Biodiversità: per governi, aziende e individui è l’ora della responsabilità
Sono ancora troppi coloro che non credono alla gravità della situazione. Anche il singolo può contribuire con le buone pratiche alla salvaguardia dell’ecosistema
La natura, per noi umani, ha da sempre rappresentato un mondo libero da qualunque imposizione sociale e soprattutto un meccanismo perfetto con leggi proprie.
Tanti sono i poeti e i filosofi che hanno celebrato il loro locus amoenus, la freschezza delle sorgenti, l’ombra dei boschi, l’incanto delle montagne e l’immensità del mare. Per loro la dimensione naturale non era altro che un idillio armonico, musicale.
Si pensi agli antichi greci, a San Francesco con il Cantico delle creature, fino ad arrivare ai naturalisti del Rinascimento e ai loro successori come Baruch Spinoza, filosofo di origini ebraiche, celebre per la sua iconica affermazione “Deus sive Natura”, “Dio ovvero la natura”, con cui affermò il suo credo panteistico.
Un pensiero che non è mai stato preso sul serio e che ancora dovrebbe far riflettere.
Se, infatti, fino a qualche secolo fa l’ambiente era pressoché preservato, si assiste ora a una repentina discesa nell’abisso di un habitat completamente artificiale inquinato e persino ostile alla vita: il paesaggio è sfruttato e privato delle materie prime utili all’industria; le foreste primarie diradano; l’acqua non è limpida e cristallina; la salubrità dell’aria è ormai un mito.
Janez Potocnik, Commissario europeo per l’ambiente dal 2010 al 2014, disse: “la pressione che esercitiamo su molti sistemi naturali aumenta di continuo e impedisce loro di funzionare al meglio, talvolta portandoli addirittura sull'orlo del collasso”. La “pressione” è provocata dal consumismo dell’uomo che esige l’acquisto di beni non necessariamente utili generando un cortocircuito che mette a rischio la biodiversità. Per biodiversità si intende la coesistenza di diverse specie all'interno di un unico ecosistema e rappresenta uno degli attributi essenziali per il nostro pianeta, a tal punto che la sua assenza significherebbe per la vita degli esseri viventi un inesorabile processo di autodistruzione.
La perdita della biodiversità influirebbe negativamente non solo a livello sociale, ma anche a livello economico. Basti pensare al continente africano la cui popolazione vede il proprio ambiente distrutto e sfruttato dalle multinazionali, avverte un progressivo aumento della temperatura e l'avanzare del deserto che rende inospitali villaggi e città.
Se si vuole evitare il punto di non ritorno, qualsiasi individuo, i governanti e le grandi aziende devono dare un contributo. Primo passo però è la consapevolezza derivata dalla constatazione che il mondo è limitato così come le sue risorse. In altre parole, serve una pianificazione tale da riportare l'equilibrio tra l'uomo e l'ambiente. Una soluzione, nel piccolo, potrebbe essere il consumo di prodotti stagionali, evitare lo spreco di acqua e di cibo, la riduzione dello sfruttamento della natura. Inoltre, un ruolo importante nella salvezza del pianeta potrebbe averlo la mobilitazione dei media.
Sono numerosi coloro che ritengono che la situazione non sia ancora preoccupante, ed è ancora vasta la platea che non vuole credere a una narrazione catastrofica e che ancora si copre gli occhi.
Nessuno di sicuro potrà sottrarsi alle proprie responsabilità e ognuno dovrà accettare quanto a livello politico si sta facendo sulla biodiversità, la cui salvezza ha anche un fine utilitaristico.
L’uomo fa parte di una più vasta compagine di esseri viventi che deve condividere un’unica grande dimora, la Terra, da rispettare e amare.
*Andrea frequenta il Liceo Pira di Siniscola.