La Nuova Sardegna

Inchiesta aste truccate a Tempio, esposto contro Fiordalisi

di Tiziana Simula
Il tribunale di Tempio
Il tribunale di Tempio

Un magistrato indagato chiama in causa l’ex procuratore, avvocati e finanzieri. Nel mirino il fallimento della società di Ragnedda e i rapporti con la vedova

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TEMPIO. Dietro le quinte sull’inchiesta delle aste pilotate nel tribunale di Tempio emerge un clamoroso retroscena. Fra le migliaia di pagine del fascicolo giudiziario sulla presunta turbativa d’asta per la vendita della villa dell’imprenditore arzachenese Sebastiano Ragnedda, finita nel mirino della Procura di Roma, spuntano sei mail che getterebbero una luce ambigua sull’intero procedimento e sui rapporti fra l’ex procuratore della Repubblica di Tempio Domenico Fiordalisi e alcune persone coinvolte nella vicenda, a cominciare dalla vedova di Ragnedda, Patricia Alejandra Gomez, diventata, dopo la morte del marito, legale rappresentante della Cavallino Bianco srl, società proprietaria dell’area su cui sorge la villa (la Rebus è invece proprietaria dell’immobile).

Dalla sua denuncia (datata 13 aprile 2016) sulle presunte anomalie nella procedura di vendita all’asta, è partita l’inchiesta giudiziaria da parte della procura di Tempio, passata successivamente a quella di Roma. A scovare le sei mail nel voluminoso fascicolo sul procedimento della turbativa d’asta è stato uno dei sei magistrati indagati, l’ex presidente del tribunale di Tempio ed ex presidente della corte d’Appello di Sassari Francesco Mazzaroppi – ritenuto nell’inchiesta il “regista” dell’asta pilotata – il quale ha presentato un dettagliato esposto alla procura di Tempio e alla procura generale presso la Corte di Cassazione. Nell’esposto, Mazzaroppi produce le mail dalle quali emergerebbe un rapporto molto confidenziale tra la Gomez, il suo avvocato Marina Pirina, la sua commercialista Stefania Ciudino da una parte, e il maresciallo della sezione di polizia giudiziaria della guardia di finanza presso la procura di Tempio, Marcello Gaviano, braccio destro dell’ex procuratore Domenico Fiordalisi.

Nelle mail si legge che la Gomez e l’avvocato Pirina chiamavano il procuratore Fiordalisi “capo”, “capissimo”, “zio”, “zio Mimì”. E che la Gomez si rivolgeva al maresciallo Gaviano dandogli del “carissimo”. Il dato clamoroso che emerge dalle carte sottoposte all’esame del Procuratore di Tempio, Andrea Garau, è che l’accusatrice, quella che con la sua denuncia fece scattare l’inchiesta, ovvero la Gomez, dovesse già assumere in quel periodo la veste di indagata nel reato di bancarotta nel fallimento della Cavallino Bianco. Il curatore fallimentare della società, Giancarlo Fenu, aveva infatti già segnalato alla Procura di Tempio fatti circostanziati dai quali evincere la responsabilità della Gomez, la quale era stata sorpresa da un testimone sottrarre documenti dall’ufficio e dalla cassaforte della Cavallino Bianco.

Le relazioni del curatore inoltrate al Giudice delegato e da quest’ultimo alla Procura, insieme ai documenti allegati all’esposto, hanno consentito di accertare fatti di rilevanza penale a carico dell’ex procuratore Fiordalisi, del suo braccio destro, il maresciallo Marcello Gaviano, dell’avvocato Marina Pirina, della consulente Stefania Ciudino e della ex amministratice della Cavallino Bianco, Alexandra Gomez. Ma i colpi di scena non sono finiti. Dalla lettura dell’esposto e delle carte allegate, emergerebbe il sospetto di una responsabilità del pm romano Stefano Rocco Fava (nell’esposto indicato come amico di Fiordalisi), tanto che il procuratore di Tempio, Garau, ha trasmesso gli atti alla Procura di Perugia competente a indagare sui reati commessi dal magistrato romano.

A Fava viene contestata – come a Fiordalisi – una condotta omissiva tesa a favorire l’occultamento, da parte della Gomez dei documenti e dei valori riconducibili al fallimento della Cavallino Bianco. Né il primo, né il secondo magistrato, così emerge dall’esposto, si sarebbero attivati per tempo per consentire di recuperare i documenti contabili della società fallita. Il clamoroso esposto è stato inoltrato al procura generale presso la Corte di Cassazione competente a promuovere un’apposita azione disciplinare contro i magistrati coinvolti, Domenico Fiordalisi e Stefano Rocco Fava.


 

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