I monumenti preistorici di Pes’a culu a Bultei usati come calendario dagli antichi
L’ipotesi lanciata al XIII convegno di Archeoastronomia “La misura del tempo” a Sassari organizzato da Circolo Aristeo e Società astronomica turritana
Sassari Un sito archeologico a Bultei, nel Goceano, potrebbe rivelare inediti legami tra monumenti preistorici e allineamento solare. Lo ha rivelato la XIII edizione del convegno di archeoastronomia “La misura del tempo”, ospitato venerdì 29 novembre nella sala conferenze della Fondazione di Sardegna a Sassari.
Il sito di Pes’a culu, a circa mille metri di altitudine nell’agro di Bultei, nei pressi del confine con Pattada in provincia di Sassari, ospita infatti alcune strutture monumentali che hanno acceso l’interesse degli studiosi, come hanno spiegato l’archeologa Giuseppina Marras, Michele Forteleoni della Società Astronomica Turritana e Simonetta Castia del Circolo Aristeo.
Oltre ad alcuni menhir, due massi affiancati posti su un’area rialzata del sito presentano due cavità che, secondo i primi rilievi, potrebbero avere un legame con gli orientamenti solstiziali. Le strutture potrebbero essere state utilizzate come “calendario” degli antichi, all’interno di un’area semicircolare di recente individuazione, ma soltanto una verifica sul campo nell’esatto momento dell’anno potrà avvalorare questa tesi.
Il convegno, organizzato dal Circolo culturale Aristeo e dalla Società astronomica turritana con il sostegno e patrocinio della Regione Sardegna e con il patrocinio della Fondazione di Sardegna e del Comune di Sassari, è stato aperto dal sindaco di Sassari, Giuseppe Mascia, che ha lodato il lavoro degli organizzatori, invitandoli a collaborare con il Comune per la realizzazione di iniziative diffuse di divulgazione che coinvolgano la cittadinanza.
Nel corso della giornata si è discusso di rilevanti aree archeologiche sarde. Simonetta Castia e Michele Forteleoni hanno preso in esame i siti di Monte Nuxi, Sa domu de Orgia e il recinto sacro di Santa Vittoria, nei pressi di Esterzili, aree sacre che sembrano avere tratti comuni e portare a nuovi spunti di rilievo archeoastronomico. La sessione pomeridiana dell’incontro, il più partecipato degli ultimi anni, è stata incentrata in particolare sulla Sardegna, con l’esame delle coppelle riportate sui menhir a Pranu Muttedu, nella zona di Goni, la cui funzione resta ancora ignota e che come ha spiegato Alberto Cora dell’INAF di Torino alcuni leggono come la riproduzione della costellazione di Orione. Flavio Carnevale dell’Università La Sapienza di Roma si è invece concentrato nell’esame del sito di Paule s’Ittiri a Torralba, un complesso che comprende un insediamento e un’area di culto, in insieme a Marzia Monaco sono state analizzate le quattro strutture presenti sotto il profilo archeometrico che ha portato all’individuazione di una unità di misura comune legata al cubito.
Di archeoastronomia nell’arte ha parlato Paolo Colona dell’Accademia delle Stelle, in particolare della Luna, rappresentata in forma realistica in un’eclissi soltanto nella “Piccola crocifissione” di Matthias Grünewald, quadro conservato alla National Gallery di Washington. Grazie al raffronto tra le eclissi registrate nel periodo di realizzazione dell’opera e la sua analisi, è possibile con una certa sicurezza affermare che l’eclissi raffigurata sia quella del 30 gennaio 1515. Anche l’antropologo Domenico Ienna ha concentrato il suo intervento sulla Luna, connettendo astronautica e antropologia e considerando i quattro caratteri di quest’ultima in funzione dei viaggi spaziali e in particolare dello sbarco sul satellite terrestre del 1969.
Anche l’architettura conta esempi archeoastronomici, come ad esempio il mausoleo di Adriano, l’odierno Castel Sant’Angelo a Roma. L’archeologa Marina de Franceschini, autrice di uno studio con Giuseppe Veneziano, ha spiegato come la sala sepolcrale, oggi ingiustamente poco valorizzata e utilizzata come ambiente di passaggio, venga illuminata attraverso due finestre a bocca di lupo dal Sole, i cui raggi nel giorno del solstizio d’estate vanno a colpire delle nicchie dove anticamente erano presenti il monumento dell’imperatore e il suo sarcofago, oggi andato distrutto. Degli allineamenti possibili a cavallo delle Alpi ha parlato Elio Antonello, dell’Osservatorio astronomico di Brera - INAF, con un intervento sui siti alpini di Sion e Aosta. Le due località distano 50 km l’una dall’altra e sono separate dalla catena montuosa, ma presentano estese arature simili che avevano probabilmente una funzione cerimoniale. Antonello ha spiegato come la disposizione delle vallate sia in direzione del solstizio d’estate, con buche allineate, stele e tombe orientate nella stessa direzione.
Marcello Ranieri dell’Università La Sapienza di Roma ha ripreso i temi già trattati nelle passate edizioni del convegno, in particolare il busto di Nefertiti recuperato nel 1912 ad Amarna, dove un tempo sorgeva la città di Akhetaton in Egitto e oggi conservato al Museo Egizio di Berlino, provando che è stato realizzato secondo precisi schemi pitagorici, come molti altri reperti del periodo, smentendo quindi le teorie secondo cui sarebbe un falso. Andrea Polcaro, dell’Università di Perugia, ha invece parlato degli scavi che conduce nel sito di Gobekli Tepe in Turchia, non lontano dal confine con la Siria, analizzandone gli allineamenti solstiziali che sembrano essere stati realizzati soltanto quando gli uomini da cacciatori diventarono agricoltori, e utilizzati quindi anch’essi come riferimenti temporali.