La Nuova Sardegna

Lo scontro di Patriarcati sullo sfondo della guerra in Ucraina

NICOLÒ MIGHELI
Il Patriarca della Chiesa di Mosca Kirill si è detto d'accordo sul conflitto innescato dalla Russia contro l'Ucraina
Il Patriarca della Chiesa di Mosca Kirill si è detto d'accordo sul conflitto innescato dalla Russia contro l'Ucraina

 Nella tragedia in atto compare pesantemente il conflitto tra le Chiese dell'est europeo

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La domenica in cui gli ortodossi festeggiano la festa del perdono, la prima di Quaresima, il Patriarca di Mosca Kirill I pronuncia un discorso violento in cui sostiene che la guerra in Ucraina è benedetta perché combatte la lobby omosessuale. Il cosiddetto mondo occidentale ai suoi occhi è una sentina di vizi.  

Vizi che demoliscono i valori cristiani fondati sulla famiglia tradizionale, una falsa libertà. Per cui le truppe di Putin combattono una guerra che ha valenze metafisiche. Sono le sue parole. Questa sottolineatura è la più inquietante perché noi di cultura cattolica, in questo crocianamente sono da includere anche atei e agnostici, siamo abituati ad attribuirle ad altre religioni come l’islam. Invece Kirill impugna la spada della crociata, un “Deus lo volt” mille anni dopo.

L’alleanza con l’altare è fondamentale per il trono di Putin che segue quelle indicazioni con leggi contro i movimenti LBGT, restringendo la punibilità delle violenze sulle donne al solo omicidio. Una mascolinità revanscista lega profondamente i due poteri. Non tutti seguono Kirill, 431 preti e diaconi hanno firmato una lettera aperta in cui si chiedeva la fine delle ostilità.

Nel più vasto conflitto ucraino ve n’è uno confessionale. Il mondo cristiano di quei luoghi è diviso tra tre confessioni: gli uniati di rito greco cattolico, il Patriarcato di Kiev autocefalo e la Chiesa russa ridotta al Donbass e all’est dell’Ucraina. Gli uniati sono presenti nell’occidente del Paese, sono uno scisma dall’ortodossia avvenuta nel ‘600, quando aderirono alla cattolicità. Durante il periodo staliniano furono perseguitati, considerati agenti stranieri, i loro beni incamerati dalla Chiesa di Mosca. Con l’indipendenza questi riescono a riottenerli, però vengono accusati dagli ortodossi di volere convertire al cattolicesimo chi ritornava alla religione dopo gli anni di ateismo di stato.

Nel 1992 una parte considerevole della chiesa di obbedienza moscovita compie uno scisma e si proclama autocefala perché Mosca si rifiuta di darla alla Metropolia di Kiev. La Chiesa russa reagisce con la scomunica. Nel 2018 un concilio di riunificazione mette insieme la Chiesa ortodossa ucraina-Patriarcato di Kiev e la Chiesa ortodossa autocefala ucraina con l’autorizzazione di Bartolomeo I Patriarca Ecumenico di Costantinopoli che riconosce il nuovo Patriarcato. La Chiesa russa rompe le relazioni con Costantinopoli perché considera quell’atto un disconoscimento della sua autorità e denuncia come scismatica quella di Kiev.

I rapporti tra Mosca e Costantinopoli sono tesi da molti anni. Mosca rivendica una primazia tra le chiese in virtù del maggior numero di fedeli; si definisce terza Roma. Costantinopoli, dal suo canto, non la cede per storia, per essere la Chiesa bizantina. Costantinopoli come numero di fedeli è ridotta, in Turchia sono quasi scomparsi, le restano solo i greci e le altre autocefalie: bulgari, rumeni, serbi, georgiani, e le chiese della diaspora che non rispondono a Mosca.

Avere con sé Kiev è rafforzare un potere in declino. Anche per questa ragione Kirill, nella sua omelia non pronuncia una sola parola per le vittime ucraine, solo i russi sono degni di compassione. Nella tragedia in atto compare pesantemente il conflitto tra confessioni. Ne abbiamo avuto testimonianza nelle guerre jugoslave, dove bastava fare in maniera differente il segno di croce per essere uccisi. Lì però era scontro tra serbi ortodossi e croati cattolici. Il papa Francesco, che attende da anni un viaggio a Mosca, in tutti i suoi interventi sulla guerra in atto è stato attento, si è limitato a invocare la pace senza dire la parola Russia.

La cautela è dovuta ai rapporti non facili con quel Patriarcato, mentre sono ottimi con Bartolomeo. L’ortodossia, divisa com’è tra chiese nazionali, manca del Vaticano e di un papa che goda di una condizione di indipendenza. I patriarcati restano legati allo Stato. Non è escluso che Kirill voglia che la Chiesa di Kiev ritorni a Mosca. Anche con le armi.
 

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