Caldo anomalo e alluvioni flash, Dario Secci: «In Spagna e Sardegna situazioni molto simili»
Il meteorologo di Sardegna Clima e Baku Meteo: «La precauzione di impatto più immediato è la pianificazione del territorio»
Sassari Un ottobre vestito d’estate. Il sud Sardegna assetato da mesi di siccità travolto da un’alluvione flash. Il disastro ambientale e umano in Spagna. Temi delicati, complessi, che Dario Secci, meteorologo di Sardegna Clima e Baku Meteo, analizza intrecciando analisi scientifica con valutazioni socio-ambientali.
Partiamo dalla situazione attuale: ottobre in t-shirt e temperature calde. È una situazione che possiamo considerare “normale”?
«In linea generale tutto il mese ha avuto temperature sopra la media climatologica, a differenza di settembre, in cui l'anomalia termica è stata pressoché nulla. Una situazione che potremmo definire anche normale, se non fosse che da tempo prevalgono i mesi con anomalia positiva rispetto a quelli con anomalia negativa. Ecco questo non è normale. In termini popolari “la t-shirt a ottobre” non è qualcosa di eccezionale. Lo diventa se la si può tenere per tutto il mese, anche in centri di alta collina.
Una settimana fa c'è stato un evento alluvionale nel sud Sardegna con danni e una vittima. Anche questo è un fatto normale o una conseguenza del cambiamento climatico?
La Sardegna può raccontare ampie pagine di eventi alluvionali. Nel caso del Sud Sardegna non siamo certo difronte a un evento dalle caratteristiche uniche, sia per tipologia di fenomeni (temporale autorigenerante v-shaped) sia per la zona in cui si è formato. Che sia responsabilità dei cambiamenti climatici lo si può pensare a caldo, ma ragionando in termini scientifici è assolutamente da dimostrare la correlazione. Proprio perché sono aree dove già in tempi non sospetti vi sono stati eventi alluvionali. Se per cambiamenti climatici intendiamo l’aumento delle temperature, questi allora sì, hanno avuto un ruolo in termini di intensità del fenomeno: più caldo uguale più umidità specifica, uguale più energia nella colonna d’aria, uguale fenomeni più violenti (pioggia, vento, grandinate). Quindi, sempre per ipotesi, il fatto che a Vallermosa si sia misurato il valore pluviometrico più alto della serie storica, 291 millimetri in 6 ore, è attribuibile, in parte, ai cambiamenti climatici. Non dimentichiamo però che la stessa stazione ha rilevato in passato diverse volte cumulati superiori ai 200 mm in poche ore.
Spagna e Sardegna hanno registrato delle analogie climatiche con una estate molto siccitosa e temperature alte fuori stagione. L’isola rischiamo un fenomeno simile a quello di Valencia?
«Quello che è successo in Spagna è speculare a quanto accaduto in Sardegna o nella Penisola. I temporali autorigeneranti sono molto pericolosi e sono i maggiori responsabili delle alluvioni lampo e nella regione di Valencia abbiamo assistito a questa tipologia di fenomeni, se vogliamo anche più estesi rispetto a quelli sardi. La densità di popolazione ha probabilmente fatto la differenza nei gravi danni e nella perdita di vite umane. Dimentichiamo poi una delle ragioni per cui si verificano le inondazioni: la cattiva pianificazione territoriale e la cementificazione selvaggia. L’alluvione di Olbia del 2013 contò 14 morti. Olbia non è Valencia, ma possiamo osservare come vi è correlazione tra numero di abitanti e vittime. Olbia è un esempio di mix fatale tra cattiva pianificazione e fenomeni intensi. Ma non dimentichiamo Bitti, Villagrande Strisaili, Capoterra tra le alluvioni recenti con perdite di vite umane.
In futuro vivremo altri fenomeni di questo tipo? Li potremo solo subire o possiamo fare qualcosa per difenderci?
«Proprio ieri parlavo con un collega delle alluvioni di ottobre 1951, quindi in tempi non sospetti. In Sardegna furono evacuati e riedificati due centri abitati: Gairo e Osini, numerosi feriti e sfollati e una ventina di morti. Un evento simile oggi avrebbe conseguenze socio-economiche ancora più gravi, se pensiamo alla crescita esponenziale delle aree urbanizzate, spesso su zone alluvionali. Le precauzioni più urgenti vanno prese in termini di pianificazione e gestione del territorio, perché sono di più immediato riscontro. Solo così potremo affrontare in maggiore sicurezza gli eventi. Le politiche per la lotta all'aumento dell’effetto serra, ora “climate change” o “global warming”, sono altrettanto urgenti, ma qui purtroppo siamo molto in ritardo. Invertire la rotta, riducendo le emissioni globali di CO2 sembra quasi collidere con l’andamento demografico globale, l’aumento del fabbisogno energetico e di materie prime, la società del consumismo. Se in futuro, la nostra o le prossime generazioni dovessero riuscire a ridurre emissioni di Co2 e inquinamento, probabilmente ci vorranno diversi decenni se non secoli per tornare alle condizioni precedenti, sempre che il clima non raggiunga equilibri diversi. L’unica difesa nell'immediato è la messa in sicurezza del territorio, insieme un sistema capillare di monitoraggio idro-meteorologico e di allertamento».