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Lo Zen e l'arte della «ciogga minudda»

Luigi Soriga
Lo Zen e l'arte della «ciogga minudda»

Gara tra mangiatori di lumachine alla "Rinnovata Taverna Bellieni": due concorrenti per squadra, seduti a tavolino uno di fronte all'altro, una ciotola piena di lumache, un'altra vuota per depositare i gusci ripuliti. E giudici cronometristi.  Con questo articolo, nel 2008, "La Nuova" raccontò la nascita della competizione

06 agosto 2015
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Con questo articolo, del 2008, "La Nuova" raccontò la nascita (o la rinascita) della competizione

SASSARI. Il sassarese doc, quando nasce succhia il latte, subito dopo impara a ciucciare le lumachine. Fa parte del suo corredo cromosomico, è un destino al quale non può sottrarsi. Non è un caso che i pozzi medioevali ritrovati sotto la pelle della città abbiano custodito per secoli, assieme alle solite anfore, anche i gusci delle lumache sapientemente ciucciate dai nostri avi. Solo che dal 1400 in avanti, nei testi di storia e nelle pagine di Enrico Costa, non esiste traccia di una gara di 'ciogga minudda".

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L'hanno organizzata due sere fa, in un caratteristico caffè a due passi da Piazza d'Italia, chiamato la 'Rinnovata Taverna Bellieni". «Mi ero rotto le scatole di sentire la gente bisticciare per la ciogghita - dice Lillo Carboni - si cucina cosi, no, si fa in quest'altro modo. Oppure: si mangiano cosi, no, la tecnica è un'altra. Mi sono detto: vabbè, vediamo una volta per tutte chi ha ragione. Vediamo chi è il più bravo».

Due concorrenti per squadra, seduti a tavolino uno di fronte all'altro: una ciotola piena di lumache, un'alra vuota per depositare i gusci ripuliti. Gareggiano quattro squadre alla volta, e i giudici cronometristi prendono il tempo: 3 minuti per far fuori più lumachine possibili e lasciare il mucchietto nel piattino vuoto. Poi ci penserà il geometra Quirico Chessa a contarle, gran juri pignolo, col martelletto in mano, che spacca i gusci a uno a uno e controlla che all'interno siano lucidi lucidi.

Ventun squadre ai nastri di partenza ma sin dagli ottavi la coppia 'Ciogga Rally" di Giuseppe Oldani e Michele Perra fa capire che l'arte della ciogghita non si può improvvisare. «Noi andiamo a raccoglierle, abbiamo grande esperienza di spuntini alle spalle».

Quando il cronometro si ferma, dopo 3 minuti di apnea, sul loro piattino è cresciuto un muretto a secco di 127 gusci vuoti. Centinaia di persone posano per un attimo la birretta, e usano la mano prensile per applaudire: il sassarese è razza sensibile e orgogliosa; di fronte a una simile padronanza della tradizione, rimane estasiato. Il mangiatore di «ciogghita» a cotanta sapienza ci arriva per gradi.

Il sibilo del risucchio lo percepisce in età prenatale, perché non è detto che la mamma incinta rinunci al richiamo del gasteropodo con l'aglio e il peperoncino. Da bambino osserverà genitori e zii, riuniti per ore attorno a pranzi interminabili, esibirsi in quel gesto rapido del mordi e succhia. E non vedrà l'ora che anche a lui spunti il primo dentino per imitarli. Poi c'è la grande scuola di Platamona, i pranzi in pineta tra tende e barbeque fumanti e i cimiteri di gusci lasciati ai posteri.

Ma esistono anche doti fisiche che contraddistinguono il mangiatore perfetto. Il dente prima di tutto. Il canino aguzzo è fondamentale, deve essere come quello del polpo. Tagliente come il diamante sul vetro. Il culo della lumachina tocca la punta del dente, si apre il foro che crea il passaggio d'aria per il risucchio. Il resto è rumore soave, due ciucciate secche, e poi il vuoto.

Il consigliere comunale Dolores Lai, che nelle settimane scorse aveva fatto preparazione nella spiaggia delle Saline, in gara ha sfoderato uno stile interessante: testa bassa, mano destra piena, la sinistra a portare alla bocca, ritmo serrato, rumore deciso. In coppia con la zia nella finale è riuscita a collezionare 68 gusci in 2 minuti e il secondo posto. «Non bisogna insistere quando trovi la ciogghita bastarda: mollala - suggerisce un concorrente al compagno - se non esce alla terza ciucciata passa all'altra».

I timidi che non vogliono fare rumore, quelli che indugiano con le papille gustative, quelli che hanno paura di sporcarsi col sughetto, quelli che nella carta d'identità non hanno scritto Sassari, non vanno lontano. In 3 minuti alcuni si fermano a 39 gusci vuoti, tra la disapprovazione generale. Invece Giuseppe Oldani e Michele Perra hanno un altro passo e non perdono un colpo, quasi ispirati da un navigatore invisibile. Svuotano la prima ciotola e riempiono la seconda come lavorassero in una catena di montaggio. 73 lumachine divorate in 2 minuti: il trofeo ciogghita d'oro è conquistato, e con lui anche un posticino nella storia.

L'indomani mattina, alla Taverna Bellieni, dei 25 chili di lumache finite in pentola non c'è traccia. Però tutti parlano della gara, si prendono in giro, hai visto come succhiava quello e come ciucciava quella, e si pensa già in grande, al campionato in piazza dell'anno prossimo, con maxischermo, banda musicale e fuoriclasse della ciogga presi da tutti i quartieri. Quasi meglio del Palio di Siena. (ha collaborato Daria Pinna)

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