Sassari, due anziani “sequestrati” da quattro mesi in ospedale
Sono ricoverati in Lungodegenza ma potrebbero essere dimessi: le famiglie non possono gestirli e le Rsa non li accettano
SASSARI. Non siamo ancora al sequestro di persona, ma poco ci manca. Per due pazienti però l’ospedale è diventato una seconda casa, dal momento che ormai ci vivono chi da maggio e chi da agosto. La cosa triste è che potrebbero tranquillamente essere dimessi già da due mesi, perché la situazione clinica è stabilizzata. Solo che uno non ha la famiglia alle spalle; l’altro invece i parenti ce li avrebbe anche, ma non sono in grado di gestire a domicilio la sua malattia. Resterebbe la soluzione delle residenze sanitarie assistite, ma anche in questo caso c’è sempre qualche intoppo e le porte restano chiuse. Quindi un uomo di 77 anni e un altro di 80, dovranno restare chissà quanto ancora in quel limbo, a metà tra la cura e il parcheggio, chiamato “Lungodegenza”.
Stiamo parlando di due storie simbolo, perché casi come questo si ritrovano puntualmente in altri reparti dove la macchina dell’assistenza entra in una sorta di stand-by, tipo le Medicine, o la Clinica medica, e dove pazienti potenzialmente abili e arruolati alla vita, sono invece costretti a un ricovero forzato perché non hanno campo di atterraggio. E dire che i posti letto per i post acuti (26 in Lungodegenza) sono oro colato nella sanità sassarese. Un approdo per chi esce dai 756 posti dei reparti per acuti. E basta osservare la proporzione dei numeri, 26 a fronte di 756, per capire che l’ospedale non potrebbe affatto permettersi il lusso di tenere così a lungo degli ospiti.
A dirla tutta i due anziani non si trovano nemmeno così male, perché sono curati e coccolati. Non sono ancora autosufficienti, restano entrambi allettati, però la testa cammina eccome, e sono lucidi e presenti. All’inizio non vedevano l’ora di lasciare l’ospedale, ora si sentono un po’ a casa. Solo che un reparto non è fatto per viverci, dovrebbe essere un pit-stop esistenziale per riparare e ripartire. Stanze e corridoi sono pieni di virus, come ogni luogo frequentato da tanta gente, per di più con problemi di salute. Anche i due anziani sono affetti da clebsiella, e dunque gestiti in una sorta di parziale isolamento. Questa complicazione naturalmente rende ancora più difficile le dimissioni e l’accettazione in un’altra struttura di riabilitazione.
Per uno di loro è intervenuto l’avvocato Desirè Martinelli, nella veste di amministratore di sostegno. «Il 18 ottobre ho chiesto che il paziente venisse preso in carico da una delle due Rsa presenti in città – spiega l’avvocato – ma non c’è stato alcun riscontro. Allora due settimane fa ho presentato istanza alla Ats, sulla base del diritto alla trasparenza, per conoscere le ragioni di questo incomprensibile stallo. Anche in questo caso ancora nessuna risposta». Ufficiosamente non ci sarebbero posti disponibili: si tratterebbe di ospitare due utenti classificati come “media intensità”, cioè allettati e non terminali. Ma con l’aggravio della positività al virus della klebsiella, che prevede l’isolamento per una distanza di un metro e una serie di accortezze, tipo guanti e mascherina, per chi viene a contatto. Quindi una gestione più complicata e onerosa.
I posti disponibili nelle rsa di Piandanna (San Nicola), e via Carlo Felice (Matida), non sono sufficienti a soddisfare la domanda del territorio. E quando i letti sono liberi, talvolta mancano i soldi per occuparli. Infatti se i costi per un paziente ad alta intensità (fine vita) sono interamente coperti dall’Asl, quelli a media intensità sono divisi a metà tra il pubblico e la famiglia. Facciamo due conti: le spese mensili si aggirano sui 4800 euro, 2400 li copre la Regione, altri 1000-1200 arrivano dalla pensione e invalidità del paziente, ma il resto è sulle spalle di figli e parenti. Quanti si possono permettere di devolvere mezzo stipendio per le cure di un genitore? Tanto più che il Comune di Sassari ha grosse difficoltà a integrare le rette. Ed ecco spiegato perché, troppo spesso, i reparti di post acuzia, “assumono” pazienti a tempo indeterminato.