La Nuova Sardegna

Sassari

Renato Soru: "Sì alla legge urbanistica ma il Ppr va tutelato"

di Silvia Sanna
Renato Soru e Francesco Pigliaru
Renato Soru e Francesco Pigliaru

Intervista all'ex governatore: "Via maxi progetti e cubature aggiuntive, poi discutiamo"

16 marzo 2018
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SASSARI. D’accordo sul punto essenziale: la Sardegna ha bisogno urgente di una legge urbanistica. Ma non di quella attualmente in discussione, viziata da almeno due aspetti che la rendono irricevibile. «Partiamo dall’eliminazione di questi – dice Renato Soru – per poi avviare una discussione serena su tutto il resto. Con l’obiettivo di arrivare all’approvazione della legge entro la conclusione della legislatura. È quello che vogliamo tutti». L’ex governatore Pd e padre del Piano paesaggistico regionale entra nel dibattito lanciato dalla Nuova: apre al dialogo ma condizionato da un passo indietro sui due punti che a suo giudizio minano il Ppr nelle fondamenta.

L’assessore Erriu e il presidente Pigliaru si dicono pronti ad accogliere tutte le modifiche. La strada verso l’approvazione della legge urbanistica è spianata?

«Pigliaru ed Erriu hanno manifestato apertura ma si sono espressi in maniera differente. Il presidente Pigliaru ha mostrato una disponibilità maggiore rispetto all’assessore, del quale non ho apprezzato i modi più spicci e l’avere definito “posizione ideologica” quella di chi ha perplessità nei confronti dell’attuale disegno di legge. Se si vuole dialogare non è corretto parlare di ideologia ambientalista, altrimenti dall'altra parte si dovrebbe parlare di ideologia del mattone. Meglio confrontarsi senza etichette e partendo dal presupposto che tutti vogliamo la legge urbanistica, non esiste una parte contraria alla sua approvazione. Esiste invece una visione opposta su un tema cruciale».

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Quale?

«La legge urbanistica è fondamentale per attuare finalmente il Piano paesaggistico regionale. Invece il disegno di legge lo mette in pericolo e rischia di travolgerlo in maniera macroscopica in almeno due partii».

A quali articoli si riferisce?

«L’articolo 43 riguarda i progetti ecosostenibili di grande interesse sociale ed economico che Regione ed enti locali possono realizzare insieme agli imprenditori privati, anche in deroga al Ppr. Il via libera, dice l’articolo, spetta alla Giunta, che quindi potrebbe autorizzare maxi progetti – per esempio stile Qatar o Costa Turchese – superando le tutele del Ppr. Di fatto questo articolo si trasforma in un grimaldello con il quale scardinare le regole del Ppr ogni qualvolta la giunta lo ritenga necessario».

Quale è il secondo punto contestato?

«È l’allegato A4 della legge. Stabilisce nuove modalità di calcolo delle cubature nelle zone F, quelle turistiche, ampliando i volumi attualmente previsti dal dettato del decreto Floris e dal Ppr. Cambiando le regole si aprirebbe a un vero e proprio "sacco edilizio”. Anche i Comuni che hanno utilizzato per intero le cubature previste avrebbero volumetrie aggiuntive, potrebbero cioè continuare a costruire, e tutti gli altri avrebbero le loro cubature aumentate di oltre il 25%».

Quale è la sua proposta?

«Eliminare l’articolo 43 e l’allegato 4. La giunta deve dire che li ritira. A quel punto possiamo sederci a discutere in modo costruttivo di tutto il resto».

Anche dei bonus volumetrici nelle zone costiere, previsti dall’articolo 31?

«È un argomento sul quale il confronto è possibile, partendo dal presupposto che può e deve essere modificato»

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Nonostante il Ppr blindi la fascia entro i 300 metri dal mare?

«È un problema in parte superato dal fatto che larga parte degli alberghi sul mare hanno già utilizzato i bonus del Piano Casa di Cappellacci. Ora va chiarito che le strutture alberghiere che hanno usufruito di questi incrementi volumetrici – diversamente dalle previsioni della proposta della Giunta – non possono ottenere ulteriori bonus. E poi possiamo discutere della percentuale: l’aumento del 25% per tutti non è corretto ma va parametrato sulla base della cubatura esistente».

A proposito di fasce costiere, al centro della discussione ci sono anche le cosiddette zone “vergini”. Che cosa pensa della possibilità di favorire insediamenti di tipo turistico?

«Sono assolutamente contrario. Credo che le scelte sbagliate compiute nel passato non debbano essere ripetute pedissequamente dove l’ambiente è stato tutelato. No al cemento dove non c’è. Anche perché il turismo è cambiato. Non più solo mare e sole ma tante altre offerte turistiche. E i numeri lo confermano, abbiamo alberghi sottoutilizzati, che lavorano tre mesi all’anno e poi stop. Il minor tasso di utilizzazione d'Italia».

Quindi la Sardegna non ha bisogno di nuovi alberghi e più posti letto?

«Sicuramente alberghi e villaggi turistici non hanno alcun senso nelle zone intonse, il cui fascino è legato proprio al loro essere selvagge. Un hotel in quelle aree è destinato a rimanere vuoto per gran parte dell’anno, perché non ha un contesto urbano alle spalle. Stessa cosa per quanto riguarda le seconde case, inutilizzate per 10 mesi».

In campagna elettorale però si è discusso moltissimo anche della necessità di dotare l’isola di nuovi hotel a 5 stelle per elevare la qualità dell’offerta. Che cosa ne pensa?

«Sono favorevole a nuove strutture e alla riqualificazione delle esistenti nelle zone ad alta densità turistica per attirare brand internazionali. Dal punto di vista della immagine dell’isola è fondamentale essere presenti in certi contesti. Ci illudiamo che la Sardegna sia una destinazione conosciuta ma in realtà non è così e c’è ancora da fare tantissimo dal punto di vista della promozione turistica. Al di là dei 5 stelle, occorre comunque lavorare per la crescita della qualità complessiva. Non è necessario aumentare le presenze d’agosto per far crescere fatturati e benessere diffuso. È necessario capire che tipo di turismo vogliamo in futuro».

Quale è la sua idea?

«Io ritengo che il turismo del domani, anzi di oggi, non possa essere quello di altri insediamenti sulle coste ma più vicini ai paesi dell’interno, ai contesti urbani. E su questo la legge urbanistica può fare moltissimo quando parla di riqualificazione, per esempio agevolando all’interno delle zone urbane la trasformazione di case in piccoli alberghi e b&b, stabilendo piccoli incrementi volumetrici e incentivi per favorire il turismo diffuso che supera la stagionalità».

A proposito di contesti urbani e pianificazione territoriale, la legge urbanistica dovrà anche ridurre i tempi di approvazione dei Puc adeguati al Ppr. La procedura è davvero così complessa?

«I tempi lunghi non dipendono dal Ppr. È vero che pochissimi Puc sono stati approvati, ma è avvenuto anche per altre ragioni. Per molto tempo il centrodestra ha promesso che il Ppr sarebbe stato cancellato e i Comuni hanno rimandato la stesura dei piani. E poi l’ex governatore Cappellacci ha smantellato l’ufficio del Piano che aveva lo scopo di facilitare l’approvazione dei Puc. C’è da dire però che le procedure previste dall’attuale legge urbanistica sono lente e farraginose provocando anche costi eccessivi per le amministrazioni. I Comuni dovranno essere messi in condizione di approvare il Puc entro al massimo due anni e mezzo e con un esborso economico ragionevole. Per questo c’è bisogno di una legge urbanistica. I Puc vanno approvati, meglio un piano urbanistico imperfetto di niente, del caos attuale. È impensabile bloccare l’attività delle imprese e delle famiglie, impossibilitate a fare semplici interventi. È necessario fare chiarezza, regole semplici devono sostituire la discrezionalità delle interpretazioni o peggio i favoritismi, e garantire che i progetti possano essere portati a compimento senza lasciare passare gli anni».

Il ddl Erriu favorirà il processo di semplificazione?

«No, perché 117 articoli – tanti ne contiene la legge in discussione – più gli allegati, sono troppi. È un testo eccessivamente lungo. Che non raggiungerebbe l’obiettivo primario: essere di facile comprensione per tutti, a partire dai piccoli uffici tecnici comunali. Per questo va alleggerito. Ci sono parti che possono essere stralciate e andare nei Puc, nei regolamenti edilizi o nei decreti assessoriali. Se si vuole semplificare bisogna ridurre».

Che cosa rischia una Sardegna senza legge urbanistica?

«Di restare ferma, paralizzata. Senza legge urbanistica il Ppr appare più come un vincolo e non riesce ad esprimere la sua vera natura, ovvero essere un grande progetto di sviluppo economico sostenibile, delle zone costiere come delle zone interne».

L’auspicio è riprendere subito la discussione sul ddl Erriu?

«Si, perché tutti abbiamo a cuore l’approvazione di una legge urbanistica».

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