Energie rinnovabili, il Nobel Rubbia: «In Sardegna ostacoli senza senso al termodinamico»
Il padre della tecnologia parla del progetto nell’Oristanese. «Nessun impatto, l’impianto sarebbe comunque piccolo»
ORISTANO. Il “padre” della tecnica del solare termodinamico è lo scienziato italiano Carlo Rubbia, premio Nobel per la fisica nel 1984. Chi meglio di lui può parlare della tecnologia che a Oristano, con il progetto della San Quirico Solar power, sta trovando tanti ostacoli? Una premessa necessaria: il professor Rubbia non conosce nel dettaglio il progetto oristanese e quindi parla in generale delle caratteristiche di un impianto di quella taglia.
Professor Rubbia, a Oristano e a Palmas Arborea sta facendo discutere l’ipotesi di realizzare un impianto per la produzione di energia elettrica col sistema solare termodinamico...
«Quale è la potenza prevista?»
10,8 megawatt...
«Insomma, niente, praticamente. Un impianto piccolissimo...».
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Le vorrei chiedere un parere, visto che lei è il padre di questa tecnologia.
«La tecnologia è nata in Italia, ma poi l’abbiamo sviluppata in Spagna. Dalla Spagna è stata esportata in America e gli spagnoli hanno insegnato a molti come fare questo tipo di impianti che sono molto diffusi, soprattutto nel sud della Spagna e negli Stati Uniti. In Italia la diffusione di questa tecnologia è stata trascurabile. Piccole gocce a destra e a sinistra. Non c’è nessuno che si è impegnato veramente per portarlo sino in fondo. Non vedo come un impianto di 10 megawatt possa cambiare una situazione di questo genere».
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La popolazione della zona teme l’impatto di questo impianto. Si sente di poterli rassicurare?
«Non capisco che impatto possa avere: raccogliere il sole con degli specchi. Che impatto ci può essere, scusi? Che cosa può causare?».
Le elenco un po’ di rilievi che sono stati mossi: consumo del suolo, incompatibilità con l’agricoltura...
«È chiaro che c’è incompatibilità con l’agricoltura: o si pianta un albero, o si fa un impianto come quello. Non si possono fare le due cose insieme, è evidente».
Certo, ma viene contestata la scelta della collocazione: un terreno agricolo e non un’area industriale.
«Ho capito, ma mi pare si tratti di problemi locali che si possono risolvere. Ci sono una serie di enti e di persone messi lì apposta per risolvere queste questioni. Comunque è un piccolo impiantino, non è una cosa di grande impatto. E di sicuro non cambia la situazione energetica. Il fatto è che bisogna tentare di aumentare l’apporto delle energie rinnovabili e di ridurre il consumo di combustibili fossili con l’immissione di anidride carbonica in atmosfera. E la Sardegna potrebbe fare un’operazione ragionevole. Bisogna fare una scelta politica però».
Un’altra perplessità è legata alla presenza di un impianto a biomasse. Che ne pensa?
«Il fatto che il periodo di insolazione sia inferiore durante l’inverno è inevitabile. Infatti la quantità di energia raccolta con un impianto solare è in generale nell’ordine del 10-20 per cento dell’energia totale».
Il timore è che un impianto simile inquini.
«Biomasse non è una cosa drammatica. Il fatto è che c’è una certa tendenza a andare contro qualsiasi innovazione. È un problema locale che non c’entra niente con il discorso complessivo. Non sono giudizi generali che lei può fare su sistemi simili. Bisogna vedere se ci sono le risorse per poterlo fare e se si vuole fare. Ma le biomasse sono una cosa perfettamente normale, un sostegno all’impianto termodinamico. Bisogna studiare le combinazioni tra i due sistemi, ma io credo che la questione di fondo sia un’altra: 10megawatt sono niente in confronto al consumo di una Regione come la Sardegna. In sostanza: se ce lo mette o non ce lo mette non cambia granché».