Gli archeologi riscrivono la storia: «Tharros abbandonata dal IV secolo dopo Cristo»
Le nuove scoperte delle troupe statunitensi cambiano le conoscenze sull’antica città e sulla nascita di Oristano e Cabras
Cabras «Dal boom economico del II secolo avanti Cristo, l’antica città di Tharros iniziò il suo declino». Il culmine lo si ebbe nel IV secolo dopo Cristo, «con una recessione della crescita urbana, per cui il suo abbandono va retrodatato fra la fine del IV e l’inizio del V secolo dopo Cristo». È questo il risultato più importante cui è giunta l’equipe di studiosi delle Università statunitensi di Cincinnati e del Massachusetts, protagoniste dal 2019, con una breve interruzione nel periodo del Covid, di una serie di campagne di scavi in tre zone differenti dell’antica città: l’area più meridionale delle botteghe, il centro civico dove si trovavano gli edifici monumentali e la collina di Muru Mannu. Gli scavi si sono svolti sotto la direzione dell'archeologo Steven Ellis dell’Università di Cincinnati, con le operazioni sul campo supervisionate dal professor Eric Poehler dell’Università del Massachusetts, su autorizzazione della Soprintendenza di Cagliari, Oristano e Sud Sardegna, con la collaborazione della Fondazione Mont ’e Prama e del Comune di Cabras. Giovedì sera ad esporre i risultati, ospitato dalla Fondazione e dal Comune al Museo civico Giovanni Marongiu, in presenza dell’archeologa della Soprintendenza Maura Vargiu, è stato proprio il professor Steven Ellis nella Sala del Paesaggio ricolma di appassionati.
La nuova data «Tradizionalmente l’abbandono di Tharros era collocato tardi, fra gli ultimi secoli del primo millennio e l’XI secolo dopo Cristo, invece i dati dei nostri scavi dimostrano che la città fu abbandonata molto prima, fra la fine del IV e l’inizio del V secolo dopo Cristo – ha affermato Ellis –. Questa è un’importante correzione storica, anche se non è sufficiente a spiegare perché e come ciò sia accaduto». Naturalmente, precisa Ellis, «il processo non è stato uniforme in tutta la città ed è avvenuto più velocemente in alcune zone o quartieri e più lentamente in altri». Ma come hanno fatto gli studiosi americani ad arrivare a questa importante conclusione? «La prova più chiara l’abbiamo avuta negli scavi di Muru Mannu, dove sono state recuperate le ultime sequenze degli edifici e i loro livelli di abbandono – spiega Ellis –. Inoltre delle circa 130 monete ritrovate nei nostri scavi nelle aree diverse della città, la maggior parte proviene dalle aree di abbandono e crollo. Quasi tutte risalgono al III e in particolare al IV secolo dopo Cristo, pochissime sono monete dei primi anni del V secolo e sono praticamente inesistenti le monete di età successiva. Questo dato si evince anche dagli scavi di Gennaro Pesce, che negli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso trovò però anche piccole quantità di monete delle epoche successive. Queste ultime riflettono però attività di recupero nel sito in rovina più che attività urbana vera e propria».
Dopo il declino La spiegazione poi prosegue: «Un certo grado di attività umana è continuata sul sito anche dopo il suo abbandono. Ad esempio andavano a Tharros coloro che intrapresero lo smantellamento degli edifici, o coloro che trovavano riparo stagionale fra le strutture abbandonate. Questo è esattamente quello che vede Ibn Jubayr quando passando con la sua nave nel 1183, in cerca di riparo da una tempesta, descrive la città come una rovina». Non solo: «Sappiamo anche che alcune delle strutture monumentali furono convertite e riutilizzate molto tardi nella storia del sito – racconta Ellis –. L’edificio termale numero 1 fu convertito in battistero, mentre l’edificio termale numero 2 in convento. Queste attività religiose erano svolte in edifici non molto adatti allo smantellamento: quasi tutte le monete del V-VII secolo sono state ritrovate da Pesce in questi edifici ancora utilizzati».
Gli interrogativi che restano Nel grande mosaico della storia di Tharros restano naturalmente altri pezzi da inserire, domande importanti senza ancora una risposta. Ad esempio come mai Tharros, dopo essere stata abbandonata, restò sede arcivescovile almeno fino al VI secolo, e titolare del titolo arcivescovile e capitale giudicale fino al 1070? C’è poi l’altro grande punto di domanda: questi nuovi elementi possono contribuire a portare nuova luce anche sulle origini di Oristano e Cabras? Tutti interrogativi cui, assieme alle motivazioni che indussero all’abbandono del sito, l’equipe di studiosi americani potrebbe riuscire a dare in futuro una risposta. «Il progetto continua – ha assicurato l’archeologo Giorgio Murru, responsabile dell’Area scientifica e didattica della Fondazione Mont ’e Prama – e creerà qui una base operativa».