La Nuova Sardegna

Traffico di reperti archeologici: in vendita all’asta su un sito Internet cinque bronzetti nuragici

di Pier Giorgio Pinna
Traffico di reperti archeologici: in vendita all’asta su un sito Internet cinque bronzetti nuragici

Mauro Pili sollecita indagini: «A Londra e New York la galleria Royal Athena li presenta come proprietà di collezionisti» - FOTO

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SASSARI. Testimonianze nuragiche rispuntano all’estero lungo insondabili vie di smercio dell’arte perduta. L’ultima denuncia arriva dal deputato di Unidos ed ex governatore della Sardegna Mauro Pili. Che, in una interrogazione alla Camera, rivela: «La galleria Royal Athena ha riproposto nei siti internet la vendita di 5 straordinari reperti archeologici. Vengono tutti impunemente messi in vendita a cifre tra i 37mila e i 6.500 dollari, per complessivi 124mila, con descrizioni di autenticità e datazione». Ma di fatto, sottolinea, il parlamentare «tra Londra e New York si svende la nostra civiltà, senza che nessuno intervenga per contrastare questa gravissima lesione».

Più in generale, nel recente passato, erano già emerse altre tappe di questo smercio internazionale di straordinarie statuette create dai progenitori dei sardi. Eppure, al di là della liceità o no di certe trattative commerciali, va comunque ricordata la questione etico-storica posta dalla possibilità di mettere all’asta pezzi inestimabili del passato di un intero popolo.

FOTO Tutti i bronzetti messi all'asta

Per Pili, «tutto questo è semplicemente inaccettabile». Secondo il deputato, e per la verità non solo secondo lui, anche in quest’occasione si devono così recuperare i reperti all'asta. «Bisogna inoltre promuovere una più ampia ricognizione per ridare al ministero tutto il materiale detenuto da privati o da gallerie», aggiunge. «È vergognoso - attacca poi con riferimento al sottosegretario Francesca Barracciu, del Pd – che i Beni culturali si occupino di proporre farneticanti trasferimenti dei Giganti di Mont’e Prama al Quirinale e non facciano niente per impedire che pezzi pregiati della civiltà nuragica vengano svenduti in giro per il mondo». «Scandaloso, infine, che il ministero, nonostante segnalazioni simili siano state fatte in anni passati, non abbia fatto assolutamente niente per fermare questo traffico – conclude –: tutto ciò dev’essere subito fermato e perseguito, anche sul fronte penale, se emergeranno reati».

Ma quali sono con esattezza le testimonianze dell’antichità (il periodo nuragico si colloca tra il sedicesimo e l’ottavo secolo prima di Cristo) in vendita sul web? Ecco l’elenco. C’è la statuina di un guerriero sardo che indossa il casco con le corna. Ha una tunica. E imbraccia l’arco sopra una spalla. Definito raro, viene indicato come proveniente da privati elvetici. In vendita per 30mila dollari, dovrebbe risalire a 2.800 anni fa. C’è poi un altro soldato, «con un elaborato copricapo». «Parte del fiocco è sulla spalla e ha una faretra sulla schiena – continua la descrizione in inglese su internet – Collezione privata, ex svizzera. VIII secolo avanti Cristo». E all’asta per una base che parte da 25mila dollari.

Segue un cervo di bronzo, «con lunghe corna», si precisa. Presentato come «molto raro», arriverebbe da «collezionisti francesi». Esposto alla Picker Art Gallery, nella Colgate University, Stati Uniti, tra il 1985 e il 1999, è datato nono-ottavo secolo a.C. È all’incanto per un prezzo che parte da 37.500 dollari. Quarto pezzo: un «montone nuragico»: «grande testa allungata e corpo cilindrico sulla piccola base». «Raro – prosegue la descizione sul web – Periodo presumibile ancora l’ottavo secolo antecedente alla nascita di Cristo. Valore a base d’asta: 6.500 dollari. L’ultimo “articolo” è ancora un soldato: «Indossa un elmo cornuto e una corta tunica con scollo a V, arco sulla spalla sinistra, viso ovale, lungo naso sottile che si fonde con sopracciglia sporgenti». L’origine? Nel catalogo su internet si cita un’altra collezione, stavolta inglese. Periodo nuragico, VIII-IX secolo. Battuto a partire da 25mila dollari.

E se Pili nella sua interrogazione «a risposta scritta» domanda al ministero «come voglia intervenire», di sicuro denunce come questa spingono a parecchie riflessioni. E fanno sorgere numerosi interrogativi. A cominciare da uno sostanziale: perché non viene adeguata la legislazione internazionale per evitare che vicende del genere si trasformino in giusto scandalo?

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