La Nuova Sardegna

I robot, la nuova rivoluzione industriale

di Gian Mario Sias

Lo studioso algherese Claudio Simbula : «Con le macchine al posto dell’uomo sono a rischio trentuno professioni»

10 novembre 2016
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ALGHERO. Al posto dei giornalisti ci saranno dei software in grado di aggregare dati e sviluppare report a costi e in tempi inferiori rispetto a quelli dell’uomo. Il lavoro degli architetti sarà stravolto dai processi di ridefinizione del reale attraverso dati sempre più precisi e macchine in grado di tradurli in nuove forme di percezione dello spazio. Gli avvocati potranno essere sostituiti da algoritmi capaci di classificare ogni fattispecie in base a una casistica amplissima. Non è la fine del mondo, ma è quella che gli analisti chiamano “la quarta rivoluzione industriale”. Così la descrive Claudio Simbula, giornalista, blogger, esperto di comunicazione e di innovazione, appassionato di fantascienza.

Algherese, collaboratore della rivista online Wired, co-autore di blogamari.com, consulente per aziende private e pubbliche come social media manager, ha scritto “Professione Robot – 31 lavori che le macchine faranno al posto tuo”, un longform digitale pubblicato dalla piccola casa editrice milanese Informant, specializzata in giornalismo narrativo. Dopo numerose presentazioni in giro per l’Italia, la sua analisi diventa oggetto di studio al Laboratorio di giornalismo del corso di laurea Scienze della comunicazione dell’Università di Sassari. Per Claudio Simbula, il pericolo che la transizione in atto si trasformi in una crisi epocale si supera con l’informazione. «È una sfida entusiasmante, ma solo se ci abituiamo a leggere con attenzione la realtà, a osservare quel che sta succedendo, a prevederne le conseguenze e ad adeguare le attese e i comportamenti», dice. Partendo da studi e analisi, meeting e convegni, una bibliografia ricca e varia su cui fonda il dibattito a livello internazionale, Simbula è arrivato in un anno e mezzo di lavoro a una sua rilettura del fenomeno, spiegando perché gli umanoidi, sempre più complessi, affidabili e convenienti, hanno ormai varcato il confine delle grandi fabbriche e si avvicinano a noi, invadono il settore del commercio e della piccola industria e arrivano addirittura a minacciare le professioni intellettuali. «Prima si pensava che le macchine si sarebbero limitate alle attività manuali e ripetitive – spiega il blogger algherese – ora anche lavori creativi, ritenuti estranei a questo processo, possono essere rimpiazzati da calcoli, software, algoritmi». Addirittura, «in Giappone, un Paese in cui l’indice di invecchiamento della popolazione è molto elevato, come in Italia, il governo finanzia la ricerca per il perfezionamento di robot in grado di assistere gli anziani – racconta –, presto supporteranno il sistema assistenziale pubblico e privato». Entro determinati limiti, processi come questo potrebbero rappresentare la risposta a una domanda di mercato, «ma il momento è delicato, perché se questo fenomeno non sarà governato cesserà di essere una grande opportunità», è la conclusione di Claudio Simbula, che approccia l’argomento senza pregiudizi. «Il fatto che si guadagni tempo e ricchezza grazie a un maggior utilizzo di macchine al posto della manodopera può migliorare la qualità della vita della comunità globale – insiste l’autore dell’indagine – ma il rischio è che resti un vantaggio per pochi, che concorra a far accumulare sempre più ricchezza nelle loro mani».

In Sardegna e in Italia si parla ancora poco di questo fenomeno. «La mia idea è timolare il dibattito attraverso una pubblicazione in stile narrativo ma con una missione divulgativa – prosegue Simbula – è singolare che si parli così poco di un tema che riguarda tutti, su cui servirebbe una piena presa di coscienza collettiva». «Non ha senso parlare di misure a sostegno del lavoro o di riforma del sistema pensionistico senza tenere conto di questa vera e propria rivoluzione – conclude - ignorandola è impossibile fare previsioni normative coerenti alla realtà, il rischio è di pensare al mondo del lavoro come era sino a ieri, non a come è oggi e come sarà, a maggior ragione, domani».

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