Il prezzo del latte accende la polemica tra pastori e caseifici
di Antonello Palmas
Sotto accusa le differenze col trend del pecorino romano I trasformatori: mercato instabile, non si può pagare di più
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SASSARI. «Non è spiegabile l’enorme differenza che si registra tra il trend di crescita del prezzo del pecorino romano e quello del latte»: il consigliere regionale Pd Franco Sabatini rilancia il problema sollevato nei giorni scorsi da Coldiretti. Prosegue quindi la polemica che contrappone allevatori del settore ovino e trasformatori. Secondo i primi il prezzo del formaggio pecorino (che è poi quello che determina sul mercato il prezzo dello stesso latte) è cresciuto troppo rispetto al latte: intorno agli 8,50 euro al kg, mentre il prezzo pagato per un litro di latte si è fermato a 85 centesimi. Il che significherebbe un pur interessante +42 per cento, che in tempi di crisi non è da sottovalutare. Ma è quel +102 per cento fatto registrare dalle forme di romano a far storcere il naso agli allevatori (l’anno scorso il costo si ribassò sino a 4,20 euro).
Per Sabatini «se si continuerà a caricare i costi solo sugli allevatori, non sarà mai possibile uscire dalla condizione di difficoltà in cui versano ormai da anni». Il consigliere afferma che «per contrastare gli sbalzi dei prezzi occorrerebbe differenziare le produzioni e commercializzare più prodotti, i maggiori problemi li ha chi punta prevalentemente sul romano. Gli spazi ci sono». Sabatini afferma poi di non comprendere per quale ragione l’Organizzazione interprofessionale latte ovino sardo (Oilos) taccia sulla questione e non intervenga, anche in considerazione del fatto che nasce proprio con la funzione di contribuire a regolamentare il mercato del latte. Il comparto agropastorale è in forte difficoltà ed è necessario che Oilos verifichi tale situazione, raccolga e riferisca i dati, strumento necessario a i pastori per contrattare alla pari».
Il presidente di Oilos, Salvatore Pala, risponde agli appunti ricordando che «l’organizzazione non è preposta per statuto a decidere prezzi, trovo questa polemica pretestuosa». Ma dare degli indirizzi e organizzare la filiera, questo potrebbe essere fatto: «Oilos – risponde Pala – è stato da poco riconosciuta come personalità giuridica, a breve lo sarà anche dal ministero. Stiamo intraprendendo un cammino faticoso, mettendo insieme i dati delle aziende in modo da poter programmare. Quest’anno c’è meno latte, e come paradosso c’è più formaggio. Occorre fare in modo che questo non avvenga». E contesta i prezzi fatti in questi giorni: «Non mi risulta che il prezzo sia ancora 8,50 per il pecorino romano. Con le esagerazioni fare equazioni è semplice. Ipotizzano il latte a 1,21 euro al litro come prezzo ideale? Io mi accontenterei di un euro, e lo dico da allevatore. Che le differenze ci siano è vero. Ma occorre capire il perché dei problemi. Quando ci sono eccedenze, il prodotto viene svenduto. Per le aziende è difficile non farlo, ci sono costi di gestione, c’è da pagare il latte ai soci».
Che può fare Oilos? «Il possibile per stabilizzare il settore. Può indicare come limitare le produzioni, evitandone di nuove se non si sono aperti nuovi mercati. Perché quando si sfora il tetto il mercato va regolarmente nel panico. In Francia a Spagna ci sono riusciti. La base essenziale è sapere quanto latte c’è, qualche passo avanti c’è stato, ma il processo richiede tempo».
Anche Renato Ilotto, presidente della Cooperativa Cao di Oristano, contesta il prezzo di 8,50 euro attribuito al pecorino romano («si dovrebbe guardare la media») e fa presente come il quadro economico, finanziario e politico anche internazionale (prezzo del dollaro, mosse di Trump) non consenta di azzardare previsioni. «E la situazione è diversa per le coop e per i privati, così come per chi punta molto sul romano e chi no, chi vende molto negli Usa e chi meno. Non si può generalizzare». Innegabile comunque le differenza nella crescita dei prezzi: «Lo scorso anno abbiamo pagato il latte 60 centesimi (altri 50), quest’anno siamo partiti con 80. Se c’è da aggiungere, si fa dopo. Non mi fido di pagare un euro: se poi c’è un crollo, che faccio? Mi trovo con tanta produzione che di fatto vale 60? Dovrei ricorrere alle banche per rimediare».
La Regione ha creato lo strumento del pegno rotativo: fa da garante con le banche perché forniscano le liquidità necessarie alle cooperative. «Uno strumento positivo, tutti dovrebbero aderire, nelle difficoltà è una valvola importante. Purtroppo ci si dimentica che non sempre le cose vanno bene».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Per Sabatini «se si continuerà a caricare i costi solo sugli allevatori, non sarà mai possibile uscire dalla condizione di difficoltà in cui versano ormai da anni». Il consigliere afferma che «per contrastare gli sbalzi dei prezzi occorrerebbe differenziare le produzioni e commercializzare più prodotti, i maggiori problemi li ha chi punta prevalentemente sul romano. Gli spazi ci sono». Sabatini afferma poi di non comprendere per quale ragione l’Organizzazione interprofessionale latte ovino sardo (Oilos) taccia sulla questione e non intervenga, anche in considerazione del fatto che nasce proprio con la funzione di contribuire a regolamentare il mercato del latte. Il comparto agropastorale è in forte difficoltà ed è necessario che Oilos verifichi tale situazione, raccolga e riferisca i dati, strumento necessario a i pastori per contrattare alla pari».
Il presidente di Oilos, Salvatore Pala, risponde agli appunti ricordando che «l’organizzazione non è preposta per statuto a decidere prezzi, trovo questa polemica pretestuosa». Ma dare degli indirizzi e organizzare la filiera, questo potrebbe essere fatto: «Oilos – risponde Pala – è stato da poco riconosciuta come personalità giuridica, a breve lo sarà anche dal ministero. Stiamo intraprendendo un cammino faticoso, mettendo insieme i dati delle aziende in modo da poter programmare. Quest’anno c’è meno latte, e come paradosso c’è più formaggio. Occorre fare in modo che questo non avvenga». E contesta i prezzi fatti in questi giorni: «Non mi risulta che il prezzo sia ancora 8,50 per il pecorino romano. Con le esagerazioni fare equazioni è semplice. Ipotizzano il latte a 1,21 euro al litro come prezzo ideale? Io mi accontenterei di un euro, e lo dico da allevatore. Che le differenze ci siano è vero. Ma occorre capire il perché dei problemi. Quando ci sono eccedenze, il prodotto viene svenduto. Per le aziende è difficile non farlo, ci sono costi di gestione, c’è da pagare il latte ai soci».
Che può fare Oilos? «Il possibile per stabilizzare il settore. Può indicare come limitare le produzioni, evitandone di nuove se non si sono aperti nuovi mercati. Perché quando si sfora il tetto il mercato va regolarmente nel panico. In Francia a Spagna ci sono riusciti. La base essenziale è sapere quanto latte c’è, qualche passo avanti c’è stato, ma il processo richiede tempo».
Anche Renato Ilotto, presidente della Cooperativa Cao di Oristano, contesta il prezzo di 8,50 euro attribuito al pecorino romano («si dovrebbe guardare la media») e fa presente come il quadro economico, finanziario e politico anche internazionale (prezzo del dollaro, mosse di Trump) non consenta di azzardare previsioni. «E la situazione è diversa per le coop e per i privati, così come per chi punta molto sul romano e chi no, chi vende molto negli Usa e chi meno. Non si può generalizzare». Innegabile comunque le differenza nella crescita dei prezzi: «Lo scorso anno abbiamo pagato il latte 60 centesimi (altri 50), quest’anno siamo partiti con 80. Se c’è da aggiungere, si fa dopo. Non mi fido di pagare un euro: se poi c’è un crollo, che faccio? Mi trovo con tanta produzione che di fatto vale 60? Dovrei ricorrere alle banche per rimediare».
La Regione ha creato lo strumento del pegno rotativo: fa da garante con le banche perché forniscano le liquidità necessarie alle cooperative. «Uno strumento positivo, tutti dovrebbero aderire, nelle difficoltà è una valvola importante. Purtroppo ci si dimentica che non sempre le cose vanno bene».
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