La Nuova Sardegna

L’analisi del fenomeno

Allarme cinghiali in Sardegna: «Non temono più l’uomo»

di Federico Spano

	Il veterinario Marco Muzzeddu e alcuni cinghiali 
Il veterinario Marco Muzzeddu e alcuni cinghiali 

Il veterinario di Forestas, Marco Muzzeddu: «Un errore dare loro da mangiare»

20 agosto 2024
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Sassari L’episodio del bambino di nove anni aggredito e ferito da un cinghiale su una spiaggia dell’isola di Spargi, è la «diretta conseguenza del comportamento sbagliato dei tanti turisti che nel corso degli anni hanno dato da mangiare a questi animali».

Marco Muzzeddu, veterinario di Forestas, che da anni si occupa di fauna selvatica, non ha dubbi. «L’uomo non viene più visto come un predatore, ma come una fonte di cibo. Non è un caso che, quotidianamente, gli zaini dei turisti diventino bersagli dei cinghiali che, non provando alcun timore, si avvicinano alla ricerca di cibo, arrivando a prenderlo con la forza».

Centri urbani I cinghiali, ormai, vivono nelle periferie della città e sempre più spesso arrivano ad aggredire i passanti. Negli anni scorsi hanno fatto il giro dei social le immagini di una donna che aveva appena fatto la spesa, scaraventata a terra da un cinghiale in un quartiere di Roma. Anche le periferie dei centri urbani sardi ormai sono invase dagli ungulati. «Nei centri abitati i cinghiali vivono indisturbati – spiega Marco Muzzeddu –. Nessuno fa loro del male, trovano da mangiare e alla fine, da diffidenti nei confronti dell’uomo, prendono il sopravvento. A questo si deve aggiungere un altro aspetto, un tempo una femmina di cinghiale sardo partoriva meno piccoli, al massimo sei all’anno, che con l’altissimo tasso di mortalità, si riducevano a due. Oggi una scrofa arriva a partorire fino a 10-12 piccoli e sopravvivono quasi tutti, vista anche la facilità che hanno nel procurarsi da mangiare. Anche con gli abbattimenti della stagione venatoria, il numero di nati resta nettamente superiore a quello di quelli eliminati. Il cinghiale sardo ormai vive in poche zone, probabilmente in passato sono stati fatti ripopolamenti con altre specie, ma sono avvenute anche ibridazioni con maiali lasciati allo stato brado».

Rifiuti In città come Sassari e Alghero, ma anche in centri turistici come Stintino, la presenza di cinghiali ha raggiunto livelli preoccupanti. A Sassari, le zone di via Milano, Filigheddu e Monte Bianchino sono letteralmente invase. A Stintino ormai da anni si usano recinzioni elettriche per salvare aiuole e prati. «Una prima soluzione potrebbe essere quella di ridurre la quantità di cibo che i cinghiali possono trovare nelle zone urbane, per esempio utilizzando i cassonetti di rifiuti anticinghiale. Gli animali non riescono a rovesciarli e di conseguenza non si procurano da mangiare. Altra cosa utile sarebbe avvisare i turisti e i cittadini, magari con cartelli informativi, di non dare mai da mangiare ai cinghiali. Procurare cibo agli ungulati significa fare un doppio danno, perché con la crescita fuori controllo della popolazione, si dovrà per forza mettere in atto una ulteriore repressione.

Abbattimenti Le province hanno attivato i caccia selettori che hanno un ruolo nel contenimento di questa specie. Per esempio, un agricoltore può fare richiesta alla provincia, e il caccia selettore fa gli abbattimenti anche al di fuori della stagione venatoria. Ma questo tipo di attività si può svolgere soltanto fuori dai centri abitati. Nelle città si devono trovare soluzioni con trappole o con la telenarcosi. «Tramite la prefettura si dovrebbe costituire un tavolo tecnico per concordare le modalità di cattura nelle città – conclude il veterinario di Forestas –, ma bisogna anche stabilire cosa fare dei cinghiali catturati. Possono essere trasferiti in altri areali, oppure, in ultima ratio, possono essere abbattuti».

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