La Nuova Sardegna

Rwm, Pigliaru alza la voce: l’isola non è terra di bombe

Alessandro Pirina
Rwm, Pigliaru alza la voce: l’isola non è terra di bombe

Il governatore: prima i diritti umani, il governo vieti la vendita di armi all’Arabia. Sulle possibili ripercussioni occupazionali: puntare sui mercati dei nostri alleati

10 luglio 2018
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SASSARI. La Sardegna non vuole essere complice degli Stati che bombardano i civili. Francesco Pigliaru lo dice chiaro e tondo. Sulla vicenda Rwm, la fabbrica di bombe di Domusnovas, il governatore ha deciso di prendere una posizione netta: il governo Conte deve fare valere la risoluzione del Parlamento europeo che vieta la vendita di armamenti a Stati belligeranti accusati dall’Onu di violazioni di diritti civili. Tra questi c’è anche l’Arabia Saudita, uno dei principali destinatari - per ammissione dello stesso amministratore Fabio Sgarzi, - delle commesse della fabbrica di Domusnovas. «Capiamo bene che Rwm nel Sulcis significa occupazione, così come prendiamo atto dell’impossibilità di progetti di riconversione dichiarata dall’azienda – dichiara Pigliaru – ma non vogliamo che la Sardegna sia identificata come terra da cui partono armamenti utilizzati in scenari di guerra nei quali si coinvolgono popolazioni civili e che nulla hanno a che fare con le esigenze di difesa del nostro Paese o dei nostri alleati occidentali. Anche la produzione e l’uso di armamenti deve aver luogo nelle consapevolezza che i diritti umani vengono prima di qualunque altra cosa. È necessario che si trovino soluzioni che destinino la produzione di armi localizzata in Sardegna a finalità coerenti con la nostra Costituzione in generale, e con le risoluzioni adottate dal Parlamento Ue in tema di esportazioni di armamenti verso l’Arabia Saudita in particolare»

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Insomma, Pigliaru entra a gamba tesa sulla questione Rwm, proprio nel momento in cui la società ha lanciato una sorta di ultimatum al Comune di Iglesias: o arriva il via libera per l’ampliamento o saremo costretti a lasciare la Sardegna. Un’ipotesi che il governatore vuole scongiurare, anche perché la fabbrica dà lavoro a circa 350 persone, che potrebbero diventare 500 con il raddoppio dello stabilimento. Ma i diritti umani vengono prima di ogni altra cosa e così si rivolge al governo Conte perché ordini l’embargo alla vendita delle armi all’Arabia. Cosa che il governo Gentiloni targato Pd come la giunta regionale non volle mai fare. Anzi, l’allora ministra Roberta Pinotti, più volte sollecitata a intervenire sulla questione, disse che era tutto in regola. Ora, però, la Sardegna ha deciso di alzare la voce. «Il Parlamento europeo ha più volte indicato l’Arabia Saudita come un Paese verso il quale adottare un embargo all’esportazione di armi da parte degli Stati europei», prosegue Pigliaru. In particolare il governatore fa riferimento alla risoluzione del settembre 2017 con cui il Parlamento ha chiesto alla Commissione il potenziamento del controllo sull’esportazione delle armi, la richiesta dell’istituzione di una autorità Ue e la previsione di sanzioni per gli Stati membri che non rispettano la posizione comune. Di qui l’invito a Federica Mogherini, “ministra” degli Esteri della Ue, a imporre un embargo sulle armi nei confronti dell’Arabia Saudita. «Alcuni Paesi hanno comunque deciso di non aspettare – dice ancora Pigliaru – e hanno attivato autonomamente l’embargo. Tra questi c’è la Germania, l’azionista di Rwm. Chiediamo che ora lo faccia anche il governo italiano».

Alla richiesta di embargo Pigliaru ne accompagna una seconda al governo che riguarda l’occupazione. «Per quanto riguarda la salvaguardia dei posti di lavoro in un territorio che di lavoro ha estremo bisogno, non ci limitiamo a rivendicare generiche forme di riconversione, ma chiediamo l’impegno specifico del governo a favorire la ricollocazione dell’intera produzione localizzata in Sardegna avendo come riferimento l’importante mercato rappresentato dai Paesi europei e dai nostri più stretti alleati e dalla loro necessità di rinnovare e adeguare i propri stock di armamenti ai fini della difesa dei propri confini. Chiediamo cioè che venga garantita la capacità produttiva e quindi l’occupazione dello stabilimento di Domusnovas. Lo chiediamo al Governo, ma lo chiediamo anche al nostro Parlamento, che ogni anno riceve una relazione sull’esportazione di armi. Ogni partita – conclude – va giocata dentro le regole e quelle più importanti sono scritte nelle Costituzione, che ci impegna a ripudiare la guerra».
 

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