Fiabe di Sardegna: sotto lo stesso cielo, quando una favola è amore e solidarietà
Coraggio contro il Covid, un racconto che conquista il web. L’autrice è Stefania Spanedda, una maestra di Bosa
Le fiabe sono un vasto e avvincente universo fantastico al quale la Nuova dedica la collana Fiabe di Sardegna”, in edicola da giovedì 14 maggio con il suo quinto volume, “Storie di tesori”. Un universo vivo, nel quale non mancano sempre nuove imprese. Una delle quali arriva da Torino ma ha tanta Sardegna dentro. Una storia bella, semplice, universale. Come quelle che l’autrice, Stefania Spanedda, ascoltava da bambina con il naso all’insù puntato sul castello di Malaspina della sua Bosa. Tra vassalli, cortigiane e principi. Un luogo da favole per eccellenza, che ancora oggi non si può non osservare senza fantasticare. Una favola, partorita in questo periodo di paure per il Coronavirus e di lezioni a distanza con il pc, che parla dritta al cuore dei bambini e ai loro genitori. Insiste su concetti come istruzione, ottimismo, solidarietà e altruismo. Dà speranza in un momento difficile, in cui la paura rischiava di prevalere o comunque di intaccare i valori costruiti pazientemente anche dagli insegnanti con le loro lezioni in classe. Una storia che oggi vola con la traduzione in tredici lingue, tra cui il sardo.
Stefania Spanedda fa l’insegnante a Torino. La sua fiaba, diventata un video, è stata pubblicata sulla pagina Facebook di Daniela Lucangeli, prorettrice dell’Università di Padova, e ha raggiunto oltre 100mila visualizzazioni. La versione in sardo si intitola «Sutta su matessi chelu. Istoria de Qing Yuè» e vanta uno staff d’eccezione: la colonna sonora originale è stata scritta ad hoc dal Jazzista di Nuoro Gavino Murgia; Cristina Maccioni è la voce narrante; la traduzione del testo è stata curata da s’Ufìtziu de sa limba sarda de Bosa (grazie all’interessamento dell’assessora Paola Pintus) con la supervisione di Piergavino Sedda, coinvolto nel progetto dal presidente del circolo dei sardi di Torino, Enzo Cugusi.
«Il progetto è nato a Torino, dove vivo e insegno ormai da diversi anni», dice Spanedda, maestra e cultrice dell’arte della ceramica, altra sua grande passione. «A un mese dalla chiusura delle scuole – spiega andando a ritroso sino a quando il progetto è stato concepito – mi sono resa conto di quanto poco ci si occupasse dei bambini. Sono sempre fuori da tutto. Dai decreti, dai tg e da mille altre cose. Così, durante le video lezioni con la classe mi sono resa conto delle loro difficoltà, delle loro paure. Timori che provocano immobilità, paralisi. Il contrario di quello che deve avvenire per un momento di approfondimento normale, malgrado l’emergenza che si sta vivendo». «Ho scritto così una storia – aggiunge – Un modo semplice e immediato di riaccendere la speranza e di puntare allo stesso tempo alla solidarietà tra i popoli.Non dimentichiamoci che a febbraio additavamo i cinesi come pericolosi untori da evitare e poi, quando invece abbiamo avuto bisogno noi, loro sono stati i primi ad essere presenti e ad aiutarci concretamente. Non solo, ho voluto rimarcare l’importanza di alcuni approdi fondamentali, vere ancore di sopravvivenza. Tra tutte la famiglia e il ruolo dei nonni, per chi ha ancora la fortuna di averli. Insomma, attraverso l’amore questa bambina riesce a riscoprire la propria resilienza, ad andare avanti. A superare il guado».
La storia era ormai scritta, su carta. Bisognava capire cosa farne e accertarsi che potesse funzionare. «I primi a leggerla – spiega Spanedda – sono stati parenti e amici, che sono rimasti ben impressionati dal materiale e mi hanno stimolato ad andare avanti. Io non ci ho pensato due volte e ho inviato il testo ad un mio amico illustratore, Massimiliano Feroldi, che nel giro di qualche ora mi ha mandato indietro i disegni. Insomma il progetto ha iniziato a prendere sostanza. Quelle parole sono diventate una video fiaba, che inizialmente abbiamo condiviso nell’istituto dove insegno (Ic di Gassino Torinese) e poi si è incredibilmente esteso».
La storia di Stefania Spanedda funziona perché ha pathos, muove le corde delle emozioni. «Spero – dice l’autrice – si possa diffondere il più possibile anche in Sardegna, perché è una favola con una profonda anima sarda, come la mia. Il mio legame con Bosa e con l’isola intera è viscerale, profondo. Qui in Piemonte faccio anche la ceramista e nella mia arte c’è e si vede la Sardegna, così anche nella fiaba ho pensato subito ad inserire la lingua sarda». Sul sito del Cnis Vercelli (cnisvercelli.blogspot.com/) educatori, genitori ed insegnanti possono scaricare gratuitamente i PDF delle storie nelle dodici lingue, i video cartoon e alcune proposte didattiche da realizzare. Nei giorni scorsi il progetto “Sotto lo stesso cielo” è stato protagonista di un flash mob con scuole toscane, piemontesi e sarde. Un modo per sentirsi vicini senza tecnologia affacciandosi a guardare il cielo stellato ed esprimere un desiderio. All’iniziativa del Cnis di Vercelli hanno aderito circa 500 persone.
Stefania Spanedda non produce solo fiabe. E’ la responsabile dei laboratori culturali dell’Associazione Sardi “Gramsci” di Torino ed è la stessa che ha ideato il progetto “Morra sarda nelle scuole”, che ha coinvolto quest’anno più di mille alunni della scuola primaria Torinese. Da formatrice attenta, ha intuito che il gioco della morra stimola, nei bambini dai sei agli undici anni, l’apprendimento della matematica. Dopo una fase sperimentale che lo scorso anno ha coinvolto trecentocinquanta bambini e il vaglio scientifico dei risultati, il progetto “Morra sarda nelle scuole” è entrato a far parte dei laboratori didattici delle scuole torinesi.