Don Rito Alvarez a Sassari: «Sono fuggito dai narcos e ora spiego i pericoli della coca»
Sacerdote colombiano incontra gli studenti. I primi approcci alle medie: «A undici anni sanno già dove viene venduta»
Sassari «A undici-dodici anni sanno già in quali quartieri e in quali strade della città viene venduta. Sanno quanto costa e come si assume, ma quello che non sanno è che provarla, anche solo una volta per curiosità, potrebbe rovinare la loro vita e quella delle loro famiglie». Don Rito Julio Alvarez, il sacerdote colombiano di 53 anni che con la sua associazione salva i bambini dallo sfruttamento nelle piantagioni di cocaina in Colombia, da qualche giorno è in città per incontrare i ragazzi delle scuole medie.
Ai giovani studenti il sacerdote - fuggito nel 1993 dal suo paese e dalla violenza dei narcos - mostra le immagini dei bambini schiavi della raccolta delle foglie di coca e spiega che una dose di cocaina da un grammo comprata in Italia equivale a sei settimane di retribuzione di un bambino colombiano. Stamattina alle 9 il sacerdote - dal 2020 parroco di un paesino vicino a Imperia - incontrerà gli studenti della scuola media Numero 3 “Pasquale Tola” di via Monte Grappa e stasera alle 20 sarà ospite della chiesa di Nostra Signora di Latte Dolce per parlare ai giovani del quartiere. Gli sono bastati un paio di giorni e qualche confidenza per capire che anche a Sassari c’è un’emergenza droga di cui non si può non tenere conto.
«Qui in città c’è un grosso problema con la cocaina – conferma il sacerdote – come in tanti paesi del circondario e nel resto dell’isola. Quello che mi confidano i ragazzi lo tengo per me, come se fosse una confessione – spiega nella sala dell’oratorio di Latte Dolce – ma da loro ho capito che anche qui a Sassari è molto semplice procurarsi una dose per 40/50 euro». Nato nella regione del Catatumbo, dove i narcotrafficanti tra il 1999 e il 2005 hanno sterminato decine di migliaia di famiglie e costretto 50 mila persone a fuggire nei boschi, don Rito nel 2007 a Sanremo ha fondato l’associazione Angeli di Pace che, grazie a volontari e finanziatori, tiene in vita il progetto Oasis de Amor y Paz, una fondazione che ospita 150 tra bambini e ragazzi, strappati dalle mani dei narcotrafficanti che li usano come braccianti-schiavi nelle coltivazioni di coca.
In Colombia negli ultimi venti anni si è passati da circa centomila ettari coltivati con piante di coca a oltre duecentocinquantamila. «Il motivo è che c’è una domanda sempre maggiore in tutto il mondo – spiega il sacerdote – e la domanda arriva da tutti gli ambienti e da tutti i ceti sociali, un giro d’affari di parecchi miliardi. Quello che provo a spiegare ai ragazzi – aggiunge don Rito – è che loro che vivono qui a Sassari sono fortunati. Quando entro nelle classi racconto che ci sono dei loro coetanei che dall’altra parte del mondo sono costretti a raccogliere foglie di coca per 6/7 euro al giorno – aggiunge – e che ci sono ragazzine di 13/14 anni che spesso si trovano già con uno o due bambini da crescere».
Settimo di undici figli che rischiavano di diventare schiavi nei campi di coca o guerriglieri, prima di arrivare in Italia anche lui era uno di quei ragazzini che oggi prova a salvare. Sono stati dei missionari a portarlo via dalla Colombia nel 1993 e a regalargli una nuova vita in Italia, nella diocesi di Sanremo Ventimiglia, dove nel 2000 è diventato sacerdote, senza però mai dimenticare da dove era arrivato.
«Torno in Colombia due volte l’anno – racconta don Rito – per seguire la Fondazione Oasis de Amor y Paz, che ha come obiettivo quello di salvare i bambini sfruttati nelle piantagioni di coca o reclutati in gruppi armati illegali, per offrire loro un futuro diverso, un futuro di pace». Minacciato più volte di morte non solo in Colombia ma anche i Italia per la sua lotta ai narcos, don Rito Julio Alvarez ha vissuto gli anni in cui nel suo paese era in corso la caccia a Pablo Escobar.
«Escobar è diventato una figura quasi mitologica per essere riuscito ad arricchirsi in poco tempo con la cocaina – racconta il sacerdote – ricordo quando il “Bloque de búsqueda” composto da mille uomini gli dava la caccia e non posso dimenticare quando, dopo aver fatto uccidere diversi membri del Governo colombiano, venne ucciso lui nel 1993. Noi proponiamo un futuro diverso, un futuro di speranza. Nel 2015 abbiamo dato vita al progetto “Oasis cafè”, dopo aver proposto ai contadini di togliere la coca dai campi e, dove è possibile, piantare il caffè».
I frutti di quelle piante finiscono in Italia, in una torrefazione di Ventimiglia e le vendite servono ad aiutare l’opera di don Rito in Colombia e salvare i ragazzini schiavi dei narcos. E per salvare i nostri ragazzi dalla tentazione della cocaina cosa possiamo fare? «Parlate con i vostri figli – dice don Rito – raccontate a cosa vanno incontro, ascoltate le loro esigenze e offrite sempre un’alternativa alla droga che è sempre la strada sbagliata».
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