San Teodoro oltre la movida e il turismo: ecco Mast, il cuore culturale del paese
La sfida è mostrare l’altro volto di un territorio ricco di storia
San Teodoro Il regno della movida e delle seconde case ha una storia che merita di essere raccontata. La sfida, insomma, è anche questa: San Teodoro, 5mila abitanti d’inverno e picchi di 100mila presenze in piena estate, vuole far capire che oltre il mare e i locali notturni in realtà c’è anche molto altro. Rafforzare il concetto di identità e comunità per modificare anche la narrazione dei luoghi, dunque. Ed è così che il Mast – cioè il Museo archeologico San Teodoro – ha acceso da neanche due mesi un nuovo faro sulla vita culturale del paese. Affonda le radici nella storia e negli spazi dell’ex Icimar e rinasce come un interessante museo in grado di raccontare un passato ricco di testimonianze e non poche sorprese. Fino a qualche tempo fa, all’ingresso della struttura che si affaccia sul porto turistico in costruzione, qualcuno aveva scritto: «A cosa serve un museo chiuso?». Adesso il Comune lo ha riaperto e la squadra che lo anima appare affiatata e motivata. Il direttore è l’archeologo Giuseppe Pisanu, nuorese ma teodorino d’adozione, mentre l’associazione che lo gestisce è portata avanti da due giovani del posto: la presidente Maria Lina Ruiu e il vice Gianluca Tatti.
Il museo Se si parla di Mast non si può certo non partire dall’Icimar, il museo della civiltà del mare che nacque nei primi anni Novanta grazie alle intuizioni e all’impegno del giornalista e professore Salvatore Brandano. Poi, successivamente, l’ingresso del Comune e della Soprintendenza. Fino a qualche anno fa a ricoprire la carica di presidente è stato Gian Piero Meloni, agronomo e studioso molto apprezzato in paese, morto di Covid nel 2021. E dopo un periodo di chiusura, il museo è stato infine riaperto e inaugurato a gennaio per volere della amministrazione guidata dalla sindaca Rita Deretta, che si è così rivolta all’archeologo Giuseppe Pisanu, già in passato attivo nell’ambito dell’Icimar. «Il Comune è intervenuto soprattutto sulla struttura – spiega Pisanu –. Gli impianti erano ormai fatiscenti e gli spazi sono stati bonificati e messi in sicurezza. Non solo museo, comunque. Gestiamo anche la biblioteca e siamo aperti a qualsiasi tipo di iniziativa. Il mio ruolo, comunque, è un po’ quello del traghettatore. Questo luogo dovrà essere animato e portato avanti dai giovani di San Teodoro». E giovane, infatti, è Maria Lina Ruiu, la presidente dell’associazione che ancora porta il nome di Icimar. «Sono cresciuta a San Teodoro e sono grata e onorata di ricoprire questo ruolo – dice lei –. Il paese vive prevalentemente di turismo ed è meno conosciuto per la sua offerta culturale. Invece qui stiamo creando uno spazio vivo, a disposizione soprattutto dei giovani del paese. Le iscrizioni alla nostra associazione, aperte anche ai minorenni, sono aumentate».
Cosa c’è Vale sicuramente la pena fare un giro nelle sale del Mast. Perché è qui che si percepisce la ricchezza della storia di San Teodoro. «Contrariamente a molti altri musei sardi – spiega Pisanu –, qui parliamo poco della civiltà nuragica. Le tracce sono infatti poche». Spazio, dunque, alle fasi fenicia, greca, cartaginese, romana e in particolare a quella bizantina. Poi dritti fino all’età moderna. Nel museo si può ammirare un po’ di tutto: monete, anfore anche islamiche, oggetti di vita quotidiana, un elmo romano, una bella mole di reperti trovati nei fondali del mare che bagna le coste di San Teodoro. Curioso il fatto che l’area della peschiera fosse sfruttata già in antichità. Una storia, quella del paese, legata a doppio filo con quella della vicina Olbia. «Tra i nostri progetti c’è anche quello di realizzare una mostra sulla nascita del turismo a San Teodoro, perché un museo non deve raccontare solo l’antichità ma anche la vita di una comunità» sottolinea Pisanu. Per ora il Mast apre ogni weekend. D’estate, invece, ogni giorno e si pagherà un biglietto di 5 euro con visita guidata.