All’asta le palazzine di Coimpresa per recuperare i soldi della Regione
Il costruttore Cualbu deve restituire quasi 90 milioni per Tuvixeddu
Cagliari Dal 9 aprile di quattro anni fa la Nuova Iniziative Coimpresa del costruttore Gualtiero Cualbu deve restituire alla Regione i circa 78 milioni - oggi diventati quasi 90 - che gli erano stati versati in base a un lodo arbitrale successivamente annullato dalla Corte d’Appello di Roma e dalla prima sezione della Corte di Cassazione per risarcirlo della mancata edificazione del complesso immobiliare pianificato sul colle storico di Tuvixeddu. Quei soldi, come accertato dal tribunale fallimentare che sta per pronunciarsi sulla sorte dell’impresa, sono spariti in direzione di altre società del gruppo Cualbu malgrado fossero strettamente vincolati, con impegno assunto davanti al tribunale civile, all’attività di Coimpresa e dovessero restare sui suoi conti bancari. Ora, dopo ingiunzioni e altri vani tentativi della Regione di recuperare il colossale credito in una situazione che profuma di bancarotta, l’Agenzia delle Entrate ha preso in carico i beni pignorati all’impresa che voleva stravolgere l’area della necropoli punico-romana più grande del mondo e li ha messi all’asta, nel tentativo di riportare nelle casse pubbliche almeno una parte del denaro distratto.
Il primo appuntamento - il primo incanto, in termini tecnici - è in programma il prossimo 10 gennaio nell’aula 31 del tribunale di Cagliari, quando i funzionari dell’Agenzia apriranno la procedura per l’assegnazione di quaranta lotti a un prezzo base complessivo di 10 milioni e 80 mila euro. Si tratta delle due sole palazzine che Coimpresa riuscì a realizzare ai margini del colle punico, in via Is Maglias, prima del blocco imposto dall’amministrazione Soru prima per notevole interesse culturale e poi in base al piano paesaggistico regionale. Appartamenti, locali commerciali, autorimesse, seminterrati che si cercherà di vendere al miglior offerente. Nell’avviso di vendita sono indicate altre due date, il 9 febbraio e il 9 marzo, in cui se il primo incanto andrà deserto l’asta sarà ripetuta con ribasso di un terzo per volta.
Inutile farsi illusioni: ammesso che la vendita vada a buon fine a condizioni decorose la Regione riavrà soltanto una piccola parte del tesoro consegnato a Cualbu subito dopo l’arbitrato che diede ragione al costruttore. Da quel giorno è saltato tutto: l’impegno di restituire il denaro in caso di sentenze successive contrarie, l’obbligo di mantenere i soldi in cassa e comunque di non destinarli ad attività esterne. In altre parole: l’ottantina di milioni dei contribuenti è sparita in fondo alle tasche della famiglia di costruttori, in una sequenza di decisioni giudiziarie inappellabili, la più recente la bocciatura da parte dei giudici di Roma del secondo arbitrato che avrebbe dovuto, nelle speranze dei costruttori, continuare a garantire a Coimpresa il risarcimento ventennale di un danno già dichiarato inesistente dalla Cassazione.
Aste a parte, il seguito di questa complessa vicenda nata nel 2000 e andata avanti fino ad oggi potrà essere scritto solo negli atti giudiziari. Se la procedura fallimentare, rallentata dal secondo arbitrato fantasma, si concluderà come appare scontato le carte passeranno al pm Guido Pani che dovrà valutarne le conseguenze anche sul profilo penale.