come avvenne per il mercato dell’energia elettrica). La soluzione potrebbe essere la trasformazione dei depositi costieri a infrastrutture di rete, utilizzabili da più venditori.
Ma chi lo dirà alle società che li stanno realizzando e che prefigurano controlli assoluti sull’intera dinamica dei prezzi?(1.continua)
@gcentore. ©RIPRODUZIONE RISERVATA
Scelta temporanea. Il metano comunque non sarà la spina dorsale del futuro sistema energetico sardo; come il carbone anche esso è destinato a essere soppiantato da sistemi meno inquinanti, eolico e fotovoltaico in testa. Il piano energetico e ambientale della Regione lo esplicita. Entro il 2030 le emissioni associate a consumi interni vanno ridotte del 50 per cento, e per raggiungere questo risultato il metano deve coprire una domanda di energia non superiore il 25 per cento, con le rinnovabili al 33 per cento. La metanizzazione sarà dunque una soluzione «esplicitamente transitoria», che ammette le difficoltà nelle quali si trova la costituenda rete metanifera sarda. Curiosando nel Piano si scopre che sia la testa che la coda sono al di là da venire, mentre il corpo centrale è in parte realizzato. E così sono ancora in alto mare i depositi costieri (cinque secondo le previsioni, tre a Oristano, uno a Cagliari, e uno a Porto Torres, tutti di circa 10mila metri cubi di gnl, con il solo deposito del capoluogo da 22mila), e le interconnessioni tra i comuni dentro a ciasuno dei 38 bacini con i quali è stata divisa l’isola (con una sola importante eccezione che riguarda il collegamento tra il bacino della città di Cagliari e quello dei comuni dell’immediato hinterland). Sono a buon punto invece i lavori nei singoli comuni, che dovrebbero giungere a conclusione nel 2020.
Incertezze e dubbi. Il metano è una scelta transitoria, sperando nel progresso tecnologico, ma le implicazioni sul suo utilizzo sono pesanti. Il guaio è che sono ancora nebulose. Tommaso Franci è senior advisor di Ref (una delle più autorevoli società di ricerca e consulenza nel campo del mercato energetico) e così si è espresso in un convegno a Sassari lo scorso 28 giugno. «Nel quadro di riferimento per le scelte infrastrutturali pubbliche e private nella metanizzazione della Sardegna, abbiamo certezza sui consumi finali, sui potenziali effettivi di penetrazione del gas nei diversi settori, industria, residenziale, terziario, trasporti stradali e marittimi. La criticità – è stato il senso del suo intervento – riguarda la mancanza di una quadro conoscitivo adeguato dei consumi nei comparti chiave dei settori e della effettiva penetrazione del gas nei diversi settori sia tramite la rete gas (di trasporto e distribuzione) che le lavorazioni su piccola scala».
Le scelte della Regione. In un anno, dal varo dell’ultimo piano energetico-ambientale a oggi, sono cambiate le prospettive e dai dubbi su quale strada percorrere per concretizzare i processi di metanizzazione, si è passati alle certezze dei depositi costieri. Come mai? Alla base della scelta, che ha visto a fine dicembre l’approvazione del primo dei tre depositi costieri di Oristano (quello di Edison) da parte della Regione, ragioni burocratico-amministrative che l’hanno vista prevalere sulle altre due opzioni, la pipeline dalla Toscana e il minirigassificatore dalla capacità annua di 1,5 miliardi di mc da collocarsi a nord o a sud. Scelte bocciate ma più chiare, “battute” dai depositi costieri.
Costi, prezzi e tariffe. Su questo punto predomina l’incertezza. Inutile nascondersi dietro gli slogan. Il metano è più conveniente del gpl, costa di meno pur avendo lo stesso potere calorifico, ma la strada dal produttore all’utente finale è lastricata di dubbi. La stessa Regione scrive chiaramente che non si sa come sarà composto il prezzo, quali agevolazioni ci saranno per l’utente finale, con il rischio di oligopolio dietro l’angolo (come avvenne per il mercato dell’energia elettrica). La soluzione potrebbe essere la trasformazione dei depositi costieri a infrastrutture di rete, utilizzabili da più venditori.
Ma chi lo dirà alle società che li stanno realizzando e che prefigurano controlli assoluti sull’intera dinamica dei prezzi?(1.continua)
@gcentore. ©RIPRODUZIONE RISERVATA