Psd'Az: «Noi e la Lega? Giusto così. Proteste insignificanti»
Luca Rojch
Il segretario dei sardisti Cristian Solinas esalta l’accordo elettorale con il Carroccio di Salvini: «Abbiamo gli stessi ideali e un programma condiviso per la crescita dell’isola»
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SASSARI. Accusato di parricidio. Di avere svenduto la storia antica del Partito sardo d’Azione per una manciata di poltrone in parlamento. Christian Solinas affronta la fronda di petto. «Sono una modesta fazione, più rumorosa che consistente». Nessuna paura che la base non digerisca l’accordo con la Lega di Salvini. Al contrario Solinas è certo che la decisione di allearsi col Carroccio porterà nuova linfa ai sardisti, e sia solo l’inizio di una naturale collaborazione tra due partiti che hanno l’indipendenza nel dna. E pazienza se qualche padre nobile, come Emilio Lussu, lo sguardo a destra del partito forse non lo digerirebbe.
Segretario, soddisfatto dell'accordo con la Lega?
«Dopo decenni di marginalità e subalternità i grandi temi del sardismo e il Partito Sardo d’Azione riconquistano centralità nel dibattito politico e saranno rappresentati in Parlamento. Questo è un accordo di grande rilevanza. Riafferma la libertà delle scelte del partito e rompe il giogo delle scelte obbligate ed eterodirette. Ma anche una giustificazione culturale. Si innesta nel solco della tradizione federalista e mette al centro le cose da fare per la Sardegna».
Salvini ha detto che l'accordo andrà oltre il 4 marzo, lui vorrebbe farlo diventare strutturale, lei è d'accordo?
«L'accordo prevede l'impegno a realizzare dopo il 4 marzo i punti del programma che sottoscriveremo mercoledì a Cagliari. Il fatto che duri è una garanzia. Oggi, se guardiamo al panorama politico complessivo in modo obiettivo, la Lega è il più grande partito federalista. È quello e che rivendica maggiori poteri di autogoverno per i territori. Ha fatto suoi i valori e le riflessioni propri del primo sardismo di Bellieni, Cova, Deffenu e Vitale Cao».
Sempre Salvini ha auspicato che sotto l'ombrello della Lega e per mezzo del Psd'Az si coagulino le forze indipendentiste sarde. Secondo lei è possibile?
«L'idea sardista di indipendenza non significa isolamento né autarchia. Vogliamo essere nel mondo con la nostra identità e una soggettività riconosciuta con pari dignità nel resto del consesso internazionale. È un percorso che ha bisogno di diversi passaggi, a partire dalla costruzione di un'indipendenza economica e culturale dell’isola. Per questo è impensabile chiudersi in se stessi e rinnegare a priori rapporti e confronti col resto dei partiti del mondo, anche con quelli italiani più vicini alle nostre istanze. Noi sardisti siamo sempre stati storicamente un’avanguardia e anche su questo fronte non ci tireremo indietro».
Perché avete scelto la Lega e non il Pd o Forza Italia?
«Per coerenza con i nostri valori. Lo statuto sardista prevede l'affermazione della sovranità del popolo sardo sul proprio territorio, il federalismo, il diritto alla libertà e alla felicità, la lingua sarda come espressione della coscienza nazionale. C'è stata una condivisione piena di questi valori e una prospettiva importante per un progetto politico che li valorizzi e li declini in azioni concrete per la Sardegna. In altri tempi, sardisti molto richiamati in questi giorni come Michele Columbu si candidarono nelle liste del Partito comunista italiano per garantire rappresentanza in Parlamento al Psd’Az e nessuno li accusò di essere disposti a cedere la propria storia e i propri simboli a chi offre di più».
Salvini ha detto che non è certa la candidatura in Lombardia per il Psd'Az, ha parlato di un seggio sicuro nella penisola, fa parte degli accordi?
«Mercoledì a Cagliari sottoscriveremo gli accordi pubblicamente. Si scoprirà che l'intesa non è solo un fatto di seggi, ma si parte al contrario dal programma e dalla prospettiva politica. E non si parlerà di candidatura al singolare, ma di diversi militanti schierati tra liste e collegi».
Una parte della base del Psd'Az, e a dire il vero anche alcuni sindaci e il consigliere regionale Angelo Carta, hanno criticato l'accordo con la Lega. Non ha paura che nel partito ci sia l'ennesima scissione?
«Una modesta fazione più rumorosa che consistente, almeno nei risultati politici ed elettorali. Che sbraita sui mass-media per esistere, ma non partecipa alle sedute degli organi decisionali del Psd’Az per non certificare la propria insignificanza. Una masnada dedita alla mistificazione della storia del partito e dei suoi padri nobili, che di continuo scomoda dai loro sepolcri per fini strumentali o per piaggeria con i maggiorenti di altre forze politiche, vecchie e nuove. Le scissioni sono cose serie, necessitano di grandi tensioni ideali, in questo caso si tratterebbe di una ben più modesta e salutare depurazione».
Riuscirà a convincere i sardi a votare lega?
«Dai contatti che ricevo direi che sono già in molti a essere convinti. Registro un grande interesse e vedo l’entusiasmo su questo progetto politico. Con piacere ho avuto sostegno e apprezzamento da tanti vecchi militanti sardisti, dai corpi sociali a noi vicini, dal mondo dell'impresa e dell'associazionismo, da professionisti e cittadini che pretendono una politica di concretezza e pragmatismo per dare risposte alle tante domande che oggi la società sarda ripropone».
Salvini sembrava molto preparato sulle cose sarde. È stato lei a spiegargli le emergenze dell’isola?
«Matteo è un leader preparato e attento, con una visione politica chiara e comprensibile. Abbiamo discusso a lungo e in profondità di Sardegna perché il nostro accordo si fonda sui programmi per l'isola, ma non ha bisogno di spiegazioni».
È convinto che il centrodestra sarà vicino alle sensibilità del Psd'az su alcuni temi come la lingua sarda e la riduzione delle servitù militari?
«Fino a oggi abbiamo avuto la certezza che sui nostri temi il centrosinistra ha affossato, sia in consiglio regionale che in parlamento, le leggi sulla lingua e sulla zona franca. Sulle servitù militari, a eccezione di Renato Soru, nessun governo di centrosinistra ha portato a casa risultati nuovi e apprezzabili dopo Mario Melis. La sfida di oggi è iscrivere questi punti nell'agenda politica del prossimo parlamento. Sappiamo di poter contare sul sostegno dei gruppi parlamentari della Lega, che sono certo avranno un consistente peso numerico».
Lei ha parlato di un accordo elettorale sui temi e non sulle poltrone. Quali sono i punti più importanti?
«Esattamente. Riforma dello Statuto sulla tutela linguistica e culturale, regionalizzazione delle sovrintendenze, trasferimento delle competenze e delle risorse per la continuità territoriale marittima, modifica del titolo III con poteri di accertamento e incasso di tutti i tributi generati in Sardegna e abbattimento degli accantonamenti a fronte delle competenze trasferite. Ma anche l’immediata attivazione dei punti franchi già individuati, la contrattazione di un regime quinquennale di zona economica speciale per la Sardegna sul modello della Zona speciale Canaria. Il piano straordinario per il superamento del gap infrastrutturale. Il rilancio del Porto Canale. Politiche attive per le zone interne e il riequilibrio tra centro e periferie per contrastare lo spopolamento e la disoccupazione».
Segretario, soddisfatto dell'accordo con la Lega?
«Dopo decenni di marginalità e subalternità i grandi temi del sardismo e il Partito Sardo d’Azione riconquistano centralità nel dibattito politico e saranno rappresentati in Parlamento. Questo è un accordo di grande rilevanza. Riafferma la libertà delle scelte del partito e rompe il giogo delle scelte obbligate ed eterodirette. Ma anche una giustificazione culturale. Si innesta nel solco della tradizione federalista e mette al centro le cose da fare per la Sardegna».
Salvini ha detto che l'accordo andrà oltre il 4 marzo, lui vorrebbe farlo diventare strutturale, lei è d'accordo?
«L'accordo prevede l'impegno a realizzare dopo il 4 marzo i punti del programma che sottoscriveremo mercoledì a Cagliari. Il fatto che duri è una garanzia. Oggi, se guardiamo al panorama politico complessivo in modo obiettivo, la Lega è il più grande partito federalista. È quello e che rivendica maggiori poteri di autogoverno per i territori. Ha fatto suoi i valori e le riflessioni propri del primo sardismo di Bellieni, Cova, Deffenu e Vitale Cao».
Sempre Salvini ha auspicato che sotto l'ombrello della Lega e per mezzo del Psd'Az si coagulino le forze indipendentiste sarde. Secondo lei è possibile?
«L'idea sardista di indipendenza non significa isolamento né autarchia. Vogliamo essere nel mondo con la nostra identità e una soggettività riconosciuta con pari dignità nel resto del consesso internazionale. È un percorso che ha bisogno di diversi passaggi, a partire dalla costruzione di un'indipendenza economica e culturale dell’isola. Per questo è impensabile chiudersi in se stessi e rinnegare a priori rapporti e confronti col resto dei partiti del mondo, anche con quelli italiani più vicini alle nostre istanze. Noi sardisti siamo sempre stati storicamente un’avanguardia e anche su questo fronte non ci tireremo indietro».
Perché avete scelto la Lega e non il Pd o Forza Italia?
«Per coerenza con i nostri valori. Lo statuto sardista prevede l'affermazione della sovranità del popolo sardo sul proprio territorio, il federalismo, il diritto alla libertà e alla felicità, la lingua sarda come espressione della coscienza nazionale. C'è stata una condivisione piena di questi valori e una prospettiva importante per un progetto politico che li valorizzi e li declini in azioni concrete per la Sardegna. In altri tempi, sardisti molto richiamati in questi giorni come Michele Columbu si candidarono nelle liste del Partito comunista italiano per garantire rappresentanza in Parlamento al Psd’Az e nessuno li accusò di essere disposti a cedere la propria storia e i propri simboli a chi offre di più».
Salvini ha detto che non è certa la candidatura in Lombardia per il Psd'Az, ha parlato di un seggio sicuro nella penisola, fa parte degli accordi?
«Mercoledì a Cagliari sottoscriveremo gli accordi pubblicamente. Si scoprirà che l'intesa non è solo un fatto di seggi, ma si parte al contrario dal programma e dalla prospettiva politica. E non si parlerà di candidatura al singolare, ma di diversi militanti schierati tra liste e collegi».
Una parte della base del Psd'Az, e a dire il vero anche alcuni sindaci e il consigliere regionale Angelo Carta, hanno criticato l'accordo con la Lega. Non ha paura che nel partito ci sia l'ennesima scissione?
«Una modesta fazione più rumorosa che consistente, almeno nei risultati politici ed elettorali. Che sbraita sui mass-media per esistere, ma non partecipa alle sedute degli organi decisionali del Psd’Az per non certificare la propria insignificanza. Una masnada dedita alla mistificazione della storia del partito e dei suoi padri nobili, che di continuo scomoda dai loro sepolcri per fini strumentali o per piaggeria con i maggiorenti di altre forze politiche, vecchie e nuove. Le scissioni sono cose serie, necessitano di grandi tensioni ideali, in questo caso si tratterebbe di una ben più modesta e salutare depurazione».
Riuscirà a convincere i sardi a votare lega?
«Dai contatti che ricevo direi che sono già in molti a essere convinti. Registro un grande interesse e vedo l’entusiasmo su questo progetto politico. Con piacere ho avuto sostegno e apprezzamento da tanti vecchi militanti sardisti, dai corpi sociali a noi vicini, dal mondo dell'impresa e dell'associazionismo, da professionisti e cittadini che pretendono una politica di concretezza e pragmatismo per dare risposte alle tante domande che oggi la società sarda ripropone».
Salvini sembrava molto preparato sulle cose sarde. È stato lei a spiegargli le emergenze dell’isola?
«Matteo è un leader preparato e attento, con una visione politica chiara e comprensibile. Abbiamo discusso a lungo e in profondità di Sardegna perché il nostro accordo si fonda sui programmi per l'isola, ma non ha bisogno di spiegazioni».
È convinto che il centrodestra sarà vicino alle sensibilità del Psd'az su alcuni temi come la lingua sarda e la riduzione delle servitù militari?
«Fino a oggi abbiamo avuto la certezza che sui nostri temi il centrosinistra ha affossato, sia in consiglio regionale che in parlamento, le leggi sulla lingua e sulla zona franca. Sulle servitù militari, a eccezione di Renato Soru, nessun governo di centrosinistra ha portato a casa risultati nuovi e apprezzabili dopo Mario Melis. La sfida di oggi è iscrivere questi punti nell'agenda politica del prossimo parlamento. Sappiamo di poter contare sul sostegno dei gruppi parlamentari della Lega, che sono certo avranno un consistente peso numerico».
Lei ha parlato di un accordo elettorale sui temi e non sulle poltrone. Quali sono i punti più importanti?
«Esattamente. Riforma dello Statuto sulla tutela linguistica e culturale, regionalizzazione delle sovrintendenze, trasferimento delle competenze e delle risorse per la continuità territoriale marittima, modifica del titolo III con poteri di accertamento e incasso di tutti i tributi generati in Sardegna e abbattimento degli accantonamenti a fronte delle competenze trasferite. Ma anche l’immediata attivazione dei punti franchi già individuati, la contrattazione di un regime quinquennale di zona economica speciale per la Sardegna sul modello della Zona speciale Canaria. Il piano straordinario per il superamento del gap infrastrutturale. Il rilancio del Porto Canale. Politiche attive per le zone interne e il riequilibrio tra centro e periferie per contrastare lo spopolamento e la disoccupazione».