La Nuova Sardegna

Olbia

La storia

La regina Elisabetta e le perette di Ringo Starr nei ricordi di zia Agostina

di Carolina Bastiani

	Una foto d'epoca di Arzachena e nei riquadri la regina Elisabetta e zia Agostina Panzitta
Una foto d'epoca di Arzachena e nei riquadri la regina Elisabetta e zia Agostina Panzitta

Arzachena saluta una delle sue memorie storiche: scomparsa a 102 anni, custodiva una piccola casa-museo

28 novembre 2024
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Arzachena. Proprio come nelle cronache di Narnia, dove una porta misteriosa conduce i protagonisti all’interno di un mondo incantato, zia Agostina Panzitta, donna molto conosciuta e benvoluta dalla comunità, scomparsa lo scorso 16 novembre, sapeva trasportare chi la ascoltava nei luoghi dell’Arzachena e della Costa Smeralda di una volta. Classe 1922, centenaria della Gallura, nella sua casa-museo, ricca di manufatti e oggetti locali, custodiva segreti e pratiche della terra in cui era nata e, tra tante fatiche, è vissuta; se bussavi alla sua porta ti spiegava tutto. Guida turistica ante litteram, intrattenitrice dei visitatori al museo più piccolo d’Italia, a tramandare alcuni dei suoi coinvolgenti racconti, tra storia e leggenda, è proprio Mario Sotgiu, presidente dell’associazione “La scatola del tempo” e creatore del mini museo oggi chiuso.

Starr ed Elisabetta. Le prime cronache sono ambientate nella Costa Smeralda degli anni Sessanta. «Zia Agostina è stata una cameriera ai piani negli alberghi più lussuosi e ha incontrato tante persone importanti, anche a sua insaputa. “ Cal è moltu?”, ha chiesto al capannello di curiosi che si era formato ad Arzachena fuori dalla casetta di zia Colomba, produttrice di formaggio del paese». In realtà, quella folla era dovuta a Ringo Starr, il batterista dei Beatles, che, rapito dalla bontà dei formaggi che mangiava al Cala di Volpe, ne aveva chiesto la provenienza. «E così, zia Agostina lo ha accompagnato ad Arzachena a cercare perette – racconta divertito Sotgiu –. Ma senza sapere chi fosse. Addirittura lo aveva soprannominato anima longa visto che, confronto a lei, era più alto». E, invece, quando era ben consapevole di chi avesse visto a Liscia di Vacca, non fu subito creduta; molti sorridevano, convinti che stesse esagerando: era impossibile che avesse visto la regina Elisabetta, di cui non c’era mai stata traccia, nemmeno in foto. Piuttosto, era più probabile che si fosse confusa con la sorella Margaret, che da quelle parti era di casa. «Oggi, però – spiega Sotgiu – grazie a Manlio Brigaglia, sappiamo che la regina d’Inghilterra arrivò davvero in Costa Smeralda. E lo fece nell’agosto del ‘64, proprio al porto di Liscia di Vacca, al pontile dell’Hotel Pitrizza, dove doveva pranzare. A fare la soffiata a zia Agostina Panzitta era stato l’amico marinaio Domenico Azara, che lavorava per la Marinasarda». Anche lui di storie da raccontare ne aveva tante. Pare avesse portato uno dei Beatles a Mortorio. Qui, Azara avrebbe mostrato le tane dei polpi, molto simili ai muretti a secco, che avrebbero poi ispirato la canzone Octopus Garden.

La stritta e Albucciu. Ma torniamo a zia Panzitta. «Zia Agostina mi ha aiutato anche nei percorsi di trekking urbano. «Ai visitatori raccontava che nella cosiddetta “Stritta di lu banditu”, il bandito Laicu Roglia riusciva, attraverso uno stratagemma alla Diabolik, a sparire dalla vista dei carabinieri a cavallo nascondendosi dietro alla pietra finta di un muretto». E sempre alla fine di questo muretto, dove ora c’è un’edera, c’era un punto dove i ragazzi, nei primi del ‘900, lasciavano delle lettere d’amore con il nome della ragazza a cui era destinata: «Io non ho mai trovato nessuna lettera – ha confidato zia Agostina a Mario – però dapoi mi socu cuiuata e ajju autu fiddoli». Alla faccia loro, insomma. E proprio quando aspettava i suoi figli, zia Panzitta evitava categoricamente di avvicinarsi a un luogo ben preciso. «Agostina era orfana di madre e praticamente è stata cresciuta dal nonno. E proprio lui le ha raccontato tantissime storie locali, alcune al limite del reale e imbevute della giusta dose di superstizione». E allora ecco che il nuraghe Albucciu diventava la casa di una “zelpa manna”, un grosso serpente, vicino al quale alle donne incinte era proibito passare, perché avrebbe ucciso il loro bambino. Questi e altri racconti, come i suoi oggetti e manufatti, sono il patrimonio di una persona curiosa e grande lettrice dei libri di don Francesco Cossu. «È stata una donna umile, forte e vivace – conclude Sotgiu –, che ad Arzachena ha avuto un ruolo importante. Ora starà raccontando le sue storie ad un pubblico più fiducioso».

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