«Turismo in Sardegna, facciamo sistema e puntiamo sulla qualità»
L’assessora Barbara Argiolas spiega la strategia della Regione per far crescere l’isola
SASSARI. Da magmatico caos a scienza programmata. L’assessore regionale Barbara Argiolas ha un obiettivo preciso. Portare il turismo da una gestione polverizzata e quasi naif a una sistematica scienza dell’accoglienza. L’assessore rompe gli schemi e spazza via etichette consolidate. E fa sintesi sul dibattito portato avanti dalla Nuova Sardegna su turismo e trasporti.
Quale rotta deve seguire il turismo nel’isola?
«La Sardegna nel 2018 si deve interrogare sul tipo di turismo che vuole e come questo può interagire sul sistema del trasporto. L’assessorato al turismo dà il suo contributo lavorando su alcune direttrici fondamentali: nuove offerte capaci di creare nuove stagionalità e affiancarsi al balneare, organizzazione del sistema turismo e attività di promozione che utilizza il trasporto aereo come suo canale privilegiato».
Su quali temi vi indirizzate per attirare turisti?
«Non c’è dubbio che il balneare sia il nostro attrattore principale. Dobbiamo lavorare per allungare la stagione e mettere al centro la qualità dei servizi e dell’offerta. Ma la Sardegna ha un suo tratto originale, il suo patrimonio naturalistico e culturale materiale e immateriale dentro il quale sviluppare nuovi segmenti di turismo. Dal Mibact è arrivata in questi anni la spinta sui borghi e sui cammini, il 2018 sarà l’anno del cibo. Abbiamo qualcosa di importante da dire e offrire su tutti questi temi».
Si parla della necessità di creare nuovi hotel, servono?
«Prima di parlare di nuovi hotel dobbiamo pensare a incrementare il tasso di occupazione e le presenze in quelli esistenti. Magari a un giusto prezzo commisurato al livello del servizio offerto. Consentire loro di ristrutturarsi e adeguarsi agli standard internazionali che cambiano. Ma per farlo dobbiamo ragionare sulla nostra capacità di soddisfare una domanda di viaggio che si posiziona in mesi non proprio legati alla stagione balneare. Una domanda di viaggio capace di convincere gli albergatori a investire e mantenere aperte le strutture. La nostra attratività scende se ci allontaniamo dai mesi estivi. È per questo che ci impegniamo con Comuni, Camere di Commercio e imprese per mettere a sistema e rendere fruibili nuovi attrattori».
Quali politiche vengono fatte?
«Per esempio il bando per la comunicazione nel sistema del trasporto aereo, con cui vogliamo incentivare la destagionalizzazione. Usiamo gli strumenti di comunicazione che il sistema è in grado di assicurare. Misuriamo l’efficacia sulla capacità di collegare i mercati di riferimento. Attivare politiche capaci di costruire nuovi attrattori coinvolge una molti soggetti. Si viene in Sardegna perché ci sono gli hotel a 5 stelle o perché sono inseriti in un contesto paesaggistico e culturale unico? Il tema è ancora una volta la capacità che abbiamo di offrire a target definiti un’offerta chiara ed esclusiva. Penso al segmento del lusso del nord est, ma anche a quello del turismo attivo dell’Ogliastra, al congressuale, allo short break . Siamo una destinazione capace di soddisfare diverse domande di turismo. Dobbiamo metterle insieme, interconnettere i territori e fare una migliore pianificazione. Ecco che allora entra in gioco la Dmo, (destination management organization) istituita dalla nuova legge sul turismo. Sarà regionale ma si declinerà anche nei territori per dare una governance al sistema. Le diverse parti della Sardegna devono ragionare in modo armonico».
Si può parlare di una strategia unica?
«Il turismo è un sistema complesso, una macchina che per funzionare ha bisogno che tutti gli attori, e non sono pochi, ne condividano la strategia e i singoli ruoli. Il turismo non è una fabbrica, ma il risultato di un processo di integrazione di politiche e azioni in cui intervengono Regione, enti locali, imprese, e cittadini. C’è anche il tema della promozione e di come veniamo percepiti. Si deve migliorare il posizionamento sul digitale della Sardegna come destinazione turistica. La Regione lavora su questo, per dare visibilità e riconoscibilità all’isola. Ecco perché prima di attivare campagne di comunicazione e promozione facciamo ricerche sui big data per capire come si muovono i mercati e come vengono scelte le destinazioni: cerchiamo di capire come si muove la domanda e come possiamo rispondere a quella esigenza di viaggio».
Ci deve essere un’unica regia per i tre aeroporti?
«Sono favorevole a un processo di integrazione. Siamo un’isola e abbiamo tre importanti porte di ingresso aeroportuali oltre ai porti. I collegamenti sono una chiave essenziale per fare turismo. E non parlo solo dei collegamenti con l’Italia o il resto del mondo, ma anche di quelli interni. Su questo la giunta Pigliaru investe grandi risorse. E su cui l’assessore ai Trasporti Carlo Careddu ha iniziato un importante processo di riforma».
C’è tanto lavoro da fare. La Sardegna spesso non esiste per gli stranieri.
