La Nuova Sardegna

Oristano

La sentenza

Ave Maria, rosari e olio santo in classe: «Legittima la sospensione di maestra Marisa»

di Michela Cuccu

	Marisa Francescangeli
Marisa Francescangeli

Il tribunale del lavoro di Oristano conferma il provvedimento del dirigente scolastico scattato perché la donna insegnava religione anziché le sue materie

28 ottobre 2024
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San Vero Milis La sezione Lavoro del tribunale ha rigettato il ricorso per l’annullamento della sospensione di venti giorni dal lavoro e dallo stipendio applicato a Marisa Francescangeli, la maestra della scuola primaria accusata di far pregare gli alunni in classe anziché insegnargli storia, geografia e matematica. Per la giudice Consuelo Mighela, le attività svolte in classe dalla maestra durante l’anno scolastico 2022-2023, non costituivano «espressione della libertà di insegnamento, bensì una violazione dei suoi doveri di docente di una scuola pubblica statale e dei principi che la scuola stessa deve assicurare e garantire, fra cui quello, fondamentale, di laicità dello Stato, oltre ad avere interferito con il diritto dovere dei genitori garantito dalla nostra Costituzione (art. 30) di educare i figli, anche da un punto di vista religioso».

È solo un piccolo stralcio delle venti pagine della sentenza che chiude una vicenda che fece molto discutere. La sospensione era scattata a seguito di diversi richiami allo svolgimento delle proprie mansioni che la direzione scolastica aveva fatto all’insegnante dopo le segnalazioni dei colleghi e, per ultimo, dopo l’esposto di tre genitori degli alunni poiché la maestra aveva fatto realizzare un rosario ai bambini per poi fargli recitare il Padre Nostro e l’Ave Maria durante l’orario scolastico.

Assistita dal sindacato Uil scuola al quale è iscritta e dagli avvocati Elisabetta Mameli e Domenico Naso, Marisa Francescangeli impugnò la sospensione, chiedendone l’annullamento. Secondo i legali, infatti, il provvedimento andava annullato perché la contestazione era stata notificata alla docente senza il rispetto del termine di venti giorni, compromettendo il diritto di difesa e in violazione del Contratto collettivo di lavoro. Secondo i legali, infine, i comportamenti tenuti dalla docente avrebbero dovuto essere ricondotti nell’alveo della libertà di insegnamento. Per il giudice invece, che ha dichiarato infondati i motivi del ricorso, la sanzione disciplinare era «assolutamente conforme a quanto previsto dalla legge». Nella sentenza viene sottolineato che fosse stata la stessa maestra Francescangeli ad ammettere, durante l’udienza del 14 giugno scorso, quando venne interrogata in teleconferenza, quei comportamenti che portarono alla sua sospensione. Infatti, confermò di aver fatto realizzare ai bambini un piccolo rosario con dieci perline e, quindi, «su richiesta di un alunno, i bambini avevano recitato il Padre Nostro e l’Ave Maria».

Nella sentenza si legge anche che la docente ha sostenuto che capitasse che facesse recitare delle preghiere, «perché me lo chiedevano i bambini stessi», precisando che questo non avveniva abitualmente, ma occasionalmente, in particolare in occasione delle festività cattoliche. Marisa Francescangeli confermò al giudice anche l’episodio della benedizione dei bambini con «un olio profumato, a suo dire non benedetto, chiamato olio di Nardo – scrive la giudice – che la docente aveva tirato fuori dalla propria borsa e che alcuni bambini avevano anche usato per ungersi il corpo». In quell’occasione, si legge ancora nelle motivazioni, sempre sollecitata dagli alunni, la maestra aveva raccontato ai bambini «la storia biblica dell’olio portato a Gesù prima della crocefissione e che avrebbe dovuto essere utilizzato per cospargere il corpo di Cristo dopo la morte». Per il giudice, insomma, la sospensione era legittima. L’insegnante infatti «ha ripetutamente posto in essere pratiche di culto estranee all’esercizio della funzione docente e alle mansioni assegnatele, in violazione dei propri doveri». Attività di culto che, scorrendo la sentenza, il giudice ricorda: «non sono neppure coerenti con l’insegnamento della religione, pacificamente svolto da un’altra docente dell’istituto scolastico statale presso cui prestava servizio la ricorrente».

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