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Torres, e alla fine arriva Fischnaller: «Vittorie così sono adrenalina pura»

di Roberto Muretto
Torres, e alla fine arriva Fischnaller: «Vittorie così sono adrenalina pura»

Dicono che non arriveremo sino in fondo? Noi preferiamo far parlare il campo

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Sassari La sua stagione è iniziata in sordina. Buone prestazioni ma il gol non arrivava. Manuel Fischnaller ha sofferto nella prima parte del campionato. Il lavoro dell'attaccante è soprattutto segnare e quando resta a digiuno per troppo tempo viene meno la tranquillità. È come scendere in campo con un fardello sulle spalle. Il bomber della Torres (quattro reti finora) si è scatenato a Pesaro firmando una vittoria che potrebbe essere la scintilla che proietta i rossoblù verso un'impresa. L'altoatesino (è nato a Bolzano), 33 anni, si è inserito subito nel gruppo e sta cominciando ad essere decisivo, ripagando la fiducia che la società la scorsa estate ha dimostrato di avere in lui.

Qual è l'effetto di una vittoria come quella centrata lunedì sera?

«L’effetto è quello di una scossa di adrenalina. Farlo all'ultimo minuto dopo una partita sofferta è ancora più bello. E' stata una prova di carattere, un segnale della serie: ci siamo anche noi. Tutti si aspettavano un nostro passo falso, invece abbiamo dimostrato di saper soffrire e soprattutto reagire nei momenti difficili della partita».

Dite sempre siamo un gruppo eccezionale. Per capire meglio, entri dei dettagli, spieghi perchè?

«Non è una cosa facile da spiegare, nasce da dentro di noi. Un feeling cresciuto in modo naturale. Siamo venticinque ragazzi che hanno lo stesso obiettivo e si allenano a mille per raggiungerlo. Grazie ai risultati la squadra si è formata, anche se ci sono ancora tante cose sulle quali dobbiamo migliorare».

Come ci si sente dopo una doppietta?

« È sempre bello segnare per noi attaccanti. Essere decisivo, correre verso la panchina e nostri tifosi che ci hanno seguito in trasferta anche in un giorno feriale è stata quasi una liberazione. Queste sono le emozioni per cui ho iniziato a giocare a calcio. Poterle provare ancora mi riempie di gioia».

Siete primi insieme alla corazzata Cesena, sentite la pressione?

«Per nulla. Non dobbiamo vincere il campionato, vogliamo divertirci e far divertire i tifosi. Il traguardo è lontanissimo anche se più si va avanti e più si guarda la classifica. Lassù non siamo degli abusivi, con la nostra mentalità e lo spirito di squadra, si possono fare cose straordinarie. Lavoriamo giorno dopo giorno senza porci limiti».

Davvero non vi aspettavate di stare così in alto?

«Non lo pensavamo. In ritiro ci siamo accorti che eravamo tutti disponibili a fare sacrifici. Abbiamo carattere, esperienza, la squadra è stata costruita bene. L'entusiasmo trasmesso dalla società e dalla città è sicuramente un valore aggiunto».

Possibile che un pensierino alla serie B non lo abbiate mai fatto?

«Negare che dentro di noi il sogno c'è sarebbe sbagliato. Giusto sognare ma senza perdere di vista la realtà. Sappiamo che ci sarà da lottare, vedremo la nostra reazione nei momenti difficili».

Anche dei tifosi in tutte le interviste voi giocatori dite che sono eccezionali, cosa hanno di diverso?

«Il senso di appartenenza. Ho notato che i sassaresi sono fieri delle proprie tradizioni. La gente ci ha fatto capire a noi nuovi l'importanza di indossare la maglia rossoblù. In questo ci hanno aiutato anche i giocatori locali. L'appartenenza è una cosa fantastica».

Tutti danno il Cesena per favorito e dicono che voi non reggerete il passo, la vostra risposta?

«Non c'è motivo di rispondere, noi facciamo parlare il campo. Siamo una squadra che ha qualità e fa tanta quantità. I mezzi per fare cose importanti li abbiamo».

La città è entusiasta del vostro cammino, è una responsabilità o uno stimolo in più?

«Solo uno stimolo. Vedere lo stadio pieno è un onore per noi, forse la cosa più importante. I tifosi ci fermano per strada, ci sorridono, ci fanno i complimenti. Ho visto gente con maglie e felpe della Torres addosso. Bellissimo».

Lei è altoatesino, si è già integrato con la città?

«Ovunque vado mi ambiento subito bene. Sono curioso di capire dove mi trovo, mi piace conoscere la storia e la cultura. Sardi e altoatesini sono simili in una cosa: noi siamo fieri delle nostre montagne e vallate, il sassarese gonfia il petto per le sue tradizioni e la cultura. Ho comprato un libro sulla storia di Sassari e lo sto leggendo. Vado in giro per la città, vedo cose e poi su Internet mi informo. Con me ci sono la mia compagna Minika e la nostra bambina di quattro mesi che si chiama Bella. Senza di loro non posso proprio stare. Sono il mio punto di riferimento».

Il vostro presidente, Stefano Udassi, è stato un ottimo attaccante. Vi siete mai confrontati?

«Ho parlato spesso con lui, soprattutto all'inizio quando non facevo gol. Mi ha preso da parte, incoraggiato, i suoi consigli sono stati preziosi e li ho messi in pratica . È un dirigente molto presente, segue gli allenamenti. Bello avere un presidente che sa cosa vuol dire stare all’interno di uno spogliatoio, conosce le dinamiche e sa parlare nei modi dovuti ai giocatori. Ma soprattutto li capisce».

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