«È vero, più ci si allontana dai nostri vicini europei meno la Sardegna è nota, ma questo è un fenomeno normale. La Regione lavora per l’internazionalizzazione delle imprese. Penso a quello che è stato fatto per l’internazionalizzazione delle imprese turistiche, e alle missioni all’estero per la promozione anche della filiera agroalimentare. Rispetto ai mercati più lontani che devono essere aperti. La Cina per esempio sta mostra un grande interesse nei nostri confronti anche a seguito della visita del suo premier in Sardegna. A fine anno abbiamo ricevuto la visita di oltre 20 tour operator cinesi che si occupano di lusso. Ci hanno dato indicazioni su come lavorare sul target. Negli Usa per contro si va verso un turismo più colto che cerca cultura, storia e tradizioni. Qui entra in gioco la nostra capacità di offrire qualcosa di diverso. Un’altra Sardegna».
Servono più strutture ricettive?
«Il balneare resta il nostro segmento più forte, per questo il 90% degli hotel è nella fascia costiera. Come ho detto prima più che nuove strutture c’è la necessità di adeguare agli standard internazionali quelle che già esistono. Meglio puntare sul riuso dei beni dismessi. Un modello è quello dei fari e delle ex stazioni che diventeranno hotel di lusso. Ci sono tanti beni demaniali ora nelle mani della Regione e dei Comuni che potrebbero diventare strutture turistiche di pregio. Ma io pongo una domanda diversa. Servono prima gli hotel o il prodotto? L’hotel non è un attrattore, ma è si sicuro indispensabile, per questo la concertazione della strategia è necessaria per convincere gli imprenditori a investire in zone dove per ora il ricettivo non esiste».
In questi mesi si è parlato molto di una emergenza del Nord Ovest. Secondo lei esiste?
«Non credo ci sia una questione Nord Ovest. Alghero è nata prima della Costa Smeralda. La Riviera del Corallo è una delle destinazioni più note e pregiate della Sardegna. Ha una sua forte identità e una sua attrattività. È vero che in questi anni si è fatto forse l’errore di affidarsi a un unico vettore aereo. Che ha lasciato Alghero e si è portato via i suoi clienti. Perché quelli non erano clienti di Alghero, ma di Ryanair. Era il vettore che determinava la destinazione e il prezzo. Al contrario deve essere il territorio il driver della strategia di sviluppo. Ora Alghero inizia di nuovo a fare numeri importanti e con lei tutto il nord ovest. Ma cosa ancora più importante questa parte della Sardegna ripensa il proprio modello. Ci sono imprenditori turistici con grandi capacità, che hanno fatto la storia del sistema ricettivo isolano. Si punta su Alghero e la sua storia, ma anche su un territorio ricco di cultura, archeologia, cultura enogastronomica e i grandi eventi sportivi. La Regione crede nella ripartenza del Nord Ovest e ha investito cifre importanti. Per esempio per il giro d’Italia, partito proprio da Alghero».
Si sostiene che il turismo rappresenti solo il 7 per cento del Pil, secondo lei è così?
«Ritengo che il turismo valga più del 7% del Pil, ma il turismo legato alle seconde case spesso non aiuta a fare calcoli precisi sul gettito e sul reddito, ma si lavora per stime. Sappiamo che per ogni 40mila euro di fatturato che arriva dal turismo si crea un posto di lavoro in più. È su questo che vogliamo puntare. Nuove professionalità, qualificate e preparate».
C’è anche una realtà sommersa.
«È vero, e rappresenta numeri importanti del nostro turismo. Nella legge sul turismo abbiamo cercato di introdurre in accordo con le associazioni di categoria un nuovo sistema di controlli. Siamo i primi in Italia ad avere introdotto lo “Iun”, un codice che identifica le strutture extralberghiere. Ma abbiamo anche i controlli affidati al Corpo forestale».
Lei più di tutti gli altri assessori ha fatto della valorizzazione turistica delle zone interne una priorità
«Sono convinta che le zone interne siano fondamentali per creare nuove stagionalità. Con la loro storia, natura, cultura, tradizioni rappresentano le espressioni più autentiche della nostra isola. Dobbiamo migliorare la loro accessibilità e la capacità ricettiva. Un processo che deve andare di pari passo con il miglioramento dell’offerta. Il turismo e l’economia generata può contribuire a combattere lo spopolamento. Certo non possiamo parlare di politiche turistiche se non attiviamo prima politiche che consentano alle comunità di stare nei propri territori. Su questo la giunta lavora con grande attenzione. Con politiche mirate. Per esempio l’impegno sul cablaggio digitale di tutti i Comuni, il piano di rilancio del Nuorese. Ma sono i Comuni e i sistemi territoriali che contribuiscono a definire nuove offerte, penso per esempio alla candidatura di Nuoro a capitale italiana della cultura. Riguarda tutto il territorio e non solo la città. Penso al programma di Autunno in Barbagia, ai carnevali e a tutte le attività legate al turismo attivo e alla montagna. Non esistono ricette magiche, ma se si mette al centro il concetto di sostenibilità con un duro lavoro di condivisione i risultati arrivano».