Raccolta dei funghi in Sardegna, boschi e campagne nel caos
di Claudio Zoccheddu
Tensioni tra appassionati e agricoltori. L’esperto: «Siamo l’unica regione senza una norma specifica»
02 settembre 2018
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SASSARI. Per alcuni è un passatempo, per altri una passione, per altri ancora una possibilità in più per arrivare a fine mese riuscendo a sbarcare il lunario. Per tutti, però, la raccolta dei funghi è una gigantesca lavagna vuota su cui ognuno può scrivere quel che vuole. Perché l’educazione non si compra al mercato, compresa quella ambientale, ma soprattutto perché la Sardegna è l’unica regione italiana in cui non esiste una legge che regola la raccolta dei funghi. E i risultati sono sotto gli occhi di tutti: campagne assediate dai raccoglitori, liti giornaliere con gli agricoltori e gli allevatori e, infine, episodi di violenza che spostano l’asticella del rispetto ambientale un po’ più in alto, trasformando la questione in un problema di ordine pubblico.
L’esperto. Il micologo Renato Brotzu spiega il suo punto di vista partendo dal vuoto normativo: «In assenza di regole non esiste una verità e la mancanza di tutele ha creato un limbo in cui chiunque può fare quello che vuole. Siamo l’unica regione che non ha regolamentato la raccolta dei funghi, che invece devono essere tutelati insieme all’ambiente in cui crescono». Non esistono regole, dunque, e quindi ognuno segue le sue: «Il problema è proprio questo perché tutti fanno quello che credono giusto fare e non sempre si tratta della scelta migliore – spiega ancora Brotzu –. Personalmente ho visto di tutto: reti metalliche abbassate per poterle scavalcare, cancelli aperti nonostante le bestie al pascolo. È ovvio che poi chi lavora in campagna perde la pazienza e alla fine capita quel che capita».
L’allarme. Eppure non sono mancate le proteste, anche disordinate e fuori dalle righe. L’esempio lo fornisce lo stesso Brotzu: «Decine di sindaci hanno emanato ordinanze che alla prova del nove si sono spesso rivelate illegittime. Eppure chi avrebbe dovuto ascoltare le richieste d’aiuto ha fatto spallucce e i problemi sono rimasti, e sembra che siano destinati a rimanere ancora per molto tempo». Le piogge di un agosto particolarmente umido hanno spostato il problema un po’ più avanti nel tempo rispetto agli autunni, genericamente visti come periodi ottimali per la “caccia” ai funghi. L’improvvisazione in cui si muovono centinaia, forse migliaia, di raccoglitori è rimasta ovviamente la stessa. Così come i rapporti con i proprietari delle terre in cui è già iniziata la “caccia”.
La legge. È un’assente ingiustificata ma un tentativo c’è stato, anche se alla fine si è perso tra i banchi del consiglio regionale. Tra gli esperti che hanno prestato la loro competenza c’era anche Renato Brotzu: «Per quanto mi riguarda credo di aver capito che i politici non la vogliano fare perché si tratterebbe di un legge impopolare – spiega –. Invece è quanto mai necessario regolare le quantità, occuparsi della tutela del territorio e soprattutto imporre l’obbligo di tesserare i raccoglitori, solo in questo modo sarebbe possibile organizzare i corsi di aggiornamento necessari per tutti quelli che si avventurano in campagna». Il primo tentativo, però, è naufragato: «La commissione regionale aveva chiesto una mano per la stesura della legge, io avevo accettato di buon grado e mi ero messo a disposizione fino ad arrivare al punto di presentare una proposta che, una volta arrivata in aula, rischiava di essere stravolta». I politici, infatti, avevano intenzione di apportare diverse modifiche e al documento prodotto dagli esperti: «Si parlava di escludere dall’obbligo del tesseramento i raccoglitori sopra i 65 anni – ricorda Brotzu –. Una scelta singolare dato che le statistiche dicono che i raccoglitori più assidui, e anche quelli che hanno più tempo a disposizione, sono compresi nella fascia d’età tra i 58 e 70 anni. C’era stata anche la richiesta di escludere dal tesseramento i residenti nei comuni montani». In ogni caso, il problema non è mai diventato un caso istituzionale perché la legge non è mai uscita dal consiglio regionale e la Sardegna è rimasta l’unica regione italiana in cui la raccolta dei funghi non ha alcuna regola.
L’esperto. Il micologo Renato Brotzu spiega il suo punto di vista partendo dal vuoto normativo: «In assenza di regole non esiste una verità e la mancanza di tutele ha creato un limbo in cui chiunque può fare quello che vuole. Siamo l’unica regione che non ha regolamentato la raccolta dei funghi, che invece devono essere tutelati insieme all’ambiente in cui crescono». Non esistono regole, dunque, e quindi ognuno segue le sue: «Il problema è proprio questo perché tutti fanno quello che credono giusto fare e non sempre si tratta della scelta migliore – spiega ancora Brotzu –. Personalmente ho visto di tutto: reti metalliche abbassate per poterle scavalcare, cancelli aperti nonostante le bestie al pascolo. È ovvio che poi chi lavora in campagna perde la pazienza e alla fine capita quel che capita».
L’allarme. Eppure non sono mancate le proteste, anche disordinate e fuori dalle righe. L’esempio lo fornisce lo stesso Brotzu: «Decine di sindaci hanno emanato ordinanze che alla prova del nove si sono spesso rivelate illegittime. Eppure chi avrebbe dovuto ascoltare le richieste d’aiuto ha fatto spallucce e i problemi sono rimasti, e sembra che siano destinati a rimanere ancora per molto tempo». Le piogge di un agosto particolarmente umido hanno spostato il problema un po’ più avanti nel tempo rispetto agli autunni, genericamente visti come periodi ottimali per la “caccia” ai funghi. L’improvvisazione in cui si muovono centinaia, forse migliaia, di raccoglitori è rimasta ovviamente la stessa. Così come i rapporti con i proprietari delle terre in cui è già iniziata la “caccia”.
La legge. È un’assente ingiustificata ma un tentativo c’è stato, anche se alla fine si è perso tra i banchi del consiglio regionale. Tra gli esperti che hanno prestato la loro competenza c’era anche Renato Brotzu: «Per quanto mi riguarda credo di aver capito che i politici non la vogliano fare perché si tratterebbe di un legge impopolare – spiega –. Invece è quanto mai necessario regolare le quantità, occuparsi della tutela del territorio e soprattutto imporre l’obbligo di tesserare i raccoglitori, solo in questo modo sarebbe possibile organizzare i corsi di aggiornamento necessari per tutti quelli che si avventurano in campagna». Il primo tentativo, però, è naufragato: «La commissione regionale aveva chiesto una mano per la stesura della legge, io avevo accettato di buon grado e mi ero messo a disposizione fino ad arrivare al punto di presentare una proposta che, una volta arrivata in aula, rischiava di essere stravolta». I politici, infatti, avevano intenzione di apportare diverse modifiche e al documento prodotto dagli esperti: «Si parlava di escludere dall’obbligo del tesseramento i raccoglitori sopra i 65 anni – ricorda Brotzu –. Una scelta singolare dato che le statistiche dicono che i raccoglitori più assidui, e anche quelli che hanno più tempo a disposizione, sono compresi nella fascia d’età tra i 58 e 70 anni. C’era stata anche la richiesta di escludere dal tesseramento i residenti nei comuni montani». In ogni caso, il problema non è mai diventato un caso istituzionale perché la legge non è mai uscita dal consiglio regionale e la Sardegna è rimasta l’unica regione italiana in cui la raccolta dei funghi non ha alcuna regola.