La Nuova Sardegna

I minatori sardi in lotta Il primo sciopero a Guspini

di LUCIANO MARROCU
I minatori sardi in lotta Il primo sciopero a Guspini

Gli albori del movimento operaio nell’isola in uno studio di Francesco Cocco Il ruolo svolto da un medico e da un farmacista: Cesare Loi e Pio Piras

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di LUCIANO MARROCU

Non furono solo continentali – come i due più noti, Giuseppe Cavallera e Angelo Corsi – i primi organizzatori del movimento operaio sardo. Tra i sardi che diedero idee e consistenza organizzativa alle lotte degli operai dell'isola, due borghesi di Guspini: Cesare Loi e Pio Piras, il primo medico, il secondo farmacista. Che fossero due borghesi a ispirare le lotte operaie era quasi la regola in questa prima fase del movimento, visto che solo un certo livello d'istruzione dava accesso agli strumenti e alle conoscenze – si trattava soprattutto di parlare e scrivere chiaramente e con competenza – necessari a un organizzatore sindacale. Che poi i due risiedessero a Guspini era legato al fatto che proprio Guspini fosse, con Arbus, il centro da cui provenivano gran parte degli occupati nelle miniere di Montevecchio.

Nuova realtà produttiva. Erano passati pochi decenni da quando, negli anni quaranta dell'Ottocento, un prete giovane e avventuroso aveva coinvolto l'imprenditore sassarese Giovanni Antonio Sanna nel primo sfruttamento di quel sito minerario e Montevecchio appariva «un villaggio composto di vasti e alti fabbricati in solida muratura, sorto per incanto in quelle solitudine montane». Una realtà produttiva la cui importanza andava ben oltre i paesi della zona, ma che già negli ultimi anni dell’Ottocento, e poi per altro mezzo secolo, sarebbe stata parte decisiva della storia di Guspini.

Inizio Novecento. L’azienda di Montevecchio e l’attività produttiva ad essa collegata dà conto infatti non solo della crescita demografica di Guspini, la cui popolazione tra l'inizio del Novecento e la metà del secolo quasi raddoppiò superando le 12.000 unità, ma della sua caratteristica struttura sociale, con una forte proporzione di operai ma comprendente anche un gruppo significativo di borghesi. Di questo gruppo facevano parte Cesare Loi e Pio Piras e se non era raro in quegli anni che dei borghesi avessero un atteggiamento per molti aspetti solidale nei confronti delle lotte dei lavoratori, il medico e il farmacista guspinesi andarono molto oltre una generica simpatia. Esponenti già noti del movimento socialista, furono loro a organizzare una lotta che, nel 1903, rappresentò il primo sciopero moderno e di massa organizzato in Sardegna.

La Lega minatori. A questo sciopero ha dedicato una puntuale ricerca Francesco Cocco, sottolineando il ruolo dei due giovani professionisti – 33 anni Cesare Loi, quando Pio Piras ne aveva 24 – nell'elaborazione della piattaforma rivendicativa con la quale i minatori di Montevecchio si presentarono al confronto con la direzione della miniera.Tutto iniziò con una serie di incontri, se non proprio clandestini certo riservati, tra i dirigenti della locale sezione socialista e la Lega dei minatori. Si disse che occorreva passare dalla fase delle lotte spontanee a uno sciopero di lunga lena e fondato su una precisa piattaforma.

Bassi salari. Gran parte delle rivendicazioni riguardava questioni relative al salario ma c'era spazio nella piattaforma per le condizioni di lavoro. Il che rivelava, tra l'altro, l'influenza di Loi e Piras nella sua elaborazione: la conoscenza precisa maturata dai due delle specifiche condizioni sanitarie di gran parte dei minatori coinvolti nello sciopero, li spingeva a considerare questo terreno rivendicativo – la salute, appunto – come altrettanto importante rispetto a temi più strettamente economici .

Salute a rischio. Lo sciopero, alla fine, non poté dirsi riuscito, visto che i dirigenti sindacali decisero di interromperlo sulla base di un generico impegno della direzione ad esaminare in futuro le rivendicazioni contenute nella piattaforma. Alcune delle quali, comunque, furono accolte anni dopo. Di certo il movimento usciva da quell'esperienza conscio dell'importanza del tema della salute. Che le condizioni di lavoro dei minatori avessero effetti deleteri sulle loro condizioni fisiche era un fatto di evidenza palmare. Eppure, solo gli interventi e gli studi pioneristici di medici come Cesare Loi fecero sì che la grande questione della salute dei lavoratori entrasse in Parlamento.

Poche calorie. Il medico guspinese fu tra coloro che la Commissione parlamentare d'indagine sulle condizioni dei minatori della Sardegna convocò in audizione, nel maggio del 1908. L'audizione si tenne nel Municipio di Guspini e Loi, che era anche l'ufficiale sanitario di quel comune, ebbe modo di sottolineare come la dieta povera dei minatori non garantisse loro calorie sufficienti e questo costituiva per lui un fattore decisivo, insieme alla inalazione delle polveri in miniera, di una più forte diffusione della tubercolosi tra essi.

L’inferno dei pozzi. La relazione strettissima tra tubercolosi e lavoro nei pozzi, che Cesare Loi aveva iniziato a documentare, è stata riconsiderata settant'anni dopo, proprio a partire dalle ricerche del medico guspinese, da Pierluigi Cocco, docente di Medicina del lavoro dell'Università di Cagliari. «Il primo passo della mia carriera universitaria-ricorda il professor Cocco – fu raccogliere dai libri di matricola delle miniere di Monteponi e Montevecchio e della fonderia di San Gavino l'elenco di tutti coloro che vi operarono a qualsiasi titolo, dal 1932 al luglio 1971. Impiegammo quasi due anni a copiare a mano, in cinque, quegli enormi volumi, rilegati pesantemente e in parte danneggiati dai topi».

Alta mortalità. Si trattò poi di individuare, tra i lavoratori presenti in quegli elenchi, quelli deceduti e, per questi ultimi, la causa di morte. Molti anni di ricerche – che avrebbero prodotto due lavori pubblicati in importanti riviste scientifiche – per confermare le osservazioni empiriche di Cesare Loi, che cioè i minatori di Montevecchio morivano di tubercolosi sette volte più frequentemente rispetto agli altri sardi.

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