La Maddalena, sul vascello “The Duke” brindisi dai mille colori per il Barawards
Paolo Ardovino
Il cocktail bar premiato con l’ambito riconoscimento. Il titolare Leandro: «Zona rossa? Ne prendiamo atto ma tireremo dritti»
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Va bene, il contesto suggerisce la metafora, ma è il titolare stesso a proporla per primo. Il locale è il veliero, Leandro il capitano («mi piace dire l’ammiraglio ma è troppo per me, lo riconosco»), Laura, la bartender, è il nocchiere, Valeria, la responsabile della sala, veste i panni del direttore di macchina. L’equipaggio è di quelli vincenti. The Duke cocktail bar viene dal secondo posto ai Barawards nella categoria dedicata proprio al lavoro di team, ed è solo l’ultima menzione nazionale in ordine cronologico.
Nel pieno centro storico della Maddalena, incastonato tra piazza Garibaldi, piazza Umberto I e piazza XXIII Febbraio, le tante bottiglie del Duke colorano le mura interne di un palazzo ottocentesco. Non si può dire che Leandro Serra non sia una persona positiva – «ma non diciamolo in questo periodo» –, commentare l’ultimo premio è l’occasione per commentare l’ultimo anno, che per persone come lui, titolari di locali prettamente serali e notturni, è stato l’annus horribilis. Quando Leandro ne parla, la zona rossa alla Maddalena è ancora un’ipotesi, ora è realtà, ma già commentava senza troppi giri, «ne prenderemo atto». Un anno fa, ricorda, così aveva affrontato la situazione: «Durante la chiusura abbiamo sviluppato idee in prospettiva e una volta riaperto abbiamo sperimentato il “passaporto del cliente”. Al cliente viene fornita una sorta di documento dove al posto dei dati anagrafici ci sono i suoi gusti e i suoi drink preferiti. In più, permetteva di prenotare un tavolo e avere il proprio posto personale all’interno del Duke. Ci lavoravo da un po’, è stata l’occasione giusta. L’idea mi è venuta da un vecchio hotel parigino».
Lui, di Mogoro, si è trasferito nell’isola nel 1977, «studiavo a Tempio e mio fratello era militare qui, venivo a trovarlo. Lui è andato via, io sono rimasto, anche perché un paio d’anni dopo ho conosciuto quella che è diventata mia moglie». Leandro è nell’ambiente del beverage da 43 anni, attraverso tre locali. The Duke è nato nel 2012, «incentrato sulla miscelazione, era l’unico bar ad aprire di sera. Siamo ostinati come dei bravi marinai – parla del suo equipaggio, appunto –, puntiamo a superare le tempeste per portare la nave al porto indenni». In particolare, cita Laura Schirru, la bartender del locale, e la responsabile di sala Valeria Casula. Ma sono diversi i componenti a bordo «e a fine maggio ho assunto una persona in più per gestire l’affluenza e evitare assembramenti. Negli ultimi mesi siamo rimasti spesso chiusi, ma non ci siamo fatti abbattere».
Il secondo posto su scala nazionale nell’edizione 2020 dei Barawards è una medaglia al merito. È arrivata anche una lettera del sindaco per complimentarsi pubblicamente. Per il 2019 erano arrivati terzi, stessa categoria della competizione. Negli ultimi anni sono stati menzionati come prima rivelazione tra i cocktail bar per Blue Blazer. «Pensiamo a rivalutare e sostenere il territorio – dice Leandro sui drink che escono dal Duke –, i piccoli artigiani che producono piccoli prodotti. Il nuovo menù è basato su sapori e colori che ci avvicinano al cliente più che a noi stessi». Tra i nomi dei nuovi arrivati del menù, molti sono a tema cinema «uno di questi, Ammentos, è ispirato a “Il ponte delle spie” di Spielberg». Sulla stessa lunghezza d’onda, un facile gioco di parole con cui chiudere è “Moby Duke”.
Nel pieno centro storico della Maddalena, incastonato tra piazza Garibaldi, piazza Umberto I e piazza XXIII Febbraio, le tante bottiglie del Duke colorano le mura interne di un palazzo ottocentesco. Non si può dire che Leandro Serra non sia una persona positiva – «ma non diciamolo in questo periodo» –, commentare l’ultimo premio è l’occasione per commentare l’ultimo anno, che per persone come lui, titolari di locali prettamente serali e notturni, è stato l’annus horribilis. Quando Leandro ne parla, la zona rossa alla Maddalena è ancora un’ipotesi, ora è realtà, ma già commentava senza troppi giri, «ne prenderemo atto». Un anno fa, ricorda, così aveva affrontato la situazione: «Durante la chiusura abbiamo sviluppato idee in prospettiva e una volta riaperto abbiamo sperimentato il “passaporto del cliente”. Al cliente viene fornita una sorta di documento dove al posto dei dati anagrafici ci sono i suoi gusti e i suoi drink preferiti. In più, permetteva di prenotare un tavolo e avere il proprio posto personale all’interno del Duke. Ci lavoravo da un po’, è stata l’occasione giusta. L’idea mi è venuta da un vecchio hotel parigino».
Lui, di Mogoro, si è trasferito nell’isola nel 1977, «studiavo a Tempio e mio fratello era militare qui, venivo a trovarlo. Lui è andato via, io sono rimasto, anche perché un paio d’anni dopo ho conosciuto quella che è diventata mia moglie». Leandro è nell’ambiente del beverage da 43 anni, attraverso tre locali. The Duke è nato nel 2012, «incentrato sulla miscelazione, era l’unico bar ad aprire di sera. Siamo ostinati come dei bravi marinai – parla del suo equipaggio, appunto –, puntiamo a superare le tempeste per portare la nave al porto indenni». In particolare, cita Laura Schirru, la bartender del locale, e la responsabile di sala Valeria Casula. Ma sono diversi i componenti a bordo «e a fine maggio ho assunto una persona in più per gestire l’affluenza e evitare assembramenti. Negli ultimi mesi siamo rimasti spesso chiusi, ma non ci siamo fatti abbattere».
Il secondo posto su scala nazionale nell’edizione 2020 dei Barawards è una medaglia al merito. È arrivata anche una lettera del sindaco per complimentarsi pubblicamente. Per il 2019 erano arrivati terzi, stessa categoria della competizione. Negli ultimi anni sono stati menzionati come prima rivelazione tra i cocktail bar per Blue Blazer. «Pensiamo a rivalutare e sostenere il territorio – dice Leandro sui drink che escono dal Duke –, i piccoli artigiani che producono piccoli prodotti. Il nuovo menù è basato su sapori e colori che ci avvicinano al cliente più che a noi stessi». Tra i nomi dei nuovi arrivati del menù, molti sono a tema cinema «uno di questi, Ammentos, è ispirato a “Il ponte delle spie” di Spielberg». Sulla stessa lunghezza d’onda, un facile gioco di parole con cui chiudere è “Moby Duke”.