La Nuova Sardegna

Aquila del Bonelli uccisa a Giba da una fucilata

di Sergio Secci
Aquila del Bonelli uccisa a Giba da una fucilata

Liberata nel parco di Tepilora un anno fa con altre quattro all’interno di un progetto di ripopolamento

02 ottobre 2019
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BITTI. Un anno fa fu liberata nel parco di cui portava il nome, Tepilora, Nei giorni scorsi il giovane esemplare di Aquila del Bonelli introdotta insieme ad altre quattro grazie al progetto europeo di ripopolamento della specie estinta nei primi anni Ottanta, Aquila a-Life, è stato ucciso nel territorio di Giba, nel Sulcis, da una rosa di pallini che non gli ha lasciato scampo. Un atto gratuitamente crudele e criminale nella sua inutilità che ha suscitato orrore e sdegno in tutta la Sardegna. I cacciatori regolari sembrerebbero scagionati: il transponder, il dispositivo elettronico di cui era dotato l’animale per essere seguito nei suoi spostamenti, si è fermato sabato, giorno di silenzio venatorio. Sotto accusa potrebbe esserci quindi un bracconiere o un allevatore. A indaginare è il Corpo forestale regionale.

A Bitti e nei centri dove è partito il progetto per reintrodurre l’Aquila del Bonelli, c’è sgomento. «Non ci sono parole adeguate – dice il presidente del parco di Tepilora, Roberto Tola – Tra l’altro è stato ucciso un esemplare che è stato introdotto lo scorso anno che si era inserito bene nell’ambiente. Ora la speranza è che venga individuato il responsabile e che tali atti non si ripetano più. Importate la levata di scudi da parte dei rappresentanti del mondo venatorio che hanno condannato pesantemente l’accaduto. Il progetto di reintroduzione di questo importante rapace va avanti, ma serve il sostegno di tutti per far sì che l’Aquila del Bonelli torni a volare liberamente nei nostri cieli».

Senza parole gli operai di Forestas nei boschi di Crastazza che avevano adottato gli esemplari cresciuti all’interno della voliera e arrivati dalla Spagna. «Credo che sia importante non generalizzare e spero che si tratti di un fatto circoscritto – dice il sindaco di Bitti, Giuseppe Ciccolini – la condanna è netta, ma bisogna assolutamente andare avanti nel progetto. Al di là del fatto increscioso, sul quale mi auguro sia fatta chiarezza, Aquila a-Life sta andando bene, bisogna incoraggiarlo e sostenerlo insistere sulla sensibilizzazione per abbattere questi steccati culturali». Duro anche il commento del primo presidente del parco baroniese, Graziano Spanu: «Sono allibito e amareggiato, una notizia che si commenta da sola, un gesto incivile».

L’avventura di Tepilora in Sardegna è nata sotto una cattiva stella: subito dopo la liberazione un anno fa assieme alle coetanee Abbaluchente, Helmar, Saccaia e Nurasè , ancora giovanissima e inesperta, finì in un canneto a Muravera e dopo il recupero fu affidata a un centro specializzato per le cure. Peggio andò per Saccaia: ad aprile morì folgorata dai cavi dell’alta tensione nella piana di Ottana. A Tepilora i rapaci erano arrivati allo stato di pulli dalla Spagna e poi liberati lo scorso anno dalla voliera di Crastazza, che contiene ora altri cinque esemplari più giovani . Si pensava che i pericoli fossero solo linee elettriche e pale eoliche, ma sembrava difficile che potesse essere l’uomo ad attentare alla vita di questi animali.

«Una notizia che fa male – commenta l’ambientalista Claudia Basciu del Grig – perché, insieme al povero rapace, muoiono (quasi) tutte le speranze di concretizzare finalmente una convivenza pacifica tra i sardi e le specie in via d’estinzione» spiegando che oltre all’obiettivo di « reintrodurre l’Aquila del Bonelli (o Aquila fasciata), classificata in pericolo critico di estinzione in Italia, nel Mediterraneo occidentale» c’era anche quello dichiarato di «aumentare il rispetto della società nei confronti dell’Aquila del Bonelli in particolare, e dei rapaci in generale».

Se sono tante le persone rispettose della natura, purtroppo «i sardi già in passato manifestarono la loro scarsa simpatia verso i rapaci, in occasione del tentativo di reintroduzione del Gipeto nel Supramonte di Orgosolo. In quel caso furono i poveri Balente, Sandalia e Ros’e Monti, tre Gipeti di tre mesi, a sperimentare sulle proprie penne la meschinità di qualcuno, uccisi con dei bocconi avvelenati» ricorda il Grig. Quindi un appello «rivolto direttamente alle Aquile: volate via, amiche care, finché siete in tempo, perché noi non possiamo fare nulla davanti alla stupidità umana».



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