La Nuova Sardegna

Antonio Ballero, un pittore a cavallo di due mondi

di M.G. SCANO NAITZA
Antonio Ballero, un pittore a cavallo di due mondi

Venerdì 6 in edicola con La Nuova la monografia dedicata al talento nuorese

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Pubblichiamo una parte del testo della storica dell’arte Maria Grazia Scano Naitza che accompagna il sesto volume della collana “Maestri dell’Arte Sarda”. La monografia sarà in edicola col giornale venerdì 6 marzo.

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Antonio Ballero è quello che potremmo definire un artista “di transizione”: nato nel 1864, morto nel 1932 a poco più di sessantasette anni, ha operato allo snodo tra due epoche diverse, Otto e Novecento, e si è trovato a dover assumere il difficile compito di mediare il passaggio dall’una all’altra. La sua vocazione artistica matura in una Sardegna ancora molto isolata culturalmente ma attraversata da fremiti di rinnovamento, e in una città, Nuoro, che da un lato manteneva vivi più di altri centri dell’Isola gli antichi costumi e tradizioni, dall’altro guardava al futuro con l’attività di scrittori come Grazia Deledda e Sebastiano Satta. Diviso tra l’esempio di questi autori già illustri e le proprie inclinazioni, Ballero, “artista-intellettuale” curioso e versatile, esita a lungo tra pittura e letteratura.

UNA NUOVA IMMAGINE

La scelta che finirà per compiere a favore delle arti figurative è comunque guidata, al pari dei percorsi letterari della Deledda o di Satta, dall’intento di dar forma a una nuova immagine della Sardegna e della realtà barbaricina, nei suoi miti, nei suoi riti e nelle sue tradizioni ma anche, e soprattutto, attraverso la solennità dei suoi paesaggi, dei quali l’artista fu il primo assoluto cantore.

Dopo un’impegnativa formazione da autodidatta, la sua pittura si apre al confronto con le ricerche all’epoca prevalenti in Italia, passando dal Verismo a un discorso non privo di sfumature impressioniste, per arrivare al Divisionismo: uno sbocco, quest’ultimo, suggerito dai contatti con un maestro come Giuseppe Pellizza da Volpedo, con il quale Ballero intrattiene un interessante scambio epistolare.

È nell’approdo al Divisionismo però che raggiunge, nei primi anni del Novecento, la propria maturità di artista, rispecchiata da una splendida serie di opere. I dipinti di questo momento sono paesaggi di piccole dimensioni, che rivelano la commossa sensibilità del pittore per il mondo naturale. Carichi di emozione trepida e raccolta, vibranti di luce e di colore, rappresentano la parte più felice della sua produzione.

Ma, al di là degli stessi esiti artistici, la figura di Ballero riveste un’importanza centrale per tutta la cultura sarda del primo Novecento.

VITE PARALLELE

Seguendone le mosse, scopriamo, infatti, i suoi legami con i massimi poeti e letterati nuoresi del tempo, Sebastiano Satta e Grazia Deledda, e con artisti come Francesco Ciusa, Giacinto Satta, Mario Delitala, per citare i più noti, e le sue relazioni di natura ideologica e politica, di amicizia o di professione che consentono di intendere meglio queste “vite parallele”.

UN PROTAGONISTA

Come ha scritto Salvatore Naitza, «attraverso la prospettiva di conoscenza e di lettura offerta dalla vicenda di Antonio Ballero, si può scorgere meglio tutto il mondo civile della Sardegna del Novecento, con i suoi problemi e i vari esiti»; «la sua testimonianza artistica resta una delle più autentiche, sul piano della propria confessata umanità e su quello di una ricerca originale di soluzioni pittoriche stimolata tuttavia da un bisogno vitale di raccontarsi e narrare».

E ancora: «La relativa varietà di atteggiamenti in pittura, il definirsi sempre più preciso di un’attività nel settore grafico, la monumentalità, rispetto al solito piccolo formato delle opere, la disinvoltura nell’affrontare le tematiche più diverse, dal paesaggio alla storia (…) pongono Antonio Ballero come uno dei più autorevoli protagonisti dell’arte in Sardegna del primo decennio del Novecento». E infatti, non solo alcune sue opere vengono apprezzate e acquistate da esperti cultori d’arte, ma anche riprese da uno dei massimi fotografi del tempo, Vittorio Alinari, che nel 1915 pubblica tre opere dell’artista nel suo libro In Sardegna.

Si potrebbe fare un lungo elenco di recensioni, articoli e saggi che appaiono sulla stampa specializzata e quotidiana in campo nazionale, oltre che sui fogli locali.

FORTUNA E INCOMPRENSIONI

Una fortuna critica che continua negli anni Venti, in tempi e prospettive culturali notevolmente cambiati, e poggia su nomi importanti nel settore dell’organizzazione artistica, tra i quali spiccano quelli del critico d’arte e giornalista Guido Marangoni, che gli facilita l’accoglienza ad esposizioni nazionali prestigiose come Brera, Venezia, Monza e Milano, e di Vittorio Giglio, che lo apprezza tanto da organizzargli nel 1920, alla Galleria Vinciana di Milano, la prima grande mostra personale fuori dall’Isola. Stimato da molti dei migliori intellettuali sardi o a vario titolo presenti in Sardegna, non sembrò invece godere della simpatia dei suoi colleghi isolani e per il recupero della sua figura si è dovuta attendere la fine del XX secolo.

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