Desirè Manca: «Il benessere lavorativo è vitale, ma estendiamo la settimana corta anche alle aziende private»
L’assessora regionale: «È uno step di civiltà e va fatto ad ampio raggio»
Sassari La prospettiva della settimana corta lavorativa entusiasma sino a un certo punto l’assessora regionale Desirè Manca: «Ottima iniziativa – dice – ma al momento ha un piccolo difetto: riguarda solo il settore pubblico. Fosse per me la estenderei anche alle aziende private, dal momento che rappresentano il 70 per cento della forza occupazionale. Limitarsi solo al settore pubblico lo trovo piuttosto riduttivo. Questo passo avanti di civiltà, questo sforzo va fatto a più ampio raggio».
Diversi paesi europei sono già avanti su questo fronte, mentre l’Italia è qualche puntata indietro.
«Purtroppo è così, il benessere del lavoratore è un aspetto fondamentale, eppure non è mai stato tenuto nella giusta considerazione. Sono convinta che poter conciliare in maniera serena la propria vita lavorativa con gli impegni familiari, abbia un impatto positivo a livello psicofisico, e aumenti anche il rendimento e la produttività di ciascuno».
Le è mai capitato, nella sua esperienza, di dover sottrarre tempo ed energie alla famiglia per dirottarle sul lavoro?
«Sì, ho vissuto sulla mia pelle questa situazione e so cosa significa per una donna essere costretta a lavorare a tempo pieno anche durante la maternità. Dieci giorni dopo aver partorito mio figlio sono tornata al lavoro, ho fatto enormi sacrifici: allattavo e subito dopo dovevo scappare. Per una donna è ancora più difficile conciliare affetti e lavoro, perché la gestione della casa ricade quasi tutta sulle sue spalle. Perciò la settimana lavorativa più corta viene particolarmente incontro alle esigenze di chi vorrebbe essere più presente nella vita familiare».
Tra le proposte del pacchetto del nuovo contratto per il personale del pubblico impiego, c’è anche il ricorso allo smart-working. È favorevole anche a questa modalità operativa?
«Ben venga un giorno libero in più a settimana, ma sullo smart-working rimango molto scettica. Per quanto riguarda i servizi pubblici non sono per nulla convinta che il lavoro a distanza possa garantire lo stesso livello di efficienza. Bisognerebbe monitorare attentamente le prestazioni erogate in regime di smart working, valutare se il sistema funziona come il servizio in presenza, e poi decidere se adottarlo in maniera definitiva o meno. Per me l’esperienza della pandemia ha dato un’indicazione chiara: quando il personale degli uffici pubblici era in smart working le prestazioni erano decisamente peggiorate. Ora che lo scenario è diverso, che non c’è più il covid, si potrebbe fare un secondo tentativo. Ma lo smart working va sicuramente testato, controllato e verificato».