Nino Romano, l’uomo che sussurrava alla foca monaca
Il pescatore di Cala Gonone, oggi 82enne: «Avevo 10 anni quando ho preso in braccio un cucciolo di questo stupendo mammifero con i baffi»
Dorgali «Ma non scherziamo? Quella non può essere una foca. Ho visto il video. I movimenti, il colore. No, la foca è tutta un’altra cosa. Magari fosse vero che possa ritornare nella costa orientale e comunque in Sardegna. Di quel mammifero conosco quasi tutto. Un cucciolo l’ho preso in braccio quando avevo 10 anni, c’è anche una foto che forse è rintracciabile. Una volta, dentro la grotta del Bue Marino ho visto sette cuccioli. Ho avuto diversi incontri ravvicinati mentre ero in barca a pescare, sulle spiagge di Oddoana e Cala Mariolu. La spiaggia del comune di Baunei pare si chiami cosi perché i pescatori, ponzesi, a volte nascondevano le loro cibarie che venivano rubate dalle foche, i marioli, ossia ladri, in lingua ponzese».
«Se avessero ascoltato, noi pescatori ponzesi e padre Furreddu – sottolinea Nino Romano – il bue marino come veniva chiamato qui, forse oggi ci sarebbe ancora. Forse ci sarebbe ancora una colonia di questo splendido mammifero. Se questo non è stato possibile lo dobbiamo alla Regione che allora non ha creduto all’idea, al progetto che avevano suggerito mio babbo Peduccio e miei zii, Pietro, Ciccillo e Stefano».
È un fiume, anzi un mare in piena Nino Romano, dorgalese di adozione ma ponzese di nascita. Ha 82 anni, ma ne dimostra dieci in meno, forse per la vita che ha condotto, mare, casa e chiesa, è anche ministro della Chiesa di Dio a Cala Gonone. Nino, che di foche se ne intende visto che le ha “frequentate” sin da bambino, non ha dubbi in proposito, sull’ennesimo episodio, sicuramente in buona fede. Sarà la voglia, la speranza di tutti di rivedere per davvero la foca nelle coste della Sardegna, che a scadenze più o meno regolari si grida all’avvistamento. È di qualche anno fa l’avvistamento nel sud dell’isola vicino all’isola di San Pietro o di recente in una spiaggia a Cala Gonone quando venne rinvenuta una carcassa di un animale che venne subito identificato come foca. Notizia immediatamente smentita dagli esperti.
Adesso, l’interesse verso questo splendido animale viene ravvivato dall’ennesimo “avvistamento” nei pressi di San Teodoro. Gli ultimi avvistamenti, quelli certificati, risalgono alla fine degli anni Settanta, primi Ottanta, quando le imbarcazioni che solcavano le acque della costa tra Dorgali e Baunei si contavano con le dita delle mani. Al giorno d’oggi, almeno nel periodo estivo avrebbero rischiato di finire sotto le eliche delle centinaia di imbarcazioni.
Le storie sulle foche più o meno inventate sono tante. Nino Romano, assieme ai nipoti Giorgio e Cicillo, sono forse, tra i pochi testimoni che possono raccontare di aver visto realmente gli ultimi esemplari del simpatico mammifero coi baffi. Che a Dorgali è stato battezzato come bue marino. Da qui il nome della famosa grotta dove le foche erano di casa. Perché bue marino? Intanto c’è da chiarire che i dorgalesi hanno “scoperto” il mare negli anni Cinquanta. Dorgali, paese dedito all’agricoltura e alla pastorizia non ha mai avuto una tradizione di pescatori. I primi sono stati i ponzesi e Nino Romano è uno dell’ultima generazione di quei pescatori. Si racconta, senza alcuna certezza, che un capraro stesse cercando alcune sue bestie sulla costa gononese, dove c’è l’ingresso da terra, collegato con l’ingresso principale a mare per la famosa grotta. Udì dei versi simili a quelli di un bue: erano le foche che lì avevano stabilito la loro dimora principale. Da allora, la grotta del Bue Marino ancora oggi fa sognare le migliaia di turisti che vanno a visitarla.