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«Bucchi, il lavoro e la mentalità: la Dinamo è tornata»

di Andrea Sini
«Bucchi, il lavoro e la mentalità: la Dinamo è tornata»

A Venezia Massimo Chessa è stato tra i protagonisti «Stiamo lavorando duro, il nostro campionato inizia ora»

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INVIATO A VENEZIA. «Siamo vivi, questa vittoria è frutto del lavoro e non del caso. Sinora avevamo raccolto molto meno di quanto avremmo meritato. Una serata così ci voleva proprio». La Dinamo respira a pieno polmoni l’aria salubre di un inizio settimana molto diverso da quelli assaporati negli ultimi due mesi. La vittoria di domenica sera a Venezia ha permesso ai biancoblù di archiviare la serie nera di 6 sconfitte consecutive e a coach Piero Bucchi di festeggiare il suo primo successo dopo quasi trenta giorni alla guida del Banco di Sardegna.

La scossa. «Ci siamo tolti una bella scimmia», dice Massimo Chessa, grande protagonista dell’ultimo periodo, quello in cui la Dinamo è risalita dal -9 al +8, ipotecando il colpaccio. Questa vittoria ci voleva, da tutti i punti d i vista. Avevamo sul groppone troppe sconfitte, le ultime due in campionato anche con un margine ridottissimo. A Bologna la settimana precedente ce la siamo giocata sino all’ultimo, stavolta al Taliercio a un certo punto si era messa male: non riuscivamo a trovare ritmo, ma eravamo comunque vivi. Abbiamo aspettato il nostro momento e con una grande difesa siamo riusciti a prenderci l’inerzia e ribaltare la partita, tenenendo una squadra forte e di talento come la Reyer a 70 punti».

Basta asciugamani. Una carriera sbocciata prestissimo, con la Dinamo, la A1 con Biella e qualche sprazzo di azzurro, il triplete ancora con il Banco vissuto per lo più da comprimario e un lungo giro d’Italia, da Torino a Verona, tra Trapani a Napoli passando per Roma. Un anno fa, in questo periodo, Massimo Chessa era senza squadra, fermo da quasi 10 mesi dopo lo stop dei campionati per il covid. «Avevo anche pensato di smettere – dice –, perché superati i 30 anni e con un figlio piccolo bisogna anche iniziare ad andare incontro alle esigenze della famiglia. Poi è arrivata la chiamata della Dinamo e mi sono rimesso in pista, sapendo che avrei dovuto guadagnarmi ogni secondo sul campo».

Non a caso le apparizioni sul parquet sono state pochissime, ma Chessa ha continuato a lavorare duro, infischiandosene del ruolo di “sventolatore di asciugamani”. E ora sta raccogliendo i frutti. «A Bologna vedevo il canestro grande – sorride –, stavolta a Venezia ho cercato di dare qualcosa in più a livello difensivo. Il cambio a 8’ dalla fine? Robinson era stanco e il coach voleva dargli un po’ di respiro, mi ha chiesto di portare palla e stare tranquillo. Ormai ho 33 anni, la tranquillità fa parte del mio modo di stare in campo. Prima ero più istintivo e più incazzoso. Ora la vivo con serenità totale, magari le gambe non spingono più come quando avevo vent’anni, ma ne ho viste abbastanza per poter usare la testa e l’esperienza».

Il metodo Bucchi. E poi c’è il coach, che Chessa conosce molto bene. «L’ho avuto come allenatore per un anno e mezzo alla Virtus Roma, allora ero capitano: ci conosciamo bene e ci capiamo al volo. So cosa vuole, conosco il suo metodo e per me è tutto più facile. È una persona dall’intelligenza raffinata, in allenamento ti fa il culo, ma sa ascoltarti e se ti impegni ti dà fiducia. Tiene tutti sul pezzo e dà entusiasmo al gruppo. Sinora abbiamo lavorato duro, questa vittoria ci dà morale e dobbiamo far sì che sia solo un punto di partenza. Sono convinto che il nostro campionato sia iniziato al Taliercio».



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