Un museo diffuso in Gallura: lo studio dell’archeologo sardo premiato a Paestum
La tesi di Simone Falqui, di Padru, è stata considerata la migliore tra quelle dedicate all’archeologia subacquea
Olbia. Il relitto dei marmi di Porto Cervo, quello delle tegole a La Maddalena e l’ancora tardoantica ritrovata a Capo Figari fanno parte del patrimonio sommerso lungo le coste della Gallura. Testimonianze di grande valore storico e culturale, non sono “solo” i tre casi studio della tesi dell’archeologo di Padru, Simone Falqui, recentemente premiata a Paestum come la migliore di archeologia subacquea alla Borsa Mediterranea del turismo archeologico 2022-2024, ma sono i tre protagonisti di un suo progetto reale. Falqui, cioè, vorrebbe concretamente realizzare un museo diffuso nel nord Sardegna, che riguardi sia i reperti subacquei che quelli terrestri. Nella sua tesi c’è già tutto. Archeologia, storia, divulgazione, accessibilità a 360 gradi e legislazione, all’interno di un quadro che lega cultura, turismo, lavoro e inclusione. A spiegarne le caratteristiche è proprio l’autore, che pubblicherà questo lavoro in una monografia con Edizioni Magna Graecia. Alla base di tutto, l’idea del mare non come limite, ma come opportunità.
Il progetto. Simone Falqui ha già pensato proprio a tutto. Quello che manca è solo l’interessamento della Regione o dell’unione dei Comuni coinvolti. «Il sistema dei Musei Sardegna “Musa”, è già strutturato. I tre siti subacquei di Arzachena, Golfo Aranci e La Maddalena saranno inseriti all’interno di una rete, che comprenderà prima di tutto i musei terrestri, dove si potrà entrare all’interno di una realtà subacquea virtuale. Inoltre, verranno coinvolti anche i diving locali, dove, per esempio, già prima delle immersioni, si potrà avere un’anteprima del percorso subacqueo attraverso dei video o delle riproduzioni dei reperti archeologici». Riproduzioni pensate anche per le persone non vedenti: «Questi modellini gli permetteranno, attraverso il tatto, di farsi delle mappe mentali, in previsione delle loro immersioni». I vari siti, quelli subacquei e terrestri appunto, saranno quindi collegati in modo che si richiamino a vicenda, creando un percorso culturale che risulti stimolante, ma anche divertente: «Per questo, ho pensato al concetto di puzzle. Più l’utente viaggia, più sblocca dei livelli che lo condurranno in altri luoghi». L’idea, insomma, è quella di un tour all’interno di archeologia, cultura e natura, che potrebbe persino espandersi al di fuori della regione – il relitto dei marmi, per esempio, trasportava i marmi di Carrara – proprio a perseguire il concetto di mare come opportunità e non come limite, «perché, come testimoniano i reperti stessi, nessuna civiltà è nata da sola». E con questo spirito, rifacendosi ad attività già consolidate, Simone Falqui ha modellato sulla realtà tutta sarda del “Musa” anche uno statuto, ispirandosi alla realtà museale del lago di Bolsena.
Possibilità. E a proposito di opportunità, il progetto di Falqui potrebbe sfavorire la fuga di cervelli e generare un indotto per il territorio. «Innanzitutto – spiega – permetterà ai laureati e ai professionisti del settore di essere valorizzati e rimanere in Sardegna. Inoltre, l’archeologia subacquea, attira una fascia di turisti medio-alta, sia a livello culturale che economico. Da non trascurare nemmeno il fatto che si tratta di un’attività che, sotto il profilo ambientale, non è così impattante».