Beppe Pisanu: «La mafia nigeriana ha messo radici: Sardegna in pericolo»
L'ex ministro degli Interni denuncia la presenza nell'isola di organizzazioni criminali. «Droga e racket, il centro storico di Sassari ad alto rischio: un patto per salvarlo»
SASSARI. A Sassari ma anche a Cagliari la criminalità nigeriana ha già messo radici. La "quinta mafia" - come è stata battezzata - è specializzata nel traffico di droga (gestisce quasi in esclusiva il mercato dell'eroina gialla) e di essere umani, sfruttamento della prostituzione e del racket delle elemosine. "Cult" li chiamano, prevedono riti di iniziazione e hanno gerarchie molto rigide, sono l'evoluzione di confraternite nate nelle università nigeriane negli Anni 60.
«Già quindici anni fa gli analisti dei nostri servizi di sicurezza, della polizia e dei carabinieri parlavano di una mafia nigeriana che si stava organizzando in Italia. Nel 2011 l'ambasciatore nigeriano a Roma lanciò l'allarme. Avevano cominciato come spacciatori e via via si sono resi autonomi dai vecchi fornitori italiani (le nostre mafie) procurandosi direttamente la droga sul mercato internazionale. E mi pare chiaro che queste organizzazioni criminali nigeriane siano presenti a Sassari. È così, purtroppo, con l'aggravante che nel centro storico si coglie anche la tendenza evidente a controllare porzioni di territorio urbano, caratteristica questa specificamente mafiosa».
Beppe Pisanu, 81 anni, ministro dell'Interno dal 2002 al 2006, presidente della Commissione parlamentare antimafia dal novembre 2008 fino al 14 marzo del 2013, è uno che il centro storico sassarese lo vive. «Ci vado a passeggiare quasi tutti i giorni, mi piace girare per i vicoli: osservo e mi rendo conto. Ho seguito il dibattito che la Nuova Sardegna ha suscitato». E l'ex ministro dell'Interno ha la sua tesi: «Guardi, le dico che l'intreccio pericoloso tra decadenza economico-sociale, immigrazione irregolare e penetrazione criminale può trasformare il centro storico sassarese in un ghetto multietnico a tasso crescente di illegalità. E dico "può", perché siamo ancora in tempo per evitare questa sciagurata deriva».L'analisi è serena, mai disfattista e sempre con quel filo di speranza che lascia aperto lo spiraglio per un futuro migliore.
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