La Nuova Sardegna

Il San Raffaele di Olbia aprirà: accordo Regione-Qatar

di Luca Rojch
Il San Raffaele di Olbia aprirà: accordo Regione-Qatar

Sanità e affari. Il fondo dell’emiro investirà un miliardo di euro per completare la struttura, il Vaticano fornirà i medici e le tecnologie per far funzionare l’ospedale

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SASSARI. Il San Raffaele deve tutto a un ormone. Quello che manca a chi ha il diabete. È questo il legame che unisce la poverissima Sardegna e il ricchissimo Qatar, e ha convinto l’emiro a investire sullo scatolone che sogna di diventare un ospedale un miliardo di euro. L’incompiuta della sanità sarda sarà ultimata in tempi record. A muovere la fondazione che gestisce i conti del paese che galleggia sul petrolio non è solo il fiuto per l’affare che si materializza a pochi passi dalla Costa Smeralda, da tempo giardino fiorito dell’emiro, ma anche la possibilità di realizzare un centro di eccellenza per studiare una delle patologie più diffuse in Qatar, il diabete. Il 17 per cento della popolazione che vive nello stato arabo viene colpito da questa malattia. E proprio la Sardegna è la seconda regione al mondo come incidenza di questa malattia, superata solo dalla Finlandia.

Il progetto. Per ultimare e dare gambe a questa struttura il Qatar è pronto a investire un miliardo di euro. A completare le singolari alleanze c’è anche una joint venture tra Vaticano e paese arabo, musulmano sunnita, per aprire e gestire la struttura. L’emirato mette i soldi, l’ospedale del Papa il know how. In altre parole i medici migliori e le competenze del Bambin Gesù, il centro di ricerca sanitaria di proprietà della chiesa, sarà l’anima del nuovo San Raffaele.

Verso l’accordo. Si va verso una intesa di massima. Le riunioni continuano tra la politica e gli acquirenti. È stata già trovata una linea comune da seguire tra il governatore Francesco Pigliaru, il governo italiano, pare si sia interessato lo stesso premier Matteo Renzi, il direttore del Qatar Science & Technology Park Lucio Rispo e il presidente dell’ospedale Bambin Gesù Giuseppe Profiti. Non una generica dichiarazione di intenti, ma un accordo che prevede tappe precise. Il prossimo anno riprenderanno i lavori per aprire l’ospedale. I posti di lavoro previsti tra struttura e indotto sono più di 800.

I vertici. In queste settimane sono andati avanti gli incontri sottotraccia tra il governatore Pigliaru e i responsabili del Qatar. Quasi tutti erano convinti si discutesse di Costa Smeralda e metri cubi. Ma il professore portava avanti il suo progetto. Far aprire il San Raffaele. Gli investitori arabi sono stati rassicurati. La Regione darà l’accreditamento dei posti letto. Anche l’assessore regionale alla Sanità, Luigi Arru ha dato il via libera. Indispensabili per poter aprire la struttura. L’emiro mette i soldi e il Bambin Gesù fornirà personale e conoscenze.

Centro di ricerca. L’obiettivo è fare del San Raffaele un centro di ricerca internazionale. Tra le malattie che verranno studiate con maggiore attenzione c’è il diabete, molto diffuso anche nel Qatar. Il 17 per cento della popolazione è affetta da questa patologia.

La rinascita dell’ospedale è figlia dell’azione di tanti. Il governatore Francesco Pigliaru, che ha fatto di tutto per rilanciare il progetto dell’ospedale che rischiava di rimanere un’eterna incompiuta. La presidenza del Consiglio che ha lavorato sottotraccia in questi mesi per convincere gli investitori stranieri a non abbandonare l’idea del rilancio dell’ospedale. Ma in questi mesi ha sempre continuato a lavorare lontano dalla ribalta il deputato Pd Gian Piero Scanu, che è un po’ il padre del San Raffaele. In tutti questi anni ha accompagnato la grande scommessa dell’ospedale.

La storia. Il gigante bianco alle porte della città è costato per ora 185 milioni di euro. I lavori per costruire la struttura sanitaria da 284 posti letto, costola isolana del San Raffaele milanese, sono iniziati nel 1998 e sono stati interrotti quando la multinazionale della sanità creata da Don Verzè ha iniziato a polverizzarsi sotto una montagna di debiti. L’ospedale sembrava destinato a finire all’asta tra i beni da sacrificare. Anche perché buona parte delle risorse è arrivata dalle banche. I nuovi padroni dovranno per prima cosa dialogare con la Sardaleasing, che ha nelle sue mani il 26 per cento dei debiti del leasing stipulato dalla fondazione Monte Tabor per costruire il San Raffaele. Poi dovranno superare l’ostacolo della burocrazia. Ma la volontà della politica sembra ora spingere il San Raffaele a una nuova vita. Una svolta per l’ospedale che dopo il crollo dell’impero di don Verzè sembrava destinato a ingiallire. Troppo costoso per una Regione senza più risorse pensare di completarlo. Inutile per le banche una struttura la cui destinazione di uso finale non poteva che essere quella di un ospedale.

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