Agguato in campagna, condannato a dieci anni
Franco Marino Sedda sparò contro padre e figlio, proprietari del terreno confinante
SCANO MONTIFERRO. Reo confesso, aspettava solo di conoscere l’entità di una condanna che era preventivabile se non scontata. Da ieri, Franco Marino Sedda, allevatore di 50 anni originario di Gavoi, sa che ha davanti a sè dieci anni durante i quali sconterà la pena per un reato che solo la buona sorte ha voluto non fosse più grave di quello per cui è finito a processo. Il 10 dicembre dell’anno scorso, l’odio contro i vicini di terreno era esploso con il suono sordo e macabro delle fucilate. Aveva sparato da pochissimi metri contro Enzo e Antonio Murtas, padre e figlio, allevatori e a loro volta proprietari di un podere nella zona di Sa Raighina.
Anni di rancori nemmeno troppo celati rischiavano di spezzare due vite, ma le fucilate, per quanto colpirono al petto e al collo i due che passavano nella strada di penetrazione agraria a bordo di un autocarro, non furono mortali. A padre e figlio riuscì la fuga, mentre Franco Marino Sedda quasi nemmeno provò a scappar via. Sembrava che sapesse che difficilmente avrebbe avuto via libera.
Le vittime l’avevano infatti riconosciuto e pochi istanti più tardi i carabinieri erano già sulle tracce dell’assassino mancato. Fu arrestato per duplice tentato omicidio e più tardi fu anche ritrovata una pistola con matricola cancellata che aggravò la situazione processuale di Franco Marino Sedda. La confessione arrivò però quasi subito, mentre alcuni mesi dopo ci fu il pagamento del risarcimento del danno, fatti che hanno influito favorevolmente sull’esito del rito abbreviato richiesto dall’avvocato Gian Luigi Mastio. Non c’è stato un tentativo di discolparsi dalle accuse mosse dal pubblico ministero Armando Mammone, che ha richiesto una condanna a otto anni.
C’è stata invece ancora una volta l’ammissione della propria colpevolezza, per cui l’udienza si è giocata solamente sull’entità finale della condanna stabilita dal giudice Annie Cecile Pinello in dieci anni. In realtà, Franco Marino Sedda qualche scusante per il suo gesto l’aveva indicata sin dal primo momento. Aveva spiegato ai carabinieri che l’avevano appena bloccato dopo il tentato omicidio, che quel gesto, oltre che dettato da attriti quotidiani, era frutto anche della paura. Con i rapporti deteriorati in quella maniera, aveva detto di aver imbracciato il fucile perché temeva che prima o poi il grilletto gli sarebbe stato puntato contro proprio da coloro che erano appena stati il suo bersaglio. (e.c.)