Lavoravano con la cannabis a Predda Niedda, il pm: «Caso da archiviare»
Un anno fa sequestrati 12 quintali di infiorescenze e indagate 4 persone. Le perizie: «Principio attivo esiguo». Il gip dice no all'archiviazione e fissa l’udienza
Sassari Per il sostituto procuratore Angelo Beccu – che a gennaio dell’anno scorso aveva firmato il decreto di sequestro di dodici quintali di marijuana e del capannone che li ospitava, a Predda Niedda – il procedimento a carico di quattro sassaresi indagati per produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti, va archiviato.
Conclusione alla quale il pm è giunto all’esito delle due consulenze tecniche eseguite durante le indagini. Che hanno accertato, in sintesi, “l’inoffensività del fatto”. Per gli indagati, tutti difesi dall’avvocato Antonio Secci che ha avviato una lunga battaglia legale per far valere le ragioni dei propri assistiti, quella sostanza conservata in bidoni di plastica e scatole di cartone era in realtà cannabis light, e quindi legale. La utilizzavano nella loro impresa dedita alla commercializzazione dei derivati e dei prodotti correlati (oli, saponi, fibre tessili e molto altro).
Dopo il sequestro operato dalla squadra mobile di Sassari i soci si erano trovati in un mare di guai, costretti a sospendere tutte le attività, a licenziare i dipendenti, senza riuscire più a pagare nemmeno l’affitto del capannone.
Ora il pm Beccu, riferendosi in particolare alla seconda consulenza tecnica (eseguita dalla professoressa Claudia Trignano), ha ritenuto di dover chiedere al gip l’archiviazione del caso perché “seppure il quantitativo complessivo dello stupefacente consenta di ricavare un numero di dosi elevato – scrive – la percentuale di principio attivo nello stesso presente si rivela talmente infima (tra lo 0,4 e lo 0,9% come stabilito anche dall’altro consulente Mario Chessa) da richiederne, affinché la singola assunzione abbia un effetto drogante, un uso abnorme, spropositato e in concreto assolutamente irrealistico secondo la comune esperienza giudiziaria: ne discende l’inoffensività del fatto”.
La Trignano aveva infatti sostenuto che la “capacità drogante di materia vegetale con percentuale di principio attivo Thc pari allo 0,6% dipende da numerose variabili e un valore univoco o standardizzato per stabilire l’efficacia drogante di una sostanza non è rinvenibile nella letteratura scientifica di riferimento”. Per la Procura, quindi, non sussistono gli elementi oggettivi del reato ipotizzato.
Ma il gip Sergio De Luca – “sulla base della documentazione in atti” – qualche giorno fa ha ritenuto di non dover accogliere la richiesta di archiviazione del pubblico ministero e ha fissato per il 19 marzo l’udienza in camera di consiglio. In quell’occasione il giudice darà la parola alle parti per eventuali chiarimenti e successivamente potrà convincersi e archiviare o disporre nuovi approfondimenti investigativi o, ancora, ordinare l’imputazione coatta imponendo al pm di esercitare l’azione penale e mandare gli indagati a giudizio.
Intanto, capannone e infiorescenze sono ancora sotto sequestro, lo stesso pubblico ministero – pur sollecitando l’archiviazione del procedimento – ha chiesto “la confisca di quello stupefacente trattandosi pur sempre – scrive – di cose illecite di cui è vietata la detenzione”.
Eppure nel proprio sito web quella società descriveva un uso della cannabis sativa per scopi tutt’altro che illegali. Veniva specificato che la sostanza in questione “ha documentati effetti antinfiammatori, tranquillanti e energizzanti, antiossidanti, antiepilettici, antipsicotici, antitumorali. Combatte l’acne, e tanto altro”. I prodotti commercializzati “appartengono a varietà di cannabis sativa – aggiungevano i titolari – approvate CE e iscritte nel catalogo comune delle specie di piante agricole. Sono venduti per uso tecnico, collezionismo e comunque in accordo agli usi di cui alla legge 242/16”. Un prodotto finale “di alto livello”, quello ottenuto, che riguarda anche la cosmesi, con creme, saponi e vari articoli in cui le caratteristiche della canapa lavorano in sinergia con le proprietà delle altre piante officinali.
Ora non resta che attendere l’udienza di marzo e, soprattutto, la decisione del giudice De Luca.