Non avviò l’impresa, dovrà restituire i fondi al ministero
La Corte dei Conti condanna una donna di Sennori Danno erariale per un’azienda agrituristica mai realizzata
SENNORI. Il suo sogno era gestire un agriturismo nelle campagne di Sennori dando lavoro a 8 persone. Nel 2003 ha costituito una società con la quale ha presentato un business plan che ha fruttato oltre 44mila euro di finanziamenti ministeriali. Oggi, a distanza di 10 anni, Annunziata Nannoni e la sua società “I Ginepri”, sono state condannate dalla Corte dei conti per danno erariale «a titolo di dolo». Ora dovranno restituire fino all’ultimo centesimo, rivalutazione compresa, per aver prodotto false certificazioni e per non aver avviato l’attività che, attraverso il finanziamento, avrebbe dovuto creare nuovi posti di lavoro.
La storia. L’idea era di investire oltre 300mila euro in un’attività ricettiva in regione Oliedu, nell’agro sennorese. Erano questi i buoni propositi di Annunziata Nannoni, quando nel 2003 ha presentato domanda di finanziamento all’allora ministero delle Attività produttive (ora dello Sviluppo economico). Poco dopo ottenne il via libera per un finanziamento da 88.614 euro per «l’avvio di una nuova attività di agriturismo in un immobile già esistente, previa esecuzione di un’adeguata ristrutturazione» e i buoni propositi si trasformarono ben presto in qualcos’altro. Incamerò soltanto la prima rata di 44mila euro, che ora dovrà restituire, dopo che la Guardia di Finanza scoprì che il denaro era stato speso in violazione delle norme che disciplinano le agevolazioni statali, esibendo - per i lavori svolti - fatture «in tutto o in parte inesistenti». In sostanza, la ditta che compariva nell’intestazione delle ricevute presentate per certificare le spese ha disconosciuto le fatturazioni, fra l’altro datate in periodi in cui la struttura non aveva nemmeno la concessione per poter fare i lavori: un’evidenza che non è sfuggita ai giudici. Significa che quando la società della Nannoni ha incamerato il denaro pubblico, in realtà non aveva neanche la concessione edilizia per poter fare i lavori. Per non parlare dei successivi dinieghi del Comune di Sennori, che ha rilascio una concessione finale solamente nel 2011, dopo che gli abusi erano stati corretti.
La sentenza. Sembra tutto nato attorno a quello che i giudici definiscono «vizio originario dell’intervento», ossia la non conformità allo strumento urbanistico comunale all’epoca vigente. Una volta ottenuto il finanziamento, la società avrebbe messo in campo una serie di fatture false per dimostrare di aver ben speso il denaro pubblico. Di diverso avviso i giudici, che hanno condannato la donna a pagare. Il collegio, formato dal presidente Antonio Marco Canu e dai consiglieri Maria Elisabetta Locci (relatore) e Maurizio Massa, con la sentenza 165/2014 hanno deciso di condannare in solido sia la società che l’amministratrice, alla quale «va ascritto il danno erariale, a titolo di dolo, in ragione dei comportamenti consapevolmente rivolti ad alterare la realtà dei fatti, al fine di conseguire indebitamente i benefici economici richiesti, rendendo priva di utilità la relativa spesa pubblica». In particolare, pur riconoscendo che nella vicenda intervengono una pluralità di personaggi e altre società, il collegio contesta all’amministratrice un comportamento di «fattiva alterazione della realtà e di colpevole omissione» spiegando che entrambi «depongono per la malafede nell’indebito trattenimento del contributo, non assumendo rilievo la circostanza che la somma introitata sia stata, per ipotesi, investita nell’iniziativa prefissata». Per questo società e amministratrice dovranno corrispondere al ministero dello Sviluppo economico, a titolo di risarcimento, oltre 44mila euro ai quali va sommata la rivalutazione legale dal 2004 a oggi.