Dalla Sardegna al Tajikistan in Panda: «Il nostro viaggio alla scoperta del mondo»
Andrea Filigheddu, di Cannigione, e Nicoletta Corbella, di Como, hanno esposto in una mostra gli oggetti raccolti in 21 Paesi
Arzachena. Indossare un burka, l’abito femminile musulmano, toccarlo con mano e apprezzarne la manifattura a Cannigione non è sicuramente un fatto usuale. Provare anche solo per pochi minuti a intuire le sensazioni e le emozioni delle donne afghane – da dove il burka proviene – scatena diverse reazioni: nelle partecipanti alla mostra “Dalla Sardegna al Tajikistan in Panda”, per esempio, ha suscitato un senso di oppressione, ma anche – forse un po’ a sorpresa – senso di protezione.
Questa rara opportunità di guardare il mondo attraverso quella fessura è stata data da Nicoletta Corbella, di Como, e Andrea Filigheddu, di Cannigione, che, dopo il loro viaggio di 45mila chilometri in Panda – dall’isola fino al Tajikistan andata e ritorno – hanno deciso di allestire una mostra – ora conclusa – per raccontare, attraverso scatti e oggetti, i luoghi, ma soprattutto le persone incontrate durante il percorso, lungo quasi un anno.
Allestita per passarci la notte, ferma sulla strada per soccorrere un uomo a cui si era bucata la ruota della moto, in posa tra le aride pianure dell’Afghanistan o in viaggio tra le floride piantagioni di cotone dell’Uzbekistan, la protagonista di molte fotografie è lei, una Fiat Panda bianca 4x2 del 1999, che sulla carrozzeria ha impresse tutte le tappe del viaggio. Una compagna che qualche problemino lo ha causato: «A un certo punto si è rotto il tergicristallo – racconta Andrea –, quindi con pioggia e neve non vedevamo niente. Ma uno dei momenti più brutti lo abbiamo passato in Armenia, quando si è rotta la frizione e non trovavamo nessun posto dove dormire». Nicoletta, ricordando l’episodio, si porta le mani in faccia senza aggiungere altro.
E, a proposito di posti dove dormire, Nicoletta e Andrea, in tutti e
21 i Paesi visitati, hanno avuto modo di confrontarsi con un’umanità genuina e gentile, capace di offrire un’ospitalità spontanea e sincera: «Siamo sempre stati invitati da qualcuno – raccontano – sia a mangiare che a dormire. In Kyrgyzstan, per esempio, ci hanno offerto brodo e interiora di pecora durante un funerale». Un’esperienza irripetibile, che però avrebbero preferito vivere in un orario diverso dalle otto di mattina.Tra chi li ha ospitati, anche una coppia – ucraina lei e russo lui – che li ha soccorsi in Armenia, quando la “pandina” li aveva abbandonati a sé stessi: «Siamo rimasti lì due settimane. Grazie a loro, ma anche a tutte le altre persone incontrate – racconta Nicoletta – siamo riusciti a conoscere, oltre al passato e alla storia dei posti, anche la contemporaneità, la quotidianità, i loro punti di vista, le loro prospettive, cercando di capire davvero il loro mondo». A volte aiutati dai traduttori, ma soprattutto parlando in inglese con i pochi conoscitori di questa lingua franca, hanno cercato di apprendere il più possibile: «Alla fine, comunque, abbiamo imparato anche il cirillico».
Per fare tutto questo, per conoscere più in profondità luoghi e popolazioni, hanno scelto di uscire dalle rotte troppo battute dal turismo di massa: «Un giorno in un villaggio in Iran – stavolta a raccontare è Andrea – abbiamo notato che un signore ci seguiva e abbiamo scoperto che cercava di spiegare alla figlia cosa fosse un turista, perché non ne aveva mai visto uno».
E anche nella Val Fergana, in Uzbekistan, c’erano solo loro e pochi altri avventurieri, probabilmente uomini d’affari, richiamati dagli splendidi manufatti della zona. «Si tratta di luoghi giudicati non troppo sicuri, ma io volevo andare a tutti i costi perché custodiscono delle produzioni artigianali belle e originali» spiega Nicoletta mentre mostra il bottino raccolto: ciotoline e piatti lavorati e dipinti a mano, dai colori vivaci e dalle trame delicate ma accattivanti. «In ogni caso – conclude – anche lì abbiamo incontrato persone gentilissime». E per Nicoletta e Andrea il succo del viaggio forse è proprio questo. Un percorso di 45mila e 315 giorni chilometri in 21 paesi sulla Via della Seta, difficile da raccontare e riassumere, fucina di emozioni contrastanti, che su tutto ha sicuramente lasciato la testimonianza di un’umanità accogliente e generosa.