La Nuova Sardegna

Sardegna e Corsica: «In Europa da alleate»

Sardegna e Corsica: «In Europa da alleate»

Sa Die, la cerimonia congiunta in Consiglio regionale. Pigliaru: «Costruiamo una macro-regione»

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CAGLIARI. Nel giorno della festa dell’orgoglio, consumata con solennità insieme alla Corsica in Consiglio regionale, c’è stato spazio anche per un’inaspettata manciata di sana gelosia. La prima è questa: a sorpresa i corsi hanno confessato d’invidiare ai sardi il loro Statuto speciale. È inevitabile per un popolo ancora governato come se vivesse (e non è così) in una qualunque delle province francesi sulla terra ferma. Mentre con minor sorpresa i sardi, che lo Statuto finora l’hanno saputo sfruttare poco e gran poco li è stato permesso di farlo valere, hanno ammesso di essere gelosi della forza e voglia d’unità dimostrata da chi ora è salutato come un fratello gemello. È così da quando, nella vicina isola, i partiti indipendentisti, autonomisti e sovranisti si sono messi assieme per vincere le elezioni regionali, poi vinte alla grande, fino a lasciare di stucco una Parigi preoccupata da questa rivoluzione democratica. Se in un domani neanche tanto lontano, Sardegna e Corsica riuscissero solo a conquistare, a realizzare il «bene» ora invidiato una all’altra, di sicuro starebbero molto meglio. Nell’attesa, hanno condiviso una «Sa die de sa Sardigna» internazionale, vissuta non da cospiratori ma da chi «dall’Europa vuole riconosciuto finalmente lo svantaggio di essere isole. Diritto invece finora sempre negato o sottovalutato dalle Nazioni madri (o matrigne), l’Italia e la Francia». È proprio questo il segnale che è arrivato da un Consiglio miscelato con sapienza per l’evento. Esagerato definire storico, ma certo è stato importante. Lo sarà soprattutto fra due mesi quando Sardegna e Corsica daranno sostanza alla Consulta permanete di confronto e discussione. Sarà quello il passo decisivo (altri li hanno già fatti i governi regionali) per presentarsi a Bruxelles come «la prima macro-regione del Mediterraneo che non si lamenta, non cerca elemosine, però pretende pari dignità sociale, politica ed economica».

Il dibattito. A intervenire per primo è stato il presidente del Consiglio regionale Gianfranco Ganau. A parte le polemiche scatenate da un passaggio del discorso, vedi articolo sotto, ha detto: «Oggi più che mai queste dobbiamo essere alleati per riprendere in mano la nostra storia. Noi e voi abbiamo vissuto situazioni storiche simili, caratterizzate da imposizioni, angherie e soprusi, ma abbiamo sempre mostrato di saperci opporre alle ingiustizie non più tollerabili. Ora dobbiamo essere capaci di riprendere in mano il futuro, unirci per e ritornare a essere vincenti». Il presidente dell’Assemblea corsa, Jean-Guy Talamoni, indipendentista convinto, non s’è fatto sfuggire l’occasione: «Dopo essere stati intrappolati dai dominatori e anche tenuti lontani, oggi noi e voi vogliamo costruire ponti fra le nostre due isole, per superare la prepotenza degli Stati Nazione ed essere di nuovo protagonisti in quello che vorremmo: l’Europa dei popoli». Con toni meno accesi, è poi intervenuto il presidente della Regione Francesco Pigliaru. «La ritrovata cooperazione – ha detto – nasce per promuovere interessi comuni nei confronti dei rispettivi governi e soprattutto dell’Europa. Assieme alle Baleari, dobbiamo accelerare il percorso della macro-regione, per presentarci con una proposta serie, corretta, inattaccabile».

Il confronto. Nel dibattito è stata poi la volta, in una perfetta alternanza, i capigruppo dei due Consigli. C’è chi fra gli ospiti ha parlato in corso stretto, altri francese, mentre fra quelli di «casa nostra» non sono mancati i discorsi in sardo, gallurese, la maddalenino e ovvio anche in italiano. Ma al contrario del passato questa volta l’Aula non è apparsa la solita babele di lingue. No, è stata una lezione all’Europa di oggi: poco dei popoli e molto, troppo, dei governi. (ua)

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