La Nuova Sardegna

Le testimonianze

Assalto al portavalori, l’autista che ha filmato i banditi: «Uno mi puntava il fucile e ho pensato che gli partisse un colpo»

di Enrico Carta

	I banditi si avvicinano armati al furgone intimando al guidatore di scendere e buttare le chiavi, la scena è stata filmata col telefonino
I banditi si avvicinano armati al furgone intimando al guidatore di scendere e buttare le chiavi, la scena è stata filmata col telefonino

«Indossava mimetica e passamontagna. Mi ha fatto scendere dal furgone ordinandomi di gettare via le chiavi. Sono scappato e ho corso per 800 metri. Ho sentito gli spari, poi il fumo dei copertoni. Un inferno di 20 minuti»

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Siligo È l’uomo del furgone. Quello col telefonino in mano che per un minuto esatto ha ripreso una parte dell’assalto e ha portato tutta l’Italia dentro l’azione dei malviventi. È l’uomo che nel video – pubblicato sul nostro sito all’indirizzo www.lanuovasardegna.it – ansima mentre due banditi gli si fanno incontro, prima silenziosi poi molto espliciti e non solo perché hanno il fucile automatico e forse una mitraglietta. In quel minuto si sente la loro voce. Le prime parole sono chiare: «A terra, a terra», mentre uno dei due gli fa cenno con la mano che deve scendere dal furgone. Poi le minacce si fanno più pesanti nel momento in cui il guidatore apre lo sportello: «Fermo lì, fermo lì. Fermo o sparo, avvicinati, lanciami le chiavi, lanciami le chiavi». Con il tono della voce che si fa sempre più alto. Poi ancora un ordine, probabilmente agli occupanti della Yaris rossa che si vede nel video stesso: «Tu butta le chiavi a terra». Succede proprio nell’istante in cui il telefonino viene abbandonato nel furgone e, dal quel momento, inquadrerà solo il rivestimento del sedile. Le voci e le urla, però, si sentono ancora: «Tu, butta le chiavi a terra, chiavi a terra. Le chiavi» e infine: «Attento a questo, attento a questo».

Poi saranno altri automobilisti in altri punti della 131 a riprendere la scena offrendo altre visuali. L’uomo del furgone, di cui non indichiamo il nome per tutelarne l’incolumità, era partito da Oristano ieri mattina per andare a fare un lavoro nel Sassarese. È stato il primo a incrociare il commando e ad avere a che fare con i banditi e la sua è una delle tante testimonianze che ora gli inquirenti stanno esaminando per cercare di cogliere tutti i dettagli possibili che possano portare a individuare i malviventi. «Erano circa le 7.50 quando ho avvertito un rumore, era come se il furgone fosse stato colpito da qualcosa – racconta –. Lì per lì non ho capito bene cosa potesse essere e ho pensato che fosse qualche oggetto che aveva perso il camion che mi precedeva. Allora l’ho superato e mi sono ritrovato davanti un pick up fermo e di traverso nella carreggiata con la parte posteriore scoperta. Nel frattempo penso che qualcuno abbia tirato delle pietre contro le macchine che arrivavano, mentre qualcun altro ha gettato dei chiodi a tre punte per forare gli pneumatici. Di questo, però, inizialmente non mi sono accorto. Quando sono andati via ho visto la gomma a terra e ho collegato il tutto». È stato questo il primo incontro ravvicinato con i banditi. È passato un attimo e due persone in mimetica e passamontagna sono scese dal pick up per andare incontro al furgone, che nel frattempo aveva arrestato la marcia, e a una Yaris rossa che lo affiancava.

«Li ho visti avvicinarsi, poi mi hanno urlato di scendere dalla macchina e di togliere le chiavi. Inizialmente ho capito che dovevo togliermi gli occhiali e ho eseguito l’ordine. Ma non era quello che volevano e allora mi hanno ripetuto, urlando, di lanciargli le chiavi che poi uno di loro ha gettato a lato della carreggiata, dopo che ha chiuso con un calcio lo sportello del mio furgone. Le ho ritrovate dopo che sono andati via».

A quel punto, tutti i passeggeri delle auto e degli altri mezzi, che man mano arrivavano e si fermavano, sono scesi e sono scappati. «Abbiamo corso per circa settecento, forse ottocento metri, non saprei dirlo. Siamo andati via da lì, anche se non ho avuto paura e sono rimasto abbastanza lucido. Istintivamente mi è venuto da pensare che non fosse vero, sebbene fossi ben consapevole del contrario. Mi sono preoccupato solo nel momento in cui il bandito veniva verso di me, perché muoveva il fucile come una persona che non è abituata a usarlo. Ho capito che era un’arma pericolosissima e ho temuto che potessero partire dei colpi anche solo sfiorando per errore il grilletto. Si capiva che non era calmo: magari avevano pianificato tutto alla perfezione, ma quella persona che mi veniva incontro non mi sembrava abituata a gestire una situazione del genere. Dopo che ci siamo allontanati abbiamo iniziato a sentire degli spari assieme alle urla. Penso fosse il momento in cui i banditi si sono scontrati con le guardie giurate, non so dire se fossero già arrivate anche le forze dell’ordine».

La concitazione del momento non gli ha impedito di fotografare mentalmente quel piccolo campo di battaglia. «I due che ci erano venuti incontro sono tornati indietro e penso che abbiano fatto da supporto agli altri, occupandosi di sbarrare la strada a qualsiasi possibile incursione di altre persone. Per circa cinque minuti ho sentito che si stavano dando da fare probabilmente per prendere i soldi dai furgoni portavalori e per aprire le casseforti. Poi continuavano gli spari e ha iniziato a levarsi alto il fumo dei copertoni che venivano incendiati assieme alle balle di fieno, tutto messo apposta per evitare che qualcuno potesse avanzare. Quanto è durato? Una ventina di minuti. In questo tempo ho notato che il bivio per Siligo era completamente sgombro, non c’erano auto o altri mezzi e credo che abbiano usato lo svincolo libero per andare via. Lì attorno è pieno di stradine di campagna, è possibile che possano averle usate per la fuga». In realtà i banditi potrebbero essersi divisi in più gruppi. Forse qualcuno si è inoltrato per davvero in una di quelle vie poco battute, ma è assai probabile che la direzione di fuga non sia stata per tutti la medesima. 

